Giuseppe carlucci Archivi - Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/tag/giuseppe-carlucci/ Le notizie sotto un'altra luce Mon, 22 Aug 2022 06:05:55 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 https://ilquartopotere.it/wp-content/uploads/2018/12/cropped-icona_512-32x32.png Giuseppe carlucci Archivi - Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/tag/giuseppe-carlucci/ 32 32 “La Murgia incontra il Mare”: a lezione di fotografia naturalistica e paesaggistica con Giuseppe Carlucci https://ilquartopotere.it/appuntamenti/la-murgia-incontra-il-mare-a-lezione-di-fotografia-naturalistica-e-paesaggistica-con-giuseppe-carlucci/ https://ilquartopotere.it/appuntamenti/la-murgia-incontra-il-mare-a-lezione-di-fotografia-naturalistica-e-paesaggistica-con-giuseppe-carlucci/#respond Mon, 22 Aug 2022 06:05:55 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=20020 Il prossimo 29 agosto alle ore 17, presso il liceo artistico Federico II – Stupor Mundi, si terrà la presentazione del corso di fotografia naturalistica e paesaggistica nell’ambito dell’iniziativa “La Murgia incontra il mare”, organizzata dal Centro Sub Corato con il patrocino del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e del Comune di Corato. Giuseppe Carlucci, fotografo […]

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Il prossimo 29 agosto alle ore 17, presso il liceo artistico Federico II – Stupor Mundi, si terrà la presentazione del corso di fotografia naturalistica e paesaggistica nell’ambito dell’iniziativa “La Murgia incontra il mare”, organizzata dal Centro Sub Corato con il patrocino del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e del Comune di Corato.
Giuseppe Carlucci, fotografo naturalista e guida del Parco dell’Alta Murgia, sarà il docente del corso che prevede 10 lezioni e 2 uscite per attività sul campo da realizzarsi necessariamente con un minimo di 8 allievi.

Durata del corso: 29 agosto – 2 ottobre/2022

ATTIVITÀ

– 17 settembre (presso l’auditorium del liceo artistico Federico II Stupor Mundi di Corato)
Incontro tematico: “Le vie dell’acqua dalla Murgia al mare”
A cura di Giuseppe Carlucci con la partecipazione di esperti : Sigea Puglia APS, ABAP APS, Agromnia, Amici dei Musei.

Escursionismo naturalistico: Dalla Murgia al mare”
A cura di Giuseppe Carlucci con team di guide: (geologo, naturalista, archeologo, agronomo)
In collaborazione con Sigea Puglia Aps Agromnia, Centro Sub Corato Aps Ets, Amici dei Musei Aps Corato.
– 25 settembre: Lama Reale –  3ª Cala di Molfetta (con possibilità di immersione)
– 2 ottobre: Foresta Mercadante – Torrenti Piconi è Lamasinata – Canalone di San Girolamo.

Qui possibile scaricare la scheda di adesione 

Per informazioni contattare centrosubcorato@libero.it o Giuseppe Carlucci (340 548 8636)

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“Una notte con il diavolo”: trekking sulle Murge alla scoperta dello Jazzo del Demonio https://ilquartopotere.it/appuntamenti/una-notte-con-il-diavolo-trekking-sulle-murge-alla-scoperta-dello-jazzo-del-demonio/ https://ilquartopotere.it/appuntamenti/una-notte-con-il-diavolo-trekking-sulle-murge-alla-scoperta-dello-jazzo-del-demonio/#respond Tue, 09 Aug 2022 03:20:00 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=19784 “Una notte con il diavolo” è un evento imperdibile organizzato e guidato dall’esperto  Giuseppe Carlucci (guida ambientale escursionistica facente parte dell’A.I.G.A.E. Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche). L’appuntamento è per domenica il 21 agosto dall’1:00 alle 7:00, si tratta di un trekking notturno che avrà come luogo di partenza la Tenuta Tedone Consolini e come meta […]

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“Una notte con il diavolo” è un evento imperdibile organizzato e guidato dall’esperto  Giuseppe Carlucci (guida ambientale escursionistica facente parte dell’A.I.G.A.E. Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche).

L’appuntamento è per domenica il 21 agosto dall’1:00 alle 7:00, si tratta di un trekking notturno che avrà come luogo di partenza la Tenuta Tedone Consolini e come meta lo Jazzo del Demonio e la omonima grotta.

Il trekking non presenta particolari difficoltà. Nel corso dello stesso sarà raccontata la vera leggenda che dà il nome allo jazzo così come riportata nel libro “Frammenti di Murgia”.

Per info e prenotazioni 3405488636

Il costo della escursione è di 10,00 euro a persona e non comprende la colazione. Il luogo dove effettuare la colazione ed il costo sarà determinato in base al numero dei partecipanti.

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Lo Zafferanastro giallo sulla nostra Murgia: una pianta solo da ammirare https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/lo-zafferanastro-giallo-sulla-nostra-murgia-una-pianta-solo-da-ammirare/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/lo-zafferanastro-giallo-sulla-nostra-murgia-una-pianta-solo-da-ammirare/#respond Sun, 26 Jul 2020 10:56:50 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=6747 Lo zafferanastro giallo è una delle piante che fioriscono sulle aride colline del Parco Nazionale dell’Alta Murgia in autunno. A guardarlo il fiore sembra un piccolo tulipano giallo, simile al tulipano dei campi (Tulipa sylvestris), che però fiorisce in primavera, da molti è chiamato impropriamente croco giallo, ma non si tratta di un croco, infatti […]

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Lo zafferanastro giallo è una delle piante che fioriscono sulle aride colline del Parco Nazionale dell’Alta Murgia in autunno. A guardarlo il fiore sembra un piccolo tulipano giallo, simile al tulipano dei campi (Tulipa sylvestris), che però fiorisce in primavera, da molti è chiamato impropriamente croco giallo, ma non si tratta di un croco, infatti contando gli stami si nota subito che la Sternbergia ne ha sei mentre i crochi ne hanno tre. La pianta non è commestibile ed i bulbi, che assomigliano molto a quelli dei narcisi, sono molto velenosi.

La pianta prende il nome da Caspar (Kaspar) Maria von Sternberg (1761-1838), botanico boemo ritenuto il fondatore della paleobotanica moderna, e lutea proprio perché gialla.

Lo zafferanastro giallo è una pianta perenne, bulbosa, che può raggiungere i 20-22 cm di altezza, è tipica del bacino del Mediterraneo ma anche dell’Asia occidentale. In murgia la si trova un po’ dappertutto in autunno, con particolare intensità nelle aree più aride. In particolare sulle pendici del Pulicchio di Gravina e del Pulo di Altamura.

I fiori sono ermafroditi con 6 petali di colore giallo intenso e brillante, lunghi circa 4 cm e larghi 2. Il fiore presenta 6 stami con le antere di colore arancione, mentre le foglie sono lineari, arrotondate in sommità, di colore verde scuro. L’apparato radicale è collegato a un bulbo, di forma oblunga di 3 cm circa di larghezza, ricoperto da tuniche di colore scuro.

Nelle nostre zone fiorisce tra fine settembre ed ottobre. Preferisce i terreni aridi e pietrosi e non è difficile trovarla anche tra i sassi e negli anfratti delle rocce. La pianta non è commestibile ed i bulbi, sono molto velenosi. A tal proposito alcuni anni fa un raccoglitore occasionale, in Murgia, scavando bulbi di lampascioni, erroneamente raccolse anche dei bulbi di zafferanastro. I bulbi furono regalati ad un pensionato di Gravina in Puglia che non conoscendoli e non distinguendoli li cucinò e li mangiò con nefande conseguenze.

Voglio ricordarvi che la pianta non va assolutamente raccolta sia perché estremamente velenosa sia perché è protetta ed è inserita nell’Allegato II della CITES (Convenzione sul commercio internazionale di specie di flora e fauna minacciate di estinzione, più semplicemente nota come Convenzione di Washington)

 

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L’occhione: uno degli uccelli più presenti sulla Murgia in estate https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/locchione-uno-degli-uccelli-piu-presenti-sulla-murgia-in-estate/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/locchione-uno-degli-uccelli-piu-presenti-sulla-murgia-in-estate/#respond Mon, 13 Jul 2020 07:28:26 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=6469 Di Giuseppe Carlucci È senza dubbio uno degli uccelli più caratteristici presenti nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia in estate, come nidificante. Il suo verso flautato lo si può percepire anche a grande distanza nelle ore del tramonto, ma vederlo è tutt’altra cosa, infatti pur essendo un uccello di notevoli dimensioni e con zampe lunghe, l’occhione […]

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Di Giuseppe Carlucci

È senza dubbio uno degli uccelli più caratteristici presenti nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia in estate, come nidificante. Il suo verso flautato lo si può percepire anche a grande distanza nelle ore del tramonto, ma vederlo è tutt’altra cosa, infatti pur essendo un uccello di notevoli dimensioni e con zampe lunghe, l’occhione in presenza di “intrusi” preferisce allontanarsi camminando nell’erba o nascondersi rannicchiandosi al suolo. Si alza in volo solo all’ultimo istante quando si sente scorto, la sua presenza sulle Murge è data più dal ritrovamento di pulli non ancora in grado di volare che da avvistamenti di esemplari adulti.

Negli scorsi anni ho avuto la fortuna in varie occasioni di imbattermi in esemplari di occhione; ricordo in una occasione al crepuscolo in località Franchini, ed in un’altra occasione non distante della masseria Coppa. Nel secondo caso ero in mountain bike in un “fuori pista” quando i due occhioni si sono levati a brevissima distanza dalla bici.

Principali caratteristiche distintive della specie sono il becco breve giallo con la punta nera, i grandi occhi gialli resi ancor più grandi dalle caratteristiche penne chiare intorno all’occhio, (da cui il nome italiano), e le zampe gialle. Il volo è dritto, basso ed a lenti battiti d’ala, osservandolo sembra un piviere di grandi dimensioni, si notano le lunghe ali e spicca la doppia barra alare bianca che contrasta con il nero delle remiganti.

L’occhione emette un verso molto caratteristico: “cuiiii- cuiiii”. E dal verso gli deriva il nome dialettale ruvese di “Turlein”.

Ha una dieta molto varia che va dagli insetti alle arvicole, ma anche germogli, chiocciole, piccole rane e nidiacei di altre specie terricole. Non si posa mai su cespugli o alberi, sulle murge è presente in primavera ed in estate in zone dove la pseudo steppa è ancora integra, questo per il suo comportamento elusivo. Infatti gli spietramenti di grandi estensioni di murgia e le monoculture gli impediscono di nascondersi da eventuali predatori. Inoltre l’occhione non costruisce il nido ma deposita le uova direttamente sul terreno tra le pietre confidando nel mimetismo delle stesse. Le uova, in numero di due sono deposte da aprile a maggio e vengono incubate da entrambi i genitori per circa un mese. I piccoli sono in grado di camminare molto presto e rifuggono dai predatori confidando nel piumino “mimetico”. Sono in grado di volare dopo 40 giorni dalla schiusa. L’occhione effettua una sola covata.

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Il Biancone: l’unica aquila presente sul territorio murgiano https://ilquartopotere.it/rubrica/il-biancone-lunica-aquila-presente-sul-territorio-murgiano/ https://ilquartopotere.it/rubrica/il-biancone-lunica-aquila-presente-sul-territorio-murgiano/#respond Wed, 20 May 2020 09:25:24 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=5683 E’ l’unica aquila presente nei boschi ruvesi e sull’alta murgia. La sua presenza negli scorsi anni (2000-2009) era abbastanza sporadica. Quest’ anno invece, una coppia è rimasta a lungo nei pressi della murgia del Ceraso (bosco di Bitonto) e l’avvistamento di un giovane a fine estate fa pensare ad una nidificazione andata a buon fine. […]

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E’ l’unica aquila presente nei boschi ruvesi e sull’alta murgia. La sua presenza negli scorsi anni (2000-2009) era abbastanza sporadica. Quest’ anno invece, una coppia è rimasta a lungo nei pressi della murgia del Ceraso (bosco di Bitonto) e l’avvistamento di un giovane a fine estate fa pensare ad una nidificazione andata a buon fine.

Il biancone è inconfondibile sia per le grandi dimensioni che per il piumaggio chiaro delle parti inferiori che danno a questo rapace il nome italiano. In spagnolo è chiamato “àguila culebrera” che in italiano si tradurrebbe in aquila dei serpenti, mentre il nome inglese è Short-toed Eagle che in italiano si tradurrebbe in aquila dai corti artigli.

Queste sono infatti due delle principali caratteristiche del biancone: infatti questa “piccola aquila” preda principalmente serpenti e per farlo non ha ovviamente bisogno di artigli possenti.

Una volta individuata la preda, anche da grandi altezze cala su di essa e “l’accerchia” con le ali, iniziando a beccarne il capo sino staccarlo. Subito dopo inizia ad ingurgitare il rettile. Nell’ingoiare il serpente il biancone reclina il più possibile il capo per agevolare la discesa del rettile nell’esofago.

Questo particolare comportamento fa pensare che ringrazi il sole per il dono ricevuto.  Riesce ad ingoiare interamente anche serpenti di grandi dimensioni come cervoni e biacchi.

Il biancone ha un’altra caratteristica molto singolare ed è il suo percorso migratorio dalle savane sud africane ai siti di nidificazione in Europa ed in Italia in particolare. Il biancone infatti per raggiungere i siti di nidificazione nel sud del nostro Paese compie una migrazione ad U rovesciata o “a circuito”, attraversando lo stretto di Gibilterra, attraversando tutta la Spagna, proseguendo lungo la Liguria e scendendo poi in Toscana e giù giù sino alla Basilicata.

Il motivo di tale comportamento è dato dal fatto che non trovando sul mare delle forti correnti ascensionali il biancone deve fare tutta la traversata volando normalmente e quindi consumando parecchie energie giunge sulle coste iberiche stremato dalla fatica. Inoltre il più delle volte arrivando in prossimità della costa viene aggredito dai gabbiani reali che lo considerano un intruso. Guardandolo in volo dal basso si notano immediatamente le grandi ali ed il corpo chiaro con la parte alta del petto e la testa più scure.

Se lo si osserva posato la testa appare particolarmente grande. Le penne della coda (timoniere) presentano tre barre scure ben visibili se osservato dal basso. Osservandolo dall’alto invece spiccano le copritrici alari più chiare mentre la colorazione generale appare marrone scuro. In mancanza di serpi il biancone si nutre anche di topi, rospi talpe ramarri. Sulle murge è solito cacciare in zone alte non distanti da pinete. Il nido è molto piccolo rispetto alle dimensioni dell’uccello (simile a quello della poiana).

Pochi rami intrecciati e ricoperti con rametti sempre nuovi (probabilmente per meglio camuffarlo). Depone un solo uovo bianco con guscio ruvido e senza macchie, l’uovo è deposto tra aprile e maggio ed incubato dalla femmina per circa un mese. Il piccolo viene nutrito da entrambi i genitori. Il biancone effettua una sola covata.

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Il tulipano-Una pianta da proteggere presente anche sulla nostra Murgia https://ilquartopotere.it/rubrica/il-tulipano-una-pianta-da-proteggere-presente-anche-sulla-nostra-murgia/ https://ilquartopotere.it/rubrica/il-tulipano-una-pianta-da-proteggere-presente-anche-sulla-nostra-murgia/#respond Sun, 17 May 2020 10:24:32 +0000 https://ilquartopotere.it/?p=5626 Il suo colore giallo intenso lo rende inconfondibile, simile allo Zafferanastro giallo (Sterbergia lutea), che però fiorisce in autunno, il tulipano dei campi (Tulipa sylvestris) non è comunissimo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, lo si trova prevalentemente nei vasti coltivi, soprattutto dove il terreno è più umido. Un luogo dove lo si può trovare sicuramente […]

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Il suo colore giallo intenso lo rende inconfondibile, simile allo Zafferanastro giallo (Sterbergia lutea), che però fiorisce in autunno, il tulipano dei campi (Tulipa sylvestris) non è comunissimo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, lo si trova prevalentemente nei vasti coltivi, soprattutto dove il terreno è più umido.

Un luogo dove lo si può trovare sicuramente da fine marzo ai primi di maggio è la vasta dolina di San Magno nel territorio di Corato, tra le pianticelle di grano, non distante da Masseria Cimadomo.

Il tulipano dei campi è una specie presente in tutte le regioni d’Italia salvo che in Liguria, Val d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.

Cresce nei campi, dal livello del mare sino ai settecento metri; un tempo era molto più diffuso soprattutto nei coltivi periodicamente dissodati, mentre oggi è in forte rarefazione, a causa delle pratiche agricole selettive e dell’uso di erbicidi.

Non è commestibile in nessuna sua parte, bulbi, foglie e fiori provocano diarrea e vomito se ingeriti.

Il nome generico deriva dal persiano ‘toliban’, che significa ‘turbante’ alludendo alla forma della corolla, osservandolo anche da lontano ha la tipica forma di un piccolo tulipano, simile a quelli coltivati.

Si tratta di una pianta protetta e non va raccolta, anche perché i fiori a differenza dei tulipani coltivati durerebbero poche ore se recisi dal gambo.

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L’ISTRICE – La sua presenza nel Parco dell’Alta Murgia https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/listrice-la-sua-presenza-nel-parco-dellalta-murgia/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/listrice-la-sua-presenza-nel-parco-dellalta-murgia/#respond Wed, 12 Feb 2020 06:57:26 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=4165 Non credo che molti di Voi l’abbiano mai visto eppure l’istrice è uno dei mammiferi presente nei boschi del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Il suo nome in dialetto ruvese è “Rizz” e non va confuso con il riccio di terra che invece noi ruvesi in dialetto chiamiamo “pùrkspein” ossia porcospino e questo perché la carne […]

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Non credo che molti di Voi l’abbiano mai visto eppure l’istrice è uno dei mammiferi presente nei boschi del Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Il suo nome in dialetto ruvese è “Rizz” e non va confuso con il riccio di terra che invece noi ruvesi in dialetto chiamiamo “pùrkspein” ossia porcospino e questo perché la carne di quest’ultimo è molto simile a quella del maiale ed un tempo veniva consumata normalmente, come quella di altri animali selvatici.

L’istrice ha abitudini notturne ed è molto elusivo e per tale motivo difficilmente avvistabile se non nelle ore del crepuscolo in particolare durante la stagione primaverile.

Più spesso accade invece di trovarne qualcuno morto, investito da qualche auto a margine delle strade comunali che attraversano i boschi del Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Il riccio è un roditore, il più grande roditore presente in Europa, e può raggiungere la lunghezza di un metro misurata dal muso alla punta della breve coda. Ha zampe corte e robuste atte a scavare il terreno con unghie robuste, il dorso invece è ricoperto di lunghi aculei bianchi e neri lunghi sino a 30 – 40 cm, chiamate “penne” e costituiti da cheratina (la stessa sostanza delle nostre unghie e capelli).

Il nome penne deriva proprio dal fatto che un tempo gli aculei, estremamente duri, erano utilizzati per incidere le lastre di rame utilizzate nella calcografia ed anche per scrivere intingendoli nell’inchiostro come si faceva con le penne d’oca.

Mi capita sovente in primavera durante le mie escursioni nel Parco nazionale dell’Alta Murgia di trovare alcuni aculei, infatti questi (al pari dei nostri capelli) cadono naturalmente e vengono sostituiti. A proposito degli aculei va sfatata la “leggenda” che l’istrice se aggredito da un predatore (lupo) sia in grado di “scagliare” gli aculei. Non è assolutamente vero.

L’istrice se aggredito da un predatore gira le spalle allo stesso sollevando gli aculei che ha sul dorso, e questo comportamento viene adottato sia per “sembrare più grande” sia per difendersi, perché gli aculei costituiscono una formidabile arma offensiva. In alcuni casi, infatti, può anche indietreggiare verso l’aggressore, con gli aculei drizzati e ferirlo seriamente.

E’ una specie presente in tutto il bacino del mediterraneo ed in Italia è diffuso in tutta la penisola. Come tutti i roditori si nutre principalmente di erbe, radici, bulbi e frutta caduta dagli alberi. La tana viene scavata in cavità naturali oppure in terreni argillosi con un esteso sistema di gallerie che spesso vengono condivise con famigliole di tassi.

Un tempo era certamente più diffuso di quanto non lo sia oggi, ed era cacciato per la sua carne, oggi il suo principale nemico è il traffico notturno di autoveicoli. La sua conservazione merita una più attenta tutela.

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Alcanna o arganetta azzurra (Alkanna tinctoria) https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/alcanna-o-arganetta-azzurra-alkanna-tinctoria/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/alcanna-o-arganetta-azzurra-alkanna-tinctoria/#respond Sat, 08 Feb 2020 07:16:36 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=4109 E’ una delle piante più comuni presenti nel Parco nazionale dell’Alta Murgia durante la stagione primaverile. Si tratta di una pianta spontanea erbacea e perenne che fa parte della famiglia delle boraginaceae. E’ un arbusto sempreverde che cresce al suolo le sue foglie ed i fusti sono ricoperti da una peluria lanuginosa. Le foglie inferiori sono di forma lanceolata, mentre quelle superiori sono […]

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E’ una delle piante più comuni presenti nel Parco nazionale dell’Alta Murgia durante la stagione primaverile.

Si tratta di una pianta spontanea erbacea e perenne che fa parte della famiglia delle boraginaceae.

E’ un arbusto sempreverde che cresce al suolo le sue foglie ed i fusti sono ricoperti da una peluria lanuginosa. Le foglie inferiori sono di forma lanceolata, mentre quelle superiori sono più corte e lineari. I fiori sono riuniti in infiorescenze molto dense.

L’alcanna, come viene comunemente chiamata, è una pianta diffusa in tutto il bacino mediterraneo nei terreni sabbiosi o rocciosi drenanti.

In Murgia, durante il periodo della fioritura, ciò che attrae l’escursionista sono i suoi piccoli e bellissimi fiori di color azzurro intenso. Durante le mie escursioni, quando dico ai visitatori del Parco che è una pianta tintoria e che la stessa veniva usata un tempo per tingere la lana, tutti alla mia domanda “ma secondo Voi quale colore si ricava” danno la stessa risposta “il blu”.

In realtà per tingere lana ed altre stoffe veniva utilizzato un estratto ricavato dalla radice della pianta ed il colore che se ne ricavava era il rosso mogano.

L’Alkanna tinctoria, questo è il nome scientifico della pianta, deriva il suo nome dall’ arabo Alkenneh che significa radice e dal latino tintorius che significa usato per colorare.

Le proprietà tintorie di questa pianta erano conosciute sin dall’antichità e sono dovute alla presenza nel fusto e nella radice di un alcaloide, l’alcannina, utilizzato ancora oggi nell’industria farmaceutica e cosmetica.

L’estratto di Alcanna è particolarmente ricco di polifenoli e viene impiegato in cosmesi per creare prodotti utilizzati per la cura della pelle e del viso o per creare maschere nutrienti, l’estratto della radice di alcanna oggi viene principalmente utilizzato per colorare saponi e pomate.

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“Ma io le lepri sulla Murgia le vedo ancora”! Ma si tratta della nostra lepre italica? https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/ma-io-le-lepri-sulla-murgia-le-vedo-ancora-ma-si-tratta-della-nostra-lepre-italica/ https://ilquartopotere.it/rubrica/murgia-da-vivere/ma-io-le-lepri-sulla-murgia-le-vedo-ancora-ma-si-tratta-della-nostra-lepre-italica/#respond Mon, 02 Dec 2019 09:15:18 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=3030 É stata da sempre una delle prede più ambite dai cacciatori, in dialetto ruvese è “U lièbbr” o “U riecchie lung”. Stiamo parlando della lepre comunissima nelle nostre campagne e sull’alta Murgia sino ai primi anni settanta. Poi l’ uso incontrollato di fitofarmaci in agricoltura,  la crescente e devastante pratica degli “spietramenti” in alta Murgia […]

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É stata da sempre una delle prede più ambite dai cacciatori, in dialetto ruvese è “U lièbbr” o “U riecchie lung”. Stiamo parlando della lepre comunissima nelle nostre campagne e sull’alta Murgia sino ai primi anni settanta. Poi l’ uso incontrollato di fitofarmaci in agricoltura,  la crescente e devastante pratica degli “spietramenti” in alta Murgia e soprattutto le insensate introduzioni di specie alloctone provenienti dall’Est Europa hanno portato alla totale scomparsa dalle Murge e dal nostro territorio della lepre italica o lepre appenninica (Lepus corsicanus).

Ora voi mi direte: “ ma io le lepri sulla murgia le vedo ancora”!

Sì certo, le lepri ci sono ma non sono la “NOSTRA” lepre italica.

In pratica è accaduto, dai primi anni settanta, che per incentivare la caccia, gli Uffici Caccia delle varie regioni, hanno pensato bene (male) di importare in Italia e liberare ad uso venatorio qualche settimana prima dell’apertura della stagione della caccia centinaia e centinai di esemplari di Lepre europea (Lepus europaeus), più grande, come stazza delle nostre lepri autoctone e pertanto “più appetibili” per i cacciatori.

Il problema fu che alcuni degli esemplari importati dall’Est Europa negli anni settanta furono affetti da mixomatosi, una malattia virale altamente contagiosa, che colpisce lepri e conigli sia selvatici che domestici; si trasmette direttamente dall’animale infetto a quello sano oppure indirettamente tramite zecche, pulci, acari ecc.

La malattia si diffuse rapidissimamente ed in quegli anni era comune trovare lepri morte in campagna, La popolazione autoctona di lepre italica fu praticamente sterminata, mentre molti esemplari, più grandi  e più resistenti di lepre europea sopravvissero. Oggi in tutta la penisola della lepre italica rimangono sparute popolazioni nel Lazio, in Calabria ed in Sicilia, mentre risulta del tutto scomparsa in Puglia, come nel resto della penisola.

Al contrario la Lepre europea si è diffusa in tutta la penisola ed anzi ha rafforzato la sua presenza in alcune regioni soprattutto dell’Italia meridionale dove un tempo non era presente. Ma il problema maggiore del rapporto tra le due specie è dato dal fatto che sono stati dimostrati casi di ibridazione, pertanto c’è il fondato timore che in tempi relativamente brevi la lepre italica si estinguerà del tutto in Italia.

Occorre dire che le differenze tra le due specie sono abbastanza evidenti all’occhio esperto. La lepre italica è piuttosto piccola, infatti non supera i cinquanta centimetri di lunghezza per un peso che al massimo raggiunge i tre chili, mentre la lepre europea, chiamata anche lepre comune o lepre grigia, può superare i settanta centimetri di lunghezza per un peso che può raggiungere i cinque chilogrammi. Ma le due specie differiscono soprattutto per la colorazione del mantello, infatti la lepre italica ha una grande area ventrale bianca che si estende ai fianchi, inoltre la parte superiore del groppone è bruno rossiccia mentre nella lepre europea la parte bianca è solo della parte centrale del ventre ed inoltre la parte superiore del mantello è bruno grigiastra, infatti è chiamata anche lepre grigia.

Le lepri sono totalmente vegetariane, mangiano varie tipologie di erbe spontanee e se trovano un piccolo orto in Murgia fanno festa, mangiano anche frutta caduta dagli alberi.  Le loro deiezioni sono simili ai noccioli delle olive ascolane, ritrovare le loro feci è segno certo della loro presenza, un altro indicatore sono le tipiche orme lasciate sulla neve.

Entrambe le specie sono estremamente elusive ed hanno abitudini prevalentemente notturne. Tuttavia può accadere di vederne qualcuno al tramonto in particolare durante il periodo degli amori.

A tal proposito voglio narrarvi un’esperienza davvero singolare fatta tantissimi anni fa.

Avrò avuto nove o dieci anni al massimo, erano i primissimi anni settanta e dopo la conclusione della scuola spesso il pomeriggio andavo con mio padre in campagna, andavamo a raccogliere la frutta o le erbe spontanee sulla Murgia, sono stati gli anni più belli della mia vita e dei quali serbo bellissimi ricordi. Tra questi ve ne è uno davvero indelebile, che riguarda proprio  le lepri.

Eravamo andati presto quel pomeriggio in campagna per raccogliere i fioroni da un piccolo podere di nostra proprietà, al ritorno ero satollo, infatti come sempre erano più i fioroni che avevo mangiato che quelli raccolti, ne ero ghiottissimo. Mentre tornavamo a Ruvo su di una strada sterrata (all’epoca lo erano la maggior parte delle strade comunali), con la vecchia FIAT 1100 di colore grigio, mio padre frenò bruscamente, una lepre ci aveva appena tagliato la strada, ma la cosa singolare è che era inseguita da un’altra lepre, si trattava di due grossi maschi di lepre italica che forse si contendevano una femmina o il territorio, fatto sta che l’inseguimento durò un paio di minuti ed in questo loro rincorrersi le due lepri ci ignorarono del tutto passandoci più volte vicinissime all’auto, ogni tanto si fermavano e se le davano di santa ragione, al punto che ciuffi di pelo svolazzavano in aria.

Fu un’esperienza davvero bellissima e singolare.

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Vi sarà certamente accaduto, mentre passeggiavate in autunno tra i sentieri del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, di notare, a margine dei muretti a secco, in autunno, delle grosse bacche di color rosso scarlatto, si trattava certamente di bacche di Rosa canina da non confondere con quelle di biancospino, ugualmente rosse ma più piccole e perfettamente tonde.

La Rosa canina insieme al biancospino, al rovo ed al prugnolo è una delle piante cespugliose più diffuse nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Sono tutte piante spinose che un tempo venivano poste sulle lastre poste ortogonalmente sulle recinzioni sommitali degli Jazzi (chiamate comunemente pietre paralupo).

La loro funzione era quella di fungere da “filo spinato naturale” che da un lato innalzava la recinzione e dall’altro la rendeva particolarmente ardua da superare sia per i lupi che per eventuali ladri di pecore.

La Rosa di macchia è una rosacea ad ampia diffusione europea ed asiatica. Si tratta di un arbusto alto sino a tre metri tipico delle siepi e delle macchie munito di robusti rami forniti di aculei adunchi più larghi alla base.

Le foglie sono formate da cinque o sette foglioline più piccole ovali a margini dentati. I fiori hanno petali di colore rosa pallido o biancastri. I frutti sono globosi e formati dall’ingrossamento del ricettacolo, hanno colore rosso acceso ed un sapore acidulo abbastanza gradevole.

Il nome scientifico della pianta lo si deve ad uno scritto di Plinio il Vecchio, nel quale l’autore asseriva che un soldato romano era stato guarito dopo essere stato morso da un cane ed aver contratto la rabbia con un decotto realizzato con le radici di questa pianta.

La Rosa canina è una pianta officinale conosciuta nel lontano passato infatti le sue bacche hanno un altissimo contenuto di vitamina C. Durante la seconda guerra mondiale in Inghilterra, era usata per la preparazione di sciroppi pediatrici impiegati come integratori di vitamina C. La pianta è molto utilizzata in erboristeria, nell’industria farmaceutica, alimentare e cosmetica.

Dalle bacche secche si preparano infusi e decotti, ottimi come vaso protettori ed antiinfiammatori.

Dai petali dei fiori invece si ricava un decotto utilizzato in cosmetica in caso di arrossamenti della pelle del viso.

Dai semi si possono ricavare degli antiparassitari, mentre dalle bacche fresche, una volta mature, si preparano delle confetture. Con i frutti è possibile preparare anche un liquore chiamato gratacül, dal nome dialettale che viene dato nelle Regioni del nord Italia alle bacche della pianta.

Da noi in Puglia si prepara soprattutto la marmellata dalle bacche fresche, anche se ottenerla richiede un procedimento piuttosto lungo. Per prepararla occorrono 500 grammi di bacche fresche e 250 grammi di zucchero di canna integrale.

Scegliete sempre delle bacche mature, in questo modo l’eliminazione dei semi e della peluria interna, sarà più semplice.

Lavate le bacche eliminando i piccioli. Poi con un coltello ben affilato dividete ogni bacca a metà ed estraete i semi e la peluria perché hanno un effetto irritante, quindi sciacquate nuovamente le bacche mettendole in un colino sotto l’acqua corrente.

A questo punto pesate per sicurezza le bacche in modo da aggiungere la giusta proporzione di zucchero che deve essere pari alla metà del peso finale delle bacche pulite ed asciutte.

Mettete le bacche in una pentola di alluminio e copritele d’acqua, fatele cuocere fino a quando non si saranno ammorbidite, ci vorrà almeno un’ora.

Se necessario aggiungete altra acqua man mano che procede la cottura. Una volta cotta spegnete e fate raffreddare, quindi frullate il tutto e passate la purea in un colino a maglie strette per eliminare la scorza delle bacche o altri semi, quindi rimettete la purea ottenuta nella pentola, coprite con lo zucchero e fate addensare.

Una volta addensata potrete riempire i vasetti con la marmellata bollente. I vasetti dovranno essere ben puliti e sterilizzati, quindi sigillate ermeticamente, e capovolgeteli fino al completo raffreddamento.

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