“Mettersi in gioco dove non ci si sente pronti: una lezione di crescita”
di Livia Goffredo – classe VC, del Liceo Classico “Oriani” indirizzo medico-sanitario
“Non ho mai creduto di essere portata per le scienze. Non lo dico con leggerezza, né con rassegnazione: è semplicemente un fatto. La biologia, la chimica, le materie scientifiche in generale non sono mai state nelle mie corde. Ho sempre sentito di appartenere a un altro linguaggio, a quello delle parole, delle riflessioni, delle domande senza risposta immediata.
Eppure, a pochi mesi dalla fine del quinto anno, ho deciso di fare qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato da me: partecipare ai Campionati delle Scienze Naturali.
Si sono tenute a Bari, in un’aula che non conosceva il mio nome, né il mio percorso. Non c’era nessun professore a guidarmi, nessuna rete di sicurezza, nessun volto amico a ricordarmi chi ero. Solo il mio numero di iscrizione, il mio posto, e una prova da affrontare. Un banco di realtà, non solo di nozioni.
Sono arrivata trentasettesima . Il 37° posto, in un contesto regionale, significa anche essere prima nella mia scuola e prima a Corato. E chi conosce davvero il significato del mettersi in gioco capirà quanto questo numero sia, per me, una conquista. In un mondo in cui spesso si celebra solo chi arriva primo o ultimo, questa esperienza mi ha insegnato che valgono anche il secondo, il terzo, il decimo, il trentasettesimo posto. Perché ogni posizione conquistata con impegno ha un valore. E racconta una storia diversa, una storia che merita di essere ascoltata.
Per me, quel numero non rappresenta un piazzamento.
Rappresenta un superamento.
Ho affrontato una sfida che non apparteneva al mio mondo, ma mi sono seduta comunque al tavolo. E ho lavorato. Ho studiato. Ho provato a comprendere qualcosa che non mi veniva spontaneo, che non parlava la mia lingua, ma che meritava rispetto e attenzione.
E nel farlo, ho imparato molto più di quanto avrei potuto immaginare.
Non solo concetti scientifici.
Ho imparato cosa significa confrontarsi con il giudizio esterno, quello vero, che non guarda il tuo passato, le tue inclinazioni, il tuo impegno quotidiano. Ho capito cosa significa portare se stessi in territori sconosciuti e accettare l’idea di essere valutati per ciò che si è in quel momento, senza scuse, senza filtri. Un’anticipazione quasi cruda ma necessaria del mondo universitario, del mondo adulto.
Pur sentendomi più portata per le discipline umanistiche, il potenziamento delle materie scientifiche previsto dal mio indirizzo di studi mi ha aiutata a costruire una formazione solida anche in questo ambito. Questa esperienza ne è stata la conferma.
Tra qualche mese intraprenderò un percorso completamente diverso, lontano dalle scienze, vicino a ciò che sento davvero mio. Ma questo non rende quell’esperienza meno importante. Anzi, la esalta. Perché, per una volta, non ho camminato sul terreno che conosco. Ho scelto un sentiero impervio, l’ho affrontato con consapevolezza e ne sono uscita più forte.
Questa esperienza non è stata un episodio isolato. È stata una dichiarazione.
La dichiarazione che il coraggio di mettersi in discussione vale più di qualsiasi talento naturale.
Che il confronto con ciò che ci è estraneo può rivelare parti di noi che nemmeno sapevamo di possedere.
Ringrazio i miei docenti e la mia scuola per avermi dato l’opportunità di vivere un’esperienza tanto significativa. È anche grazie al loro supporto se ho avuto il coraggio di mettermi in gioco, proprio là dove non mi sentivo pronta.
Trentasettesima, sì. Ma oggi, mentre mi guardo indietro, sento di aver ottenuto molto di più.
Ho conquistato una versione di me che non si tira indietro.
E in un mondo che premia l’adattabilità, la forza di volontà e la capacità di uscire dalla propria zona di comfort, questa, credetemi, è una vittoria piena.”