E’ ripartito ieri il processo per la morte di Stefano Cucchi, deceduto il 22 ottobre 2009 presso l’Ospedale Sandro Pertini di Roma che ha portato alla condanna a 12 anni per i carabinieri esecutori del pestaggio. Otto gli imputati accusati a vario titolo, a seconda delle posizioni, dei reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia.
L’appuntato scelto andriese Riccardo Casamassima, considerato teste chiave per aver riaperto le indagini sul decesso del geometra trentenne, costituitosi parte civile per le accuse di un suo collega imputato per falso e calunnia, ha reso agli inquirenti nel corso del processo una lunga deposizione nella quale ha raccontato i dettagli della vicenda, oltre a rivelare le pressioni subite in seguito alle sue dichiarazioni pubbliche sul caso.
“Ci tengo a puntualizzare che da parte della Procura è stato instaurato un procedimento penale che per motivi coperti da segreto istruttorio non posso scrivere – scrive Casamassima in un post pubblicato oggi sul suo profilo personale Facebook –. Subito dopo la testimonianza del 15 maggio 2018 sono stato trasferito a scuola e le difficoltà nel gestire i turni non solo sono state segnalate da me ma anche dai miei diretti superiori”.
L’appuntato andriese descrive le condizioni difficili nelle quali è stato indotto da allora a lavorare: “A oggi non sono state prospettate ancora sedi idonee alle mie esigenze famigliari e lavorative. Dal Comando Generale più volte hanno scritto che non posso effettuare servizi di polizia giudiziaria poiché sottoposto a procedimenti penali tutto in violazione all’articolo 6 del C.E.D U. Infatti, dal web – sottolinea Riccardo Casamassima – si può tranquillamente accertare che ci sono casi di ufficiali condannati a 14 anni in primo grado lasciati a comandare reparti importanti tipo il R.os e mai trasferiti. La regola base per garantire il benessere del personale è quella di far lavorare il personale nelle condizioni più ottimali”, ribadisce.
Inoltre, afferma che “finire un turno alle 00:00 rientrare a casa passate le ore 01.00 per poi rimettersi in macchina alle 04.20 non mi sembra proprio una condizione di lavoro ottimale. Sono 4 le istanze a oggi presentate per conferire con il Comandante Generale in corso, in attesa di risposta”.
Immediata la nota ufficiale da parte del Comando Generale dell’Arma che respinge con assoluta fermezza le accuse di Casamassima rese peraltro sotto giuramento, definendole “gravissime”. Infine, precisa che anche l’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione, ndr) dopo un’accurata istruttoria ha riconosciuto “la piena legittimità dei provvedimenti adottati nei confronti di Casamassima ed escludendo qualsiasi carattere distorsivo o discriminatorio o persecutorio“.