Il drammatico evento venne riportato nel famoso resoconto di Giacomo Matteotti
Cento anni fa, esattamente l’11 agosto 1922, a Corato ci fu un brusco arresto del processo democratico: cadde l’amministrazione socialista guidata da Federico Quinto. L’evento si inserisce all’interno di un periodo di violenze generato dallo squadrismo fascista che s’intensificò nella lunga estate del ’22 e che culminerà con la celebra Marcia su Roma del 28 ottobre 1922.
Un po’ in tutta Italia, e in Terra di Bari compresa, sono in corso commemorazioni, dibattiti e conferenze volte a ripercorrere i tragici fatti che avrebbero portato, dopo il Ventennio, alla nascita della nostra Carta costituzionale repubblicana. Citiamo, per esempio, il convengo del 2 agosto che si svolgerà a Bari intitolato “Anime resistenti”.
Corato, non solo non fece eccezione, ma per le sue consolidate tradizioni socialiste, come tra l’altro ben ci spiegano anche alcuni storici locali, fu uno dei principali teatri di quelle tragiche lotte. Soprattutto l’attivismo politico di Guglielmo Schiralli (ricordiamo che fu tra i 400 delegati che fondarono il PSI a Genova nel 1892, primo consigliere provinciale socialista nel 1895 e primo sindaco socialista di Corato) aveva portato precocemente i socialisti a trovare spazio nelle amministrazioni pubbliche e a dare voce al proletariato contadino. La tradizione proseguì con l’amministrazione di Federico Quinto nei travagliati anni del post guerra.
A tal proposito, ci limitiamo a pubblicare alcuni documenti inediti. In una lettera del 5 giungo 1922 Achille Starace, Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista, scrisse una lettera a Francesco Fato, dirigente Provinciale di Bari:
“Ho parlato con Mussolini della situazione di Corato: Mi ha promesso di scrivere”.
Nella stessa lettera riferendosi agli scontri in atto a Corato e Andria riportò:
“Ne ho anche riferito al gruppo parlamentare fascista e all’on. Caradonna (il noto ras di Cerignola), il quale mi ha promesso di recarsi sul posto nel più breve tempo possibile. Lo stesso si recherà anche a Corato”.
Il 21 giugno Achille Starace scrisse ancora al segretario provinciale il seguente comunicato:
“Sabato mattina, 24 corrente, col diretto proveniente da Roma arriverò costà insieme con l’on. Caradonna. Domenica mattina, in modo assoluto, voglio tenere un comizio ad Andria e nel pomeriggio dello stesso giorno a Corato”.
E il 22 giugno aggiunse:
“L’Onorevole Caradonna essendo impegnato nella discussione per le elezioni per l’on. Piccinato non potrà abbandonare Roma prima di sabato sera. Per conseguenza si recherà direttamente ad Andria, dove mi troverò anch’io domenica mattina per il comizio”.
A Corato invece Giuseppe Caradonna e Achille Starace, probabilmente alla presenza dello stesso Francesco Fato, tennero il comizio il 27 giugno al cinema Kursaal di Corato infervorando i presenti contro la “minaccia bolscevica”.
Era chiara la preoccupazione dei vertici nazionali del Partito fascista per quanto stava avvenendo in quel periodo nei grandi centri bracciantili pugliesi, soprattutto a Corato e Andria. Anche nella nostra città da tempo erano in corso proteste, sollevazioni popolari riportate puntualmente dai periodici locali e nazionali, già fin dal settembre del 1921 per l’omicidio del parlamentare socialista Giuseppe Di Vango.
Nella primavera e nell’estate del 1922 si girava armati, in molti portavano in tasca rivoltelle e le violenze erano all’ordine del giorno. La città era sull’orlo della guerra civile. La stessa cosa dicasi per Andria dove, il primo luglio 1922, in uno scontro a fuoco coi socialisti perse la vita il contadino fascista Nicola Petruzzelli, da qualche mese diventato militante delle camicie nere.
Dopo una lunga serie di pressioni politiche, intimidazioni, minacce e le prime defezioni tra gli assessori, il sindaco Federico Quinto decise di dimettersi. Il suo ultimo atto fu firmato l’11 agosto 1922. La vicenda della caduta dell’amministrazione di Corato venne citata persino dal martire socialista Giacomo Matteotti nella famosa inchiesta “Un anno di dominazione fascista” assieme a quella di Ruvo e Andria, accompagnando il macabro elenco delle amministrazioni cadute per mano fascista con il seguente commento: “Il Governo fascista intende invece distruggere ogni autonomia locale, e accentra tutto nelle autorità governative, siano esse in Roma o siano esse il Prefetto o Vice Prefetto”.
Dopo una fase di commissariamento, solo il 24 febbraio 1923 il Consiglio comunale verrà “legalmente convocato e riunito nella sala delle sue ordinarie sedute sul Palazzo di Città sotto la presidenza del Sig. Ripoli avv. Vincenzo, Consigliere Anziano”.