Murgia da vivere Archivi - Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/tag/murgia-da-vivere/ Le notizie sotto un'altra luce Sun, 31 Jan 2021 08:03:37 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 https://ilquartopotere.it/wp-content/uploads/2018/12/cropped-icona_512-32x32.png Murgia da vivere Archivi - Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/tag/murgia-da-vivere/ 32 32 Euforbia sulla nostra Murgia: una pianta dalle proprietà magiche https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/euforbia-sulla-nostra-murgia-una-pianta-dalle-proprieta-magiche/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/euforbia-sulla-nostra-murgia-una-pianta-dalle-proprieta-magiche/#respond Sun, 31 Jan 2021 08:03:37 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=9995 Euforbia pugliese (Euphorbia nicaeensis sub. Japygica) Una pianta tipica, molto presente sull’altopiano delle Murge è l’Euforbia di Nizza. L’euforbia è una pianta appartenente alla famiglia delle Euphorbiacea e tra le tante, l’Euforbia di Nizza è distribuita in tutto il bacino del mediterraneo, in particolare da noi in Puglia e sulle Murge vi sono ben diciannove […]

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Euforbia pugliese (Euphorbia nicaeensis sub. Japygica)

Una pianta tipica, molto presente sull’altopiano delle Murge è l’Euforbia di Nizza.

L’euforbia è una pianta appartenente alla famiglia delle Euphorbiacea e tra le tante, l’Euforbia di Nizza è distribuita in tutto il bacino del mediterraneo, in particolare da noi in Puglia e sulle Murge vi sono ben diciannove sottospecie diverse di euforbia, tra queste è presente la sottospecie japygica, nome con il quale era indicata la regione della Magna Grecia oggi conosciuta come Puglia.

La pianta prende il nome da Euforbo, medico del Re Giuba II di Mauritania, che secondo Plinio fu il primo a scoprire le virtù medicinali di questa pianta. Nicaeensis invece deriva dal nome della città di Nicaea antica città ligure, colonia di Marsiglia, oggi conosciuta con il nome di Nizza.

La pianta cresce nei prati steppici primari, su substrati calcarei su suoli poco profondi, aridi d’estate, a volte anche nelle fessure delle rocce, quindi l’altopiano carsico delle Murge è un luogo ideale per la sua crescita.

Se si spezza il piccolo fusto della pianta, questo secerne una sostanza di aspetto lattiginoso e consistenza collosa che, al contatto con la pelle, può dare reazioni fotoallergiche ed irritanti. In tempi non molto lontani, il lattice era usato dai mendicanti per provocarsi delle profonde cicatrici in modo da impietosire i loro potenziali benefattori.

Con il lattice delle euforbie in passato alcune tribù si facevano dei tatuaggi scarnificanti, per uso rituale. Il lattice è particolarmente irritante per gli occhi, dove provoca dolori indicibili, che possono portare a cecità permanente. In passato, tale lattice era utilizzato anche come rimedio per calli e verruche. Applicato sull’escrescenza in quantità molto piccola, il lattice è in grado di rimuoverle in modo quasi miracoloso, e, diversamente da tutti gli altri agenti cheratolitici, senza lasciare alcuna cicatrice. Quest’uso del lattice delle euforbie è documentato nella medicina popolare di tutte le aree del mondo.

Le foglie dall’aspetto carnoso, sono collocate lungo la parte superiore dei rami e presentano un colore che va dal verde al rossiccio; sono lanceolate e di circa tre centimetri di lunghezza totale. I fiori sono di colore giallo-oro, a forma di ombrello e fioriscono da aprile a giugno.

Antiche leggende raccontano che la sostanza lattiginosa ottenuta dai rami, avesse proprietà magiche e che fosse adoperata dalla maga Circe per i suoi incantesimi. Molto probabilmente queste leggende derivano dalla circostanza che sul promontorio del Circeo, dove la leggenda sostiene vivesse la famosa maga, vi è sempre stata una grande quantità di euforbia.

Occorre aggiungere che in passato alcune popolazioni africane, utilizzavano la sostanza lattiginosa, prodotta dalla pianta per verificare la veridicità delle affermazioni di una persona. Se tale persona era ritenuta colpevole di un certo misfatto gli venivano stillate negli occhi alcune gocce del latte prodotto dalla pianta e se il povero malcapitato perdeva provvisoriamente la vista voleva dire che effettivamente aveva compiuto il crimine di cui era stato accusato e quindi definitivamente condannato.

Infine occorre dire che la pianta resiste molto bene agli incendi ed anzi sembra che Il fuoco ne favorisca la diffusione.

A ragione dello straordinario potere irritante del loro lattice, ogni uso casalingo delle euforbie è da evitare, e queste piante devono essere considerate come potenzialmente pericolose. Come sanno bene i cultori delle proprietà ornamentali delle euforbie, queste piante devono essere maneggiate con i guanti, evitando in modo assoluto il contatto con gli occhi. Non esiste in pratica alcun rimedio semplice per il trattamento delle irritazioni cutanee da euforbie, ed il contatto con gli occhi richiede l’immediato  ricovero in ospedale.

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Il “re della Murgia”, sua maestà il cardoncello: un vero e proprio alimento funzionale. https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/il-re-della-murgia-sua-maesta-il-cardoncello-un-vero-e-proprio-alimento-funzionale/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/il-re-della-murgia-sua-maesta-il-cardoncello-un-vero-e-proprio-alimento-funzionale/#respond Thu, 15 Oct 2020 22:28:46 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=8106 A cura di Ivana Pomodoro, biologa nutrizionista. É ormai noto che una sana alimentazione rappresenti una forma di prevenzione e più ne siamo consapevoli, più saremo in grado di utilizzare gli alimenti come dei validi strumenti per migliorare la nostra salute. Per questo è importante fare delle scelte consapevoli e mirate, seguendo due principali concetti […]

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A cura di Ivana Pomodoro, biologa nutrizionista.

É ormai noto che una sana alimentazione rappresenti una forma di prevenzione e più ne siamo consapevoli, più saremo in grado di utilizzare gli alimenti come dei validi strumenti per migliorare la nostra salute.

Per questo è importante fare delle scelte consapevoli e mirate, seguendo due principali concetti ovvero la territorialità e la stagionalità. Vivendo in un territorio dominato dall’Altopiano delle Murge, siamo fortunati perché tra una passeggiata e l’altra possiamo imbatterci in tanti doni che la terra ci offre.

L’altopiano delle Murge infatti è la culla del fungo cardoncello e in questi terreni dove il fungo trova il suo habitat ideale, proprio in questo periodo ci onora della sua presenza deliziando il nostro palato.

Da un punto di vista nutrizionale il fungo cardoncello risulta essere un ottimo alleato nei percorsi volti alla perdita di peso infatti, il fungo fresco contiene per la maggior parte acqua (dall’85% al 95%), il 4-5% di zuccheri, il 3,8-4% di proteine e lo 0,4-0,7% di grassi.

È ricchissimo di fibre solubili ed insolubili dalle potenziali proprietà prebiotiche cioè vanno a stimolare la crescita di batteri benefici per l’intestino e quindi migliorano le caratteristiche del microbiota intestinale.

Contiene lisina e triptofano, amminoacidi essenziali che non possiamo produrre ma che possiamo solo introdurre con l’alimentazione.

Tra i sali minerali presenti nei funghi troviamo calcio, ferro, manganese e selenio. I funghi contengono inoltre vitamine del gruppo B e folati e sono una fonte di sostanze antiossidanti utili per la prevenzione dell’invecchiamento e dei danni causati al nostro organismo dai radicali liberi.

Tutte queste caratteristiche rendono il “re della Murgia” un vero e proprio alimento funzionale.

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Il Gruccione, l’arcobaleno volante che ha colorato i cieli della nostra Murgia in estate https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/il-gruccione-larcobaleno-volante-che-ha-colorato-i-cieli-della-nostra-murgia-in-estate/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/il-gruccione-larcobaleno-volante-che-ha-colorato-i-cieli-della-nostra-murgia-in-estate/#respond Sat, 03 Oct 2020 08:13:16 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=7829 Giallo, nero, castano, azzurro, verde, sono solo alcune delle tante tonalità di colore che caratterizzano questo bellissimo volatile. È un vero e proprio arcobaleno volante e può essere considerato uno degli uccelli più variopinti dell’avifauna italiana. Insieme al rigogolo ed alla ghiandaia marina colora i cieli delle murge in estate. Il suo richiamo emesso in volo […]

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Giallo, nero, castano, azzurro, verde, sono solo alcune delle tante tonalità di colore che caratterizzano questo bellissimo volatile.

È un vero e proprio arcobaleno volante e può essere considerato uno degli uccelli più variopinti dell’avifauna italiana.

Insieme al rigogolo ed alla ghiandaia marina colora i cieli delle murge in estate.

Il suo richiamo emesso in volo è una nota acuta e squillante che si ode a distanza: “priich-priich-priich”, è assolutamente inconfondibile per la sagoma allungata con le lunghe timoniere centrali, il lungo becco ricurvo ed il volo ondulato a rapide battute con intervalli ad ali chiuse.

Durante la caccia compie bellissime evoluzioni in volo. Ha carattere estremamente gregario e si posa su alberi e fili telefonici in gruppi più o meno numerosi. L’ambiente del gruccione è vario e va dalla campagna alberata alle rive dei fiumi ai boschi con radure.

La riproduzione avviene in colonie, il nido costruito su pareti inclinate con terreno friabile, è costituito da un tunnel inclinato scavato da entrambi i sessi e lungo dai novanta cm. ai tre metri terminante con una camera circolare.

Le uova (di solito 4) sono deposte da metà maggio a tutto giugno e sono incubate da entrambi i sessi. Effettua una sola covata.

Sulla murgia è presente nel periodo estivo come nidificante (territorio di Minervino Murge, Spinazzola, Ruvo di Puglia e dove vi siano condizioni favorevoli alla nidificazione), ma lo si incontra soprattutto durante il periodo di passo (dai primi di aprile a tutto maggio e dalla fine di agosto ai primi di ottobre), in piccoli stormi di 15- 20 individui, il suo nome in dialetto ruvese è apaìul, infatti la sua presenza è sempre associata a quella delle api che, insieme a molti altri insetti (imenotteri, coleotteri, ditteri, lepidotteri), catturati in volo, costituiscono la sua principale fonte di alimentazione.

Da ultimo vi è da sottolineare come nell’ultimo decennio (2010-2020), il gruccione abbia spostato notevolmente verso nord i suoi abituali siti di nidificazione giungendo a nidificare a latitudini dove un tempo era assolutamente sconosciuto.

Ciò da un lato dimostra la straordinaria capacità di adattamento di alcune specie di uccelli alle mutate condizioni climatiche globali del pianeta e dall’altro il progressivo e sempre più preoccupante surriscaldamento della Terra.

Da ultimo, a proposito del Gruccione, vi voglio raccontare un episodio accadutomi alcuni anni fa sulla Murgia di Lago Cupo:

Ero intento a fotografare un piccolo stormo di gruccioni che durante la migrazione sostavano su dei mandorli e perastri semisecchi involandosi di tanto in tanto per catturare degli insetti. Ero uscito dall’auto e mi ero appostato sedendomi alla base di un grosso tronco di mandorlo ed appoggiando le spalle al tronco stesso. Dopo un po’ uno dei due gruccioni che erano posati su dei cespugli di fronte a me a circa trenta metri, si involò rapidissimo nella mia direzione quasi venendomi addosso e catturando una vespa che svolazzava sulla mia testa. La scena si ripete più volte, sino a quando udendo un preoccupante ronzio mi rialzai e mi resi conto che nel tronco cavo su cui ero appoggiato si trovava un grosso nido di vespe che si stavano sempre più innervosendo per le continue incursioni dei gruccioni. Questo a dimostrazione che i gruccioni non erano lì per caso ma erano stati attratti dalle vespe e nonostante la mia presenza continuavano a predarle tranquillamente”.

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Il tulipano-Una pianta da proteggere presente anche sulla nostra Murgia https://ilquartopotere.it/rubrica/il-tulipano-una-pianta-da-proteggere-presente-anche-sulla-nostra-murgia/ https://ilquartopotere.it/rubrica/il-tulipano-una-pianta-da-proteggere-presente-anche-sulla-nostra-murgia/#respond Sun, 17 May 2020 10:24:32 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=5626 Il suo colore giallo intenso lo rende inconfondibile, simile allo Zafferanastro giallo (Sterbergia lutea), che però fiorisce in autunno, il tulipano dei campi (Tulipa sylvestris) non è comunissimo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, lo si trova prevalentemente nei vasti coltivi, soprattutto dove il terreno è più umido. Un luogo dove lo si può trovare sicuramente […]

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Il suo colore giallo intenso lo rende inconfondibile, simile allo Zafferanastro giallo (Sterbergia lutea), che però fiorisce in autunno, il tulipano dei campi (Tulipa sylvestris) non è comunissimo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, lo si trova prevalentemente nei vasti coltivi, soprattutto dove il terreno è più umido.

Un luogo dove lo si può trovare sicuramente da fine marzo ai primi di maggio è la vasta dolina di San Magno nel territorio di Corato, tra le pianticelle di grano, non distante da Masseria Cimadomo.

Il tulipano dei campi è una specie presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Liguria, Val d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.

Cresce nei campi, dal livello del mare sino ai settecento metri; un tempo era molto più diffuso soprattutto nei coltivi periodicamente dissodati, mentre oggi è in forte rarefazione, a causa delle pratiche agricole selettive e dell’uso di erbicidi.

Non è commestibile in nessuna sua parte, bulbi, foglie e fiori provocano diarrea e vomito se ingeriti.

Il nome generico deriva dal persiano ‘toliban’, che significa ‘turbante’ alludendo alla forma della corolla, osservandolo anche da lontano ha la tipica forma di un piccolo tulipano, simile a quelli coltivati.

Si tratta di una pianta protetta e non va raccolta, anche perché i fiori a differenza dei tulipani coltivati durerebbero poche ore se recisi dal gambo.

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Alcanna o arganetta azzurra (Alkanna tinctoria) https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/alcanna-o-arganetta-azzurra-alkanna-tinctoria/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/alcanna-o-arganetta-azzurra-alkanna-tinctoria/#respond Sat, 08 Feb 2020 07:16:36 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=4109 E’ una delle piante più comuni presenti nel Parco nazionale dell’Alta Murgia durante la stagione primaverile. Si tratta di una pianta spontanea erbacea e perenne che fa parte della famiglia delle boraginaceae. E’ un arbusto sempreverde che cresce al suolo le sue foglie ed i fusti sono ricoperti da una peluria lanuginosa. Le foglie inferiori sono di forma lanceolata, mentre quelle superiori sono […]

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E’ una delle piante più comuni presenti nel Parco nazionale dell’Alta Murgia durante la stagione primaverile.

Si tratta di una pianta spontanea erbacea e perenne che fa parte della famiglia delle boraginaceae.

E’ un arbusto sempreverde che cresce al suolo le sue foglie ed i fusti sono ricoperti da una peluria lanuginosa. Le foglie inferiori sono di forma lanceolata, mentre quelle superiori sono più corte e lineari. I fiori sono riuniti in infiorescenze molto dense.

L’alcanna, come viene comunemente chiamata, è una pianta diffusa in tutto il bacino mediterraneo nei terreni sabbiosi o rocciosi drenanti.

In Murgia, durante il periodo della fioritura, ciò che attrae l’escursionista sono i suoi piccoli e bellissimi fiori di color azzurro intenso. Durante le mie escursioni, quando dico ai visitatori del Parco che è una pianta tintoria e che la stessa veniva usata un tempo per tingere la lana, tutti alla mia domanda “ma secondo Voi quale colore si ricava” danno la stessa risposta “il blu”.

In realtà per tingere lana ed altre stoffe veniva utilizzato un estratto ricavato dalla radice della pianta ed il colore che se ne ricavava era il rosso mogano.

L’Alkanna tinctoria, questo è il nome scientifico della pianta, deriva il suo nome dall’ arabo Alkenneh che significa radice e dal latino tintorius che significa usato per colorare.

Le proprietà tintorie di questa pianta erano conosciute sin dall’antichità e sono dovute alla presenza nel fusto e nella radice di un alcaloide, l’alcannina, utilizzato ancora oggi nell’industria farmaceutica e cosmetica.

L’estratto di Alcanna è particolarmente ricco di polifenoli e viene impiegato in cosmesi per creare prodotti utilizzati per la cura della pelle e del viso o per creare maschere nutrienti, l’estratto della radice di alcanna oggi viene principalmente utilizzato per colorare saponi e pomate.

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Prugnolo selvatico (Prunus spinosa) https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/prugnolo-selvatico-prunus-spinosa/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/prugnolo-selvatico-prunus-spinosa/#respond Sun, 08 Dec 2019 08:09:08 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=3140 E’ certamente uno degli arbusti più diffusi nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Stiamo parlando del Prugnolo. Vi sarà accaduto durante i mesi autunnali di ottobre e novembre mentre guidavate sulle strade del Parco di imbattervi nei pressi dei muretti a secco, a margine delle sterrate, in grossi cespugli sormontati da piccole bacche di color viola […]

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E’ certamente uno degli arbusti più diffusi nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Stiamo parlando del Prugnolo.

Vi sarà accaduto durante i mesi autunnali di ottobre e novembre mentre guidavate sulle strade del Parco di imbattervi nei pressi dei muretti a secco, a margine delle sterrate, in grossi cespugli sormontati da piccole bacche di color viola scuro, si trattava proprio delle bacche di prugnolo.

Il prugnolo è conosciuto con vari nomi, in dialetto ruvese ad esempio è chiamato “p’rniella salvagg” ossia prugna selvatica. Altri nomi sono susina di macchia o susina selvatica.

La pianta ha forma di cespuglio e può raggiungere dimensioni ragguardevoli anche superare i tre metri di altezza, cresce molto lentamente e può tranquillamente raggiungere i cinquanta anni di vita. La pianta è molto legata al territorio dell’Alta Murgia, ed in particolare agli Jazzi.

Infatti essendo estremamente spinosa era una delle piante preferite dai pastori per ricoprire le pietre paralupo che sporgevano sulla parte alta dei muri perimetrali degli stessi Jazzi. Insieme ai rovi ed ai rami di biancospino creava una barriera assolutamente impenetrabile, innalzando le mura dello stesso Jazzo.

Oggi le pietre paralupo appaiono spoglie ma un tempo erano costantemente ricoperte da rami spinosi.

La presenza di un gran numero di spine sui rami della pianta ha fatto sì che dal lontano passato il prugnolo fosse utilizzato come deterrente a margine delle perimetrazioni costruite con pietre a secco.

La proprietà veniva così difesa oltre che con il muretto a secco, che tuttavia poteva essere facilmente scavalcato, anche con una robusta e tenace siepe costituita principalmente da biancospino e prugnolo.

La corteccia della pianta di color grigio scuro, un tempo era utilizzata da noi in murgia per tingere di rosso la lana.

Mentre il legno, ricavato dalle piante di maggior dimensione, si utilizzava per costruire attrezzi agricoli come ad esempio i manici di piccole falci per tagliare il grano.

Le bacche del prugnolo in autunno sono molte appetite da tordi, merli, tordele e soprattutto cesene che ne sono ghiotte.

Il prugnolo inizia la sua fioritura dal mese di marzo e durante tutta la primavera i fiori di prugnolo, bianchissimi ed estremamente profumati, attraggono moltissimi insetti, tra cui le api che prediligono il loro nettare.

In Murgia il prugnolo lo si ritrova un po’ dappertutto ma in special modo a margine degli Jazzi, o dei tratturi dove forse un tempo veniva piantato per preservare le greggi transumanti dagli attacchi dei lupi.

Il prugnolo ha numerose proprietà fitoterapiche ed in passato era molto utilizzato nella medicina galenica.

Dalle bacche ad esempio si ricavava un medicamento che posto su di una ferita da taglio ne velocizzava la guarigione oltre a disinfettarla.

I fiori essiccati della pianta venivano utilizzati soprattutto per preparare tisane, mentre i frutti, ricchi di vitamina C, avevano vari utilizzi, uno dei più comuni era ed è ancora oggi la preparazione di marmellate lassative.

A tal proposito vi narro l’episodio accaduto al mio amico Filippo di Molfetta che durante una escursione raccolse alcune bacche di prugnolo mature da utilizzare per preparare una marmellata.

Gli spiegai degli effetti lassativi della pianta e quindi la necessità di utilizzare la marmellata ottenute dalle bacche con grande moderazione ma lui probabilmente dimenticò questa mia raccomandazione ed utilizzò la marmellata a colazione come fosse marmellata di albicocche o amarene. Come conseguenza trascorse una intera giornata in bagno.

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“Ma io le lepri sulla Murgia le vedo ancora”! Ma si tratta della nostra lepre italica? https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/ma-io-le-lepri-sulla-murgia-le-vedo-ancora-ma-si-tratta-della-nostra-lepre-italica/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/ma-io-le-lepri-sulla-murgia-le-vedo-ancora-ma-si-tratta-della-nostra-lepre-italica/#respond Mon, 02 Dec 2019 09:15:18 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=3030 É stata da sempre una delle prede più ambite dai cacciatori, in dialetto ruvese è “U lièbbr” o “U riecchie lung”. Stiamo parlando della lepre comunissima nelle nostre campagne e sull’alta Murgia sino ai primi anni settanta. Poi l’ uso incontrollato di fitofarmaci in agricoltura,  la crescente e devastante pratica degli “spietramenti” in alta Murgia […]

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É stata da sempre una delle prede più ambite dai cacciatori, in dialetto ruvese è “U lièbbr” o “U riecchie lung”. Stiamo parlando della lepre comunissima nelle nostre campagne e sull’alta Murgia sino ai primi anni settanta. Poi l’ uso incontrollato di fitofarmaci in agricoltura,  la crescente e devastante pratica degli “spietramenti” in alta Murgia e soprattutto le insensate introduzioni di specie alloctone provenienti dall’Est Europa hanno portato alla totale scomparsa dalle Murge e dal nostro territorio della lepre italica o lepre appenninica (Lepus corsicanus).

Ora voi mi direte: “ ma io le lepri sulla murgia le vedo ancora”!

Sì certo, le lepri ci sono ma non sono la “NOSTRA” lepre italica.

In pratica è accaduto, dai primi anni settanta, che per incentivare la caccia, gli Uffici Caccia delle varie regioni, hanno pensato bene (male) di importare in Italia e liberare ad uso venatorio qualche settimana prima dell’apertura della stagione della caccia centinaia e centinai di esemplari di Lepre europea (Lepus europaeus), più grande, come stazza delle nostre lepri autoctone e pertanto “più appetibili” per i cacciatori.

Il problema fu che alcuni degli esemplari importati dall’Est Europa negli anni settanta furono affetti da mixomatosi, una malattia virale altamente contagiosa, che colpisce lepri e conigli sia selvatici che domestici; si trasmette direttamente dall’animale infetto a quello sano oppure indirettamente tramite zecche, pulci, acari ecc.

La malattia si diffuse rapidissimamente ed in quegli anni era comune trovare lepri morte in campagna, La popolazione autoctona di lepre italica fu praticamente sterminata, mentre molti esemplari, più grandi  e più resistenti di lepre europea sopravvissero. Oggi in tutta la penisola della lepre italica rimangono sparute popolazioni nel Lazio, in Calabria ed in Sicilia, mentre risulta del tutto scomparsa in Puglia, come nel resto della penisola.

Al contrario la Lepre europea si è diffusa in tutta la penisola ed anzi ha rafforzato la sua presenza in alcune regioni soprattutto dell’Italia meridionale dove un tempo non era presente. Ma il problema maggiore del rapporto tra le due specie è dato dal fatto che sono stati dimostrati casi di ibridazione, pertanto c’è il fondato timore che in tempi relativamente brevi la lepre italica si estinguerà del tutto in Italia.

Occorre dire che le differenze tra le due specie sono abbastanza evidenti all’occhio esperto. La lepre italica è piuttosto piccola, infatti non supera i cinquanta centimetri di lunghezza per un peso che al massimo raggiunge i tre chili, mentre la lepre europea, chiamata anche lepre comune o lepre grigia, può superare i settanta centimetri di lunghezza per un peso che può raggiungere i cinque chilogrammi. Ma le due specie differiscono soprattutto per la colorazione del mantello, infatti la lepre italica ha una grande area ventrale bianca che si estende ai fianchi, inoltre la parte superiore del groppone è bruno rossiccia mentre nella lepre europea la parte bianca è solo della parte centrale del ventre ed inoltre la parte superiore del mantello è bruno grigiastra, infatti è chiamata anche lepre grigia.

Le lepri sono totalmente vegetariane, mangiano varie tipologie di erbe spontanee e se trovano un piccolo orto in Murgia fanno festa, mangiano anche frutta caduta dagli alberi.  Le loro deiezioni sono simili ai noccioli delle olive ascolane, ritrovare le loro feci è segno certo della loro presenza, un altro indicatore sono le tipiche orme lasciate sulla neve.

Entrambe le specie sono estremamente elusive ed hanno abitudini prevalentemente notturne. Tuttavia può accadere di vederne qualcuno al tramonto in particolare durante il periodo degli amori.

A tal proposito voglio narrarvi un’esperienza davvero singolare fatta tantissimi anni fa.

Avrò avuto nove o dieci anni al massimo, erano i primissimi anni settanta e dopo la conclusione della scuola spesso il pomeriggio andavo con mio padre in campagna, andavamo a raccogliere la frutta o le erbe spontanee sulla Murgia, sono stati gli anni più belli della mia vita e dei quali serbo bellissimi ricordi. Tra questi ve ne è uno davvero indelebile, che riguarda proprio  le lepri.

Eravamo andati presto quel pomeriggio in campagna per raccogliere i fioroni da un piccolo podere di nostra proprietà, al ritorno ero satollo, infatti come sempre erano più i fioroni che avevo mangiato che quelli raccolti, ne ero ghiottissimo. Mentre tornavamo a Ruvo su di una strada sterrata (all’epoca lo erano la maggior parte delle strade comunali), con la vecchia FIAT 1100 di colore grigio, mio padre frenò bruscamente, una lepre ci aveva appena tagliato la strada, ma la cosa singolare è che era inseguita da un’altra lepre, si trattava di due grossi maschi di lepre italica che forse si contendevano una femmina o il territorio, fatto sta che l’inseguimento durò un paio di minuti ed in questo loro rincorrersi le due lepri ci ignorarono del tutto passandoci più volte vicinissime all’auto, ogni tanto si fermavano e se le davano di santa ragione, al punto che ciuffi di pelo svolazzavano in aria.

Fu un’esperienza davvero bellissima e singolare.

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“Un viaggio tra i colori” l’evento organizzato dall’Associazione PIMM presso Tenuta De Benedittis https://ilquartopotere.it/eventi/un-viaggio-tra-i-colori-levento-organizzato-dallassociazione-pimm-presso-tenuta-de-benedittis/ https://ilquartopotere.it/eventi/un-viaggio-tra-i-colori-levento-organizzato-dallassociazione-pimm-presso-tenuta-de-benedittis/#respond Mon, 25 Nov 2019 21:16:51 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=2955 “Un viaggio tra i colori” è l’evento inaugurato domenica 24 novembre presso la Tenuta De Benedittis nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Promotrice dell’evento l’Associazione PIMM che nasce nel  2017 e che dopo essere stata a dimora nei cuori dei fondatori entra nel vivo della sua attività di promozione sociale partendo proprio da questo. […]

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Un viaggio tra i colori” è l’evento inaugurato domenica 24 novembre presso la Tenuta De Benedittis nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Promotrice dell’evento l’Associazione PIMM che nasce nel  2017 e che dopo essere stata a dimora nei cuori dei fondatori entra nel vivo della sua attività di promozione sociale partendo proprio da questo.

Sempre con coraggio cerchiamo di continuare ad essere “Trafficanti di Sogni” una citazione di Don Gallo a cui la dott.ssa Marilena Martinelli, cofondatrice dell’associazione PIMM nonché padrona di casa della tenuta De Benedittis., si rifà durante la presentazione accogliendo gli ospiti di un ricco parterre.

Al presidente dell’associazione dott. Zaccaria Facchini il compito di illustrare gli obbiettivi della loro iniziativa che converge in tre punti fondamentali: accogliere e far conoscere la Puglia attraverso la valorizzazione dei percorsi turistici meno noti, la destagionalizzazione degli eventi aldilà del periodo estivo e la scoperta dei talenti nascosti della nostra amata Puglia che non hanno possibilità di essere conosciuti nei grandi circuiti.

Il  ricco programma della manifestazione ha colorato una giornata piovosa attraverso il viaggio di un percorso esperienziale con la proiezione  del cortometraggio “La Sete” firmato da Patrizia Labianca e Lorenzo Zitoli  , con la partecipazione di Antonella Ruggiero, un momento di teatro col monologo H₂O “Elettra. La madre Guerra” di e con Patrizia Labianca, la vetrina vivente dei meravigliosi abiti dello stilista di moda Giuseppe Virgilio e la musica delle violiniste Daniela e Rosanna Dell’olio che ha accompagnato l’aperitivo organizzato da Giuvida Luxury Events di Davide Tedone. A deliziare il palato dei  presenti ospiti  il pranzo sociale curato sempre da  Giuvida Luxury Events  con la straordinaria partecipazione del cuoco, come ama definirsi, Pietro Zito, il cuoco contadino del rinomato ristorante “Antichi Sapori” di Montegrosso, nel  territorio andriese.

Presenti all’evento anche il dott. Luigi Tedone, presidente della Confagricoltura Corato e docente universitario della facoltà di agraria presso l’Università di Bari, e l’Avv. Dott. Michelangelo De Benedittis, neo presidente del GAL Castel del Monte a cui sono andati i saluti della dott.ssa Martinelli.

Un tripudio di arte, cultura, colori e sapori in una cornice straordinaria che continuerà con ricchi appuntamenti anche nei pomeriggi di martedì 26, giovedì 28, venerdì 29 novembre  e domenica 1˚ dicembre che chiuderà la kermesse.

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ROSA DI MACCHIA (Rosa canina) https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/rosa-di-macchia-rosa-canina/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/rosa-di-macchia-rosa-canina/#respond Sun, 29 Sep 2019 06:34:54 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=2073 Vi sarà certamente accaduto, mentre passeggiavate in autunno tra i sentieri del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, di notare, a margine dei muretti a secco, in autunno, delle grosse bacche di color rosso scarlatto, si trattava certamente di bacche di Rosa canina da non confondere con quelle di biancospino, ugualmente rosse ma più piccole e perfettamente […]

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Vi sarà certamente accaduto, mentre passeggiavate in autunno tra i sentieri del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, di notare, a margine dei muretti a secco, in autunno, delle grosse bacche di color rosso scarlatto, si trattava certamente di bacche di Rosa canina da non confondere con quelle di biancospino, ugualmente rosse ma più piccole e perfettamente tonde.

La Rosa canina insieme al biancospino, al rovo ed al prugnolo è una delle piante cespugliose più diffuse nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Sono tutte piante spinose che un tempo venivano poste sulle lastre poste ortogonalmente sulle recinzioni sommitali degli Jazzi (chiamate comunemente pietre paralupo).

La loro funzione era quella di fungere da “filo spinato naturale” che da un lato innalzava la recinzione e dall’altro la rendeva particolarmente ardua da superare sia per i lupi che per eventuali ladri di pecore.

La Rosa di macchia è una rosacea ad ampia diffusione europea ed asiatica. Si tratta di un arbusto alto sino a tre metri tipico delle siepi e delle macchie munito di robusti rami forniti di aculei adunchi più larghi alla base.

Le foglie sono formate da cinque o sette foglioline più piccole ovali a margini dentati. I fiori hanno petali di colore rosa pallido o biancastri. I frutti sono globosi e formati dall’ingrossamento del ricettacolo, hanno colore rosso acceso ed un sapore acidulo abbastanza gradevole.

Il nome scientifico della pianta lo si deve ad uno scritto di Plinio il Vecchio, nel quale l’autore asseriva che un soldato romano era stato guarito dopo essere stato morso da un cane ed aver contratto la rabbia con un decotto realizzato con le radici di questa pianta.

La Rosa canina è una pianta officinale conosciuta nel lontano passato infatti le sue bacche hanno un altissimo contenuto di vitamina C. Durante la seconda guerra mondiale in Inghilterra, era usata per la preparazione di sciroppi pediatrici impiegati come integratori di vitamina C. La pianta è molto utilizzata in erboristeria, nell’industria farmaceutica, alimentare e cosmetica.

Dalle bacche secche si preparano infusi e decotti, ottimi come vaso protettori ed antiinfiammatori.

Dai petali dei fiori invece si ricava un decotto utilizzato in cosmetica in caso di arrossamenti della pelle del viso.

Dai semi si possono ricavare degli antiparassitari, mentre dalle bacche fresche, una volta mature, si preparano delle confetture. Con i frutti è possibile preparare anche un liquore chiamato gratacül, dal nome dialettale che viene dato nelle Regioni del nord Italia alle bacche della pianta.

Da noi in Puglia si prepara soprattutto la marmellata dalle bacche fresche, anche se ottenerla richiede un procedimento piuttosto lungo. Per prepararla occorrono 500 grammi di bacche fresche e 250 grammi di zucchero di canna integrale.

Scegliete sempre delle bacche mature, in questo modo l’eliminazione dei semi e della peluria interna, sarà più semplice.

Lavate le bacche eliminando i piccioli. Poi con un coltello ben affilato dividete ogni bacca a metà ed estraete i semi e la peluria perché hanno un effetto irritante, quindi sciacquate nuovamente le bacche mettendole in un colino sotto l’acqua corrente.

A questo punto pesate per sicurezza le bacche in modo da aggiungere la giusta proporzione di zucchero che deve essere pari alla metà del peso finale delle bacche pulite ed asciutte.

Mettete le bacche in una pentola di alluminio e copritele d’acqua, fatele cuocere fino a quando non si saranno ammorbidite, ci vorrà almeno un’ora.

Se necessario aggiungete altra acqua man mano che procede la cottura. Una volta cotta spegnete e fate raffreddare, quindi frullate il tutto e passate la purea in un colino a maglie strette per eliminare la scorza delle bacche o altri semi, quindi rimettete la purea ottenuta nella pentola, coprite con lo zucchero e fate addensare.

Una volta addensata potrete riempire i vasetti con la marmellata bollente. I vasetti dovranno essere ben puliti e sterilizzati, quindi sigillate ermeticamente, e capovolgeteli fino al completo raffreddamento.

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HYPERICUM PERFORATUM – Iperico – Erba di San Giovanni –  Scacciadiavoli https://ilquartopotere.it/news/ambiente/hypericum-perforatum-iperico-erba-di-san-giovanni-scacciadiavoli/ https://ilquartopotere.it/news/ambiente/hypericum-perforatum-iperico-erba-di-san-giovanni-scacciadiavoli/#respond Mon, 19 Aug 2019 07:00:54 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=1764 Il suo nome scientifico è Hypericum peforatum ma da noi, a Ruvo di Puglia, è conosciuta con il nome dialettale di “Ierv d’ San Giuann” ovvero erba di San Giovanni. L’iperico, questo è il suo nome volgare, è una notissima pianta officinale appartenente alla famiglia delle Ipericacee. Il suo uso terapeutico è noto da millenni. […]

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Il suo nome scientifico è Hypericum peforatum ma da noi, a Ruvo di Puglia, è conosciuta con il nome dialettale di “Ierv d’ San Giuann” ovvero erba di San Giovanni.

L’iperico, questo è il suo nome volgare, è una notissima pianta officinale appartenente alla famiglia delle Ipericacee.

Il suo uso terapeutico è noto da millenni. E’ una pianta erbacea perenne alta circa 70 cm e diffusa in tutta Europa, Asia ed Africa settentrionale.

In Italia è comune nei luoghi aridi e soleggiati, come i bordi delle strade di campagna, campi incolti e pascoli.

Sulle Murge ha un’ampia diffusione, in particolare sulle aree sommitali del costone murgiano.

I suoi fiori hanno una tonalità gialla intensa e sono circondati da vescicole scure e foglie allungate con piccole bollicine che le fanno apparire bucherellate.

Da questo aspetto deriva l’appellativo perforatum. Fiorisce dai primi di maggio a fine giugno anche se per i suoi usi terapeutici va raccolta prima del 24 giugno giorno di San Giovanni.

La droga è data dalle sommità fiorite che contengono un olio essenziale ricco di terpeni, composti flavonici ipericina e rutina.

L’iperico è stata da sempre considerata una “pianta magica” e dai molti usi rituali tanto è vero che è anche nota come “cacciadiavoli”.

Se ne conosceva l’uso sin dall’antichità classica tanto da essere citata da Dioscoride, Galeno e Plinio.

In passato era comune veder appeso un mazzetto di iperico sopra le immagini sacre perché vi era la convinzione che allontanasse gli spiriti maligni dalla case.

A questa usanza si deve non solo l’appellativo di scaccia diavoli già ricordato ma anche la stessa etimologia del nome latino: hypericum, infatti, deriva a sua volta dal greco hyper, che significa “sopra”, ed eikon, che vuol dire “immagine”.

L’iperico veniva e  viene utilizzato per uso esterno in olio o pomate come disinfettante, antivirale (ottimo nell’herpes), antibatterico, antimicotico e cicatrizzante e riepitelizzante di ferite, ustioni e piaghe da decubito.

Da noi in Puglia viene utilizzato soprattutto per la preparazione dell’”olio rosso” Le piante di  iperico vengono raccolte nella prima settimana di giugno e messe ad essiccare anche se non completamente.

Poi dal fusto vengono tolti i fiori e le foglie apicali che vengono pressate in un vaso di vetro trasparente che verrà poi riempito di olio di oliva sino a coprire del tutto le foglie.

Quindi il vaso chiuso e messo al sole per circa due mesi sino a quando l’olio non diventa di un rosso cupo.

A questo punto il tutto viene  filtrato e l’olio di iperico è pronto.

Un utilizzo abbastanza recente dell’iperico è quello per via interna in compresse, capsule o tisane come antidepressivo e ansiolitico.

In passato era utilizzato per regolare il sonno e l’umore in occasione di disturbi legati alla menopausa.

Tuttavia è bene saper che l’iperico ha un’azione fotosensibilizzante della cute particolarmente in soggetti con pelle capelli e occhi chiari.

Può quindi dare reazioni come arrossamento e prurito sulle parti esposte ai raggi UV. Per questo, a scopo precauzionale, dopo l’eventuale assunzione, è sempre consigliabile evitare di esporsi al sole.

Anche l’applicazione dell’olio sulla pelle può determinare la comparsa, per reazione ai raggi solari, di antiestetiche macchie che possono poi impiegare molto tempo per scomparire; per questa ragione va sempre evitato l’uso topico del prodotto prima della tintarella.

Ringrazio Francesco, titolare del  ristorante Mezza Pagnotta, a Ruvo di Puglia, per avermi dato la possibilità di scattare alcune foto, nel suo ristorante.

 

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