La data del 31 dicembre, solitamente rappresenta nella coscienza collettiva il limite demarcatore tra un tempo ormai consunto che si appresta a terminare e un tempo nuovo e inesplorato che si accinge a venire alla luce. Il traguardo di fine anno, porta puntualmente con sé consuntivi e bilanci di obiettivi realizzati e non, di grandi speranze assaporate o svanite e di valutazioni a volte soddisfacenti e altre volte deludenti. La fine del 2020 ha modificato la consuetudine individuale di riflettere su quanto avvenuto nelle proprie vite e su ciò che ognuno ha realizzato durante l’anno trascorso, e ha reso comunitaria la riflessione su quanto gli accadimenti generali abbiano inciso nelle vite di ciascuno .
Fin dagli albori, il 2020 è stato atteso come data simbolica che ha posto fine alle prime due instabili decadi del nuovo millennio aprendo così, gli anni venti, decennio saturo di aspettative. Dagli esordi, il nuovo anno non si è certamente ben presentato, concretizzando pesanti tensioni politiche internazionali e gravose sciagure climatiche.
Nemmeno il tempo di metabolizzare il pessimo avvio, che già gli echi di un’epidemia lontana che pareva irraggiungibile ma rapidamente trasformatasi in pandemia hanno velocemente raggiunto e stravolto l’intera comunità mondiale modificandone routine quotidiane e stili di vita da sempre collaudati.
La parola d’ordine del 2020 è stata dunque: “Cambiamento”.
Dalla macro-politica internazionale e nazionale alla micro-politica locale tutto è cambiato. Mentre si sono susseguiti implacabili e caotici dpcm e restrizioni a seguito dell’altissimo numero di decessi, abbiamo riscoperto la grande carenza sanitaria da sempre nascosta sotto il comodo tappeto delle scuse dei “tagli agli sperperi”, panacea di tutti i mali da parte dei vari politici avvicendatisi nel tempo.
Nemmeno la pandemia è però riuscita a fermare le infuocatissime – non solo a causa delle alte temperature ma soprattutto per i toni incandescenti – campagne elettorali che questa estate hanno tenuto banco presso l’opinione pubblica fomentando entusiasmi e tifoserie, diatribe elettorali e corse lungo molteplici binari: regionali, amministrativi e referendari.
Il responso delle urne è stato perentorio: la Puglia ha scelto di cambiare non cambiando nulla, ovvero riconfermando Emiliano alla presidenza della Regione pur di fermare l’avanzata di Fitto, mentre Corato ha scelto Corrado. La città ha voltato pagina individuando in De Benedittis sindaco l’artefice della tanto sospirata e agognata “rivoluzione” (ancora tutta da essere dimostrata e in divenire).
Il 2020 è stato un anno monotematico, in cui l’argomento cardine, la pandemia, l’ha fatta da padrone e dove qualunque altra variazione sul tema connessa si è consumata alla velocità della luce: decreti, restrizioni, aperture, chiusure, polemiche, vittorie, sconfitte, proteste, veleni.
Mentre questa folle girandola ha irrotto prepotentemente nelle vite di ognuno, è forse rimasta un’altra parola significativa caratterizzante l’anno che si sta ultimando: “Responsabilità”. Parola che designa un concetto importante, profondo, sconosciuto a molti, a tanti, ai più, forse. La lista degli irresponsabili è lunghissima: si parte dai comuni cittadini sparpagliati in maniera onnipresente dovunque, spesso senza adottare le precauzioni basilari, ai politici che in nome dei propri interessi non hanno minimamente pensato di programmare strategie emergenziali e ampliamenti sanitari in vista di ondate successive alla prima, semplicemente perché impegnati a fare passerelle tentando di accaparrarsi il favore popolare (notare il caso Puglia). Irresponsabili eclatanti appartengono anche, in molti casi, a un’altra categoria: i gestori delle RSSA. Proprio nelle residenze per anziani (oltre che negli ospedali) si è consumato il dramma maggiore, con nutriti focolai che hanno falcidiato numerosi degenti, che teoricamente avrebbero dovuto ritenersi al sicuro da contagio.
Al termine di questa disamina riassuntiva, che ha voluto in breve vagliare gli avvenimenti più pregnanti di questo anno limitativo per tutti e sofferto per molti, un augurio si fa urgente: non solo che l’anno che si appresta a nascere, il 2021, porti via l’emergenza pandemica facendo ritornare la collettività a una vita libera e normale, quella di sempre a cui tutti sono abituati, ma soprattutto che ognuno ad ogni livello, dai singoli cittadini agli amministratori pubblici e privati, abbia imparato la lezione che la pandemia con tutto il suo carico di difficoltà e sofferenza ha impartito e il significato della parola responsabilità applicata al bene comune e alla tutela degli altri.