Ci sono famiglie in cui lo sport, in primis il calcio, è un marchio di fabbrica inserito nel DNA genetico, tramandato di padre in figlio.
Salvatore Mascoli appartiene ad una di queste, figlio, oltre a suo fratello Francesco, di Michele, uno dei rari testimonial del calcio ante e post bellico, decisivo nella mia ricostruzione fatta nel 2006 della storia del calcio coratino.
Il Football probabilmente, a Michele ha restituito quello che a soli 10 anni aveva tolto, quando nel 1939 giocando una delle tante partite di quartiere in piazza Plebiscito, in uno scontro di gioco riportò una frattura scomposta al ginocchio, che costò a lui la permanenza in ospedale Fallacara di Triggiano per 3 anni e per i suoi genitori la vendita di un terreno per le sue cure, che inizialmente prevedevano l’amputazione della gamba destra. Il ritorno alla vita normale gli valse la possibilità di ricominciare a giocare partite amichevoli nell’attuale campo sportivo contro le truppe tedesche, imbattibile nel gioco delle cinque pietre e a dama, fino al famoso 8 settembre 1943 giorno dell’Armistizio firmato dal generale Badoglio, in cui gli stessi tedeschi trasgredendo l’ordine di sparare ogni italiano, gli intimarono di tornare a casa dispiacendosi dei giovanissimi ignari ragazzi circa l’evoluzione bellica.
Michele seguì prima l’avvocato ed allenatore Di Bisceglie e diventato nel frattempo infermiere, dovette rinunciare agli esami del corso di allenatore, costretto ad assistere ad un intervento in sala operatoria. Ma continuò la sua passione di talent-scout nelle piazzette di Corato, ingaggiando mini calciatori e soprattutto diventando protagonista dei Tornei della Canicola, come quando fermò praticamente la squadra del Corato, con una squadra di ragazzini, dal nome Ospedale Civile.
Come ci racconta Salvatore “erano tornei con scontri epici, che avevano anche la funzione sociale di livellare le differenze, inserendo nella stessa squadra sia l’universitario che il bracciante agricolo, l’artigiano o l’insegnante come il professionista”.
Michele, con Salvatore che incomincia a crescere, è anche una colonna dell’A.C.A.I. del cavalier Giovanni Musto, squadra tra la 2^ e 3^ categoria, con un fiorente settore giovanile, che si trasforma poi in Club Fiorentina, un nome non casuale.
“Sono in pochi a ricordarsi” dice Salvatore, “che la Fiorentina vincendo lo scudetto 1955-56, fu la prima a contendere la Coppa Campioni al Real Madrid. E mio padre dopo essere stato tifoso del Torino, ne diventò il più agguerrito fan Viola a Corato”.
Salvatore, ormai adulto, ha una breve esperienza a Canosa a fianco di Mr. Lamia Caputo. E per questo nell’80’ è chiamato ad affiancare Mr. Tonino De Marinis nel Corato, sia come massaggiatore dalle mille alchimie, che come si chiamerebbe oggi da “Team Manager”.
I suoi ricordi vanno dritti allo spareggio contro il Mola ed all’anno della vittoria del campionato (di cui abbiamo ampiamente parlato), ma ringrazia anche 2 grandi Presidenti come Michele De Palo e Michele Rutigliano, affiancando Lamia Caputo, secondo qualche malalingua decidendo più di lui.
Ma io insisto a farmi raccontare 3 particolari aneddoti che lo hanno contraddistinto nella storia neroverde.
“Il 23 dicembre del 1984 ho avuto l’abilità ed anche la fortuna di mandare in campo 2 calciatori al posto di 1 giocando per alcuni secondi in 12.
Fummo assediati negli spogliatoi, fino alle 19, orario che sapevamo tutti sarebbero ritornati a casa per una usanza locale”.
Salvatore è anche colui che mise a disposizione la sua Alfa 90′ turbo, per raggiungere Roma in 2h30′ e tornare dopo tante peripezie a Bari entro le 24:per il trasferimento di Lorenzo Battaglia.
Ma è soprattutto l’artefice del pan per focaccia al Molfetta.
“All’andata” ci spiega Salvatore, “in pieno inverno, ci fecero entrare negli spogliatoi 20′ prima della gara, con gli stessi freddi e allagati, non permettendoci neanche il riscaldamento.
Perdemmo anche grazie ad una gestione del sig. Sbrilli, alquanto discutibile.
Fu così che al ritorno, cosparsi negli spogliatoi tanta ammoniaca, che impedi loro di cambiarsi, bensi nel pullman”.
Tempi che furono, di un calcio che Salvatore dice che “temprava gli uomini, mentre il calcio di ora è essenzialmente merce e denaro”.
Dal calcio ha anche imparato molto “dal sano corporativismo del tutti per uno, uno per tutti, a valori come l’altruismo, spirito di gruppo, lealtà”.
Oggi è buttato a capofitto in politica, consigliere di maggioranza.
Ma non dimentica la sua esperienza, anzi ne fa tesoro e cavallo di battaglia, perché “lo sport è antidoto contro ogni forma di devianza, anche di discriminazione razziale ed omofoba”.
Il “primmammore nun se scorda chiù”. E come potrebbe farlo chi come Salvatore, lo ha ereditato geneticamente da suo padre, appena in culletta?