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Il coronavirus visto da Canton, no psicosi, solidarietà e aiuti alla Cina – Testimonianza di Chiara Rutigliano, giornalista, ricercatrice Università di Canton

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Al 4 febbraio sale a quasi 20500 il numero delle persone colpite dal coronavirus, con una novità importante però: dal 2 febbraio il numero delle guarigioni (650) supera quello dei decessi (426).

Questi i numeri riportati dalla piattaforma Tencent, uno dei colossi del tech cinese che, assieme al gruppo Alibaba e Meituan, ha donato milioni di dollari – circa 430 milioni il contributo totale stimato delle tre tech firms – a favore della battaglia contro il virus.

Materiale medico per il nuovo ospedale a Wuhan, epicentro del virus, costruito in soli dieci giorni, piattaforme online in continuo aggiornamento, in grado di localizzare i casi affetti dal virus fornendo indicazioni precise dei distretti e perfino delle strade delle città in cui sono stati riportati, e segnalare se in determinati mezzi di trasporto, siano essi voli o treni, siano stati registrati casi.

A circa due settimane dall’inizio della diffusione, su larga scala, del virus, il governo cinese, viste le posizioni dell’Oms e della comunità internazionale, ha scelto e persegue il pugno di ferro nella gestione della crisi: circa 15 città e quasi 60 milioni di persone sono state isolate per evitare la diffusione del contagio nella più vasta quarantena mai vista prima.

Un evento senza precedenti storici, possibile d’altronde solo in un paese le cui premesse politiche incontrano la piena fiducia del suo popolo.

Nessuna città è esclusa: all’ingresso di stazioni e aeroporti viene misurata la temperatura corporea, se supera i 37,3 si viene fermati e mandati in ospedale per accertamenti.

Anche a Guangzhou, meglio conosciuta come Canton – megacittà del delta del Fiume delle Perle ad un’ora da Hong Kong- strade solitamente molto affollate e grandi piazze, che avrebbero visto moltissima gente festeggiare l’arrivo dell’anno del topo, sono da giorni deserte.

In questa città, pur lontana un migliaio di kilometri dall’epicentro di Wuhan, ai ristoranti piccoli e grandi chiusi per le festività, la città ha risposto con le grandi food chains e convenience stores aperti 24 ore su 24 a cui però, nell’ultima settimana, è mancato spesso il carico giornaliero di cibo fresco a causa del blocco stradale attuato per contenere il virus.

Il controllo e la prevenzione rispetto ad un virus “nuovo”, sono più che dovuti, ma il panico immotivato legato ad episodi discriminatori dettati da una paura irrazionale, è ingiustificabile.

Queste incomprensioni, dettate da una scarsa conoscenza del mondo cinese e dalla mancanza assoluta di amore fraterno ed empatia nei confronti di un popolo che soffre, sono incomprensioni che – spesso alimentate più dagli adulti che da altre fasce della popolazione italiana, come dimostra il caso dei bambini cinesi che frequentano le scuole in 4 regioni italiane del Nord – non devono più trovare spazio.

Dobbiamo dimostrare invece solidarietà e collaborazione alla Cina che, non per caso, ha chiesto aiuto per forniture sanitarie e dispositivi medicali, e la Unione Europea ha prontamente risposto. Positivamente. E questo deve valere anche per tutti gli italiani.

dr.ssa Chiara Rutigliano Ricercatrice Università di Canton

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