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Un consiglio comunale flash con tanti misteri

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A cura
di Francesco Stolfa

Mercoledì 19 maggio, ancora un breve consiglio comunale che è stato sostanzialmente una sorta di prosecuzione di quello precedente.

Preliminari. Nella prima parte dei lavori, infatti, si sono registrati alcuni strascichi della discussione avvenuta nel consiglio del 7 maggio durante il quale, fra mille polemiche, vennero approvati il DUP e il bilancio di previsione. Si ricorderà che la minoranza aveva sollevato in quell’occasione una precisa eccezione giuridica e politica sostenendo l’impossibilità di approvare il bilancio senza aver prima approvato il DUP in altra e precedente riunione consiliare. Secondo la minoranza, in buona sostanza, il Documento Unico di Programmazione, contenendo il progetto politico dell’amministrazione, costituisce il presupposto giuridico e politico del bilancio. La Giunta, quindi, per elaborare la proposta di bilancio da presentare in Consiglio deve avere già a disposizione il DUP definitivo, quello cioè approvato in consiglio con il concorso e l’apporto di tutti i consiglieri, di maggioranza e minoranza. Se così non fosse ne verrebbe sminuita la funzione dell’intero Consiglio comunale. In ogni caso, si disse già la volta scorsa, trattandosi di una questione quanto meno controversa, prudenza avrebbe voluto che, essendovi i tempi (il termine di approvazione è fissato al 31 maggio), la discussione del bilancio venisse rinviata, come del resto, in un primo tempo, aveva consigliato lo stesso Segretario generale. La maggioranza preferì invece rischiare. E a quanto pare la minoranza ha già richiesto gli atti per procedere ad impugnare la delibera di bilancio al TAR. Per questo motivo, la stessa minoranza, ritenendo illegittima tale delibera e tutti gli atti connessi, da quel momento, sta evitando di prendere parte alle votazioni di tutti i provvedimenti legati al bilancio: nella seduta di mercoledì scorso la minoranza ha quindi evitato di votare sia la modifica del piano triennale di opere pubbliche sia la conseguente variazione di bilancio; mentre ha normalmente votato il secondo punto, relativo al compenso dei Revisori (che non è collegato al bilancio).
Il Sindaco, intervenuto per la prima volta dopo la sua indisposizione da Covid, non ha saputo resistere alla tentazione di riprendere l’argomento ma ha mostrato di essere lontano dal comprendere i termini della questione – che è strettamente giuridica – lamentandosi e dolendosi dell’assenza delle minoranze. Senza voler comprendere che quell’assenza non ha tanto carattere politico quando carattere giuridico. Il primo cittadino ha accusato le minoranze di dimostrare scarsa sensibilità civica per non voler votare gli importanti provvedimenti di cui ai punti 1 e 3 dell’ordine del giorno. Vi è però da chiedersi cosa mai abbia impedito alla maggioranza di adottare un comportamento più duttile e prudenziale, visto che – non ci si stancherà mai di dirlo – i tempi c’erano (e ci sono). Qualora il TAR dovesse malauguratamente annullare le delibere di bilancio e connesse, allora si che sarebbero messi a repentaglio i grandi progetti di cui il primo cittadino e i suoi due assessori (Marcone e Addario) si vanno oggi vantando.

Primo e terzo punto odg: Variazione Piano Triennale delle Opere Pubbliche e conseguente Variazione del bilancio. Inframmezzata alla discussione sulle preliminari e sulle benedette eccezioni delle minoranze, si è avviata la discussione sul primo punto all’ordine del giorno. Si tratta di una variazione del Piano triennale per le opere pubbliche approvato appena dieci giorni fa, unitamente al bilancio. Subito tre considerazioni: 1) la presidente dovrebbe dare più ordine alla discussione e quando la apre sull’ordine del giorno non deve più consentire che si ritorni sulle preliminari: si genera molta confusione. 2) Il piano viene modificato per inserirvi alcune importanti opere pubbliche (un asilo e un centro polifunzionale, del costo complessivo di 6 milioni) per le quali il Comune ha deciso di chiedere il finanziamento statale. Poiché però tale finanziamento era previsto dalla legge di bilancio 2020, approvata più di un anno fa, perché di questa cosa non si è tenuto conto nella prima stesura del piano? Misteri dell’amministrazione De Benedittis. 3) Un tema così importante meriterebbe una illustrazione più puntuale, invece i vari assessori che si sono avvicendati al microfono hanno dato per scontate troppe cose e la gente che seguiva da casa non ha capito molto. Solo leggendo gli articoli di stampa successisi si può comprendere meglio di che si tratta. Ma il consiglio comunale serve appunto a dare conto alla Città di quello che si sta facendo: anche in questo i nuovi amministratori devono rodarsi meglio. L’argomento è stato particolarmente enfatizzato sia dal sindaco che dagli assessori ma si tratta solo di una richiesta di finanziamento su un progetto di massima. Come dire: mi vanto di essere dirigente solo perché partecipo a un concorso per dirigenti. Altro mistero. Infine, dalla discussione successiva sui social è emerso anche un altro aspetto molto importante che dal dibattito consigliare non si era compreso proprio: il terreno destinato alla nuova scuola e al centro polifunzionale pare si fosse ipotizzato, in passato, di destinarlo alla tanto agognata nuova sede che l’istituto di Istruzione Superiore “Oriani-Tandoi” sta attendendo ab immemorabile. E la cosa ha suscitato le reazioni deluse del corpo docente e di tanti alunni ed ex alunni. Un tema così delicato forse meritava un minimo di discussione con la Città anche perché l’Oriani-Tandoi non è una scuola qualsiasi ma la più prestigiosa istituzione scolastica coratina, alla quale tanti di noi sono affezionati. Coinvolgimento della Città sulle scelte di bilancio che l’attuale maggioranza aveva espressamente promesso in campagna elettorale, che comunque è espressamente prevista dall’art. 24 del Regolamento comunale di contabilità (approvato con Delibera del Consiglio Comunale n. 83 del 24.10.2016), che le precedenti amministrazioni di centrodestra avevano sempre in qualche modo realizzato e la cui omissione costituisce probabilmente un ulteriore motivo di illegittimità della delibera di bilancio.

Secondo punto: aumento compenso Revisori. Questo punto è stato illustrato adeguatamente dall’assessore Muggeo. In pratica, ai Revisori, nominati durante la gestione del Commissario, questi aveva riconosciuto un determinato compenso. Una volta insediata la nuova amministrazione, i Revisori hanno chiesto un aumento sostenendone l’inadeguatezza. Le minoranze votano contro, assumendo che l’adeguamento non è obbligatorio e comunque non è questo il momento per prevedere aumenti dei compensi dei pubblici amministratori, attese le difficoltà che sta attraversando la popolazione. La maggioranza, invece, imperterrita, approva. Da quanto esposto nella relazione e dalla discussione successiva, indipendentemente da ogni valutazione di merito, emerge tuttavia una criticità di carattere giuridico. L’assessore Muggeo, dapprima, ha dichiarato che l’aumento non sarebbe obbligatorio mentre, successivamente, ha precisato che, a suo avviso, il compenso attuale violerebbe la legge e, quindi, il suo adeguamento costituirebbe un atto dovuto. Orbene, delle due l’una: 1) se l’attuale compenso è legittimo, non si vede perché debba essere riadeguato, visto che i revisori lo hanno accettato al momento della nomina e, quindi, senza il consenso dell’amministrazione, non possono pretende alcun aumento. 2) Se invece il compenso attuale fosse illegittimo, come ha da ultimo sostenuto l’assessore, ne deriverebbe la necessità di un adeguamento con effetto retroattivo: si doveva procedere all’annullamento della precedente delibera in autotutela e disporre l’aumento del compenso con effetto sin dal momento del conferimento dell’incarico. Se è fondata la prima ipotesi la delibera di fatto adottata comporta un danno erariale, nel secondo sarebbe parzialmente illegittima per violazione di legge. In ogni caso c’è un problema. Altro mistero: BENE ma non benissimo.
Da segnalare, nel corso della discussione, un florilegio di argomentazioni giuridiche fra le quali brilla di luce propria quella portata dal consigliere Colonna che ha inteso fondare il diritto dei revisori all’adeguamento sull’applicazione al loro rapporto di lavoro (lavoro autonomo di tipo professionale) una norma, niente meno che l’art. 36 della Costituzione, notoriamente applicabile solo al lavoro subordinato. E qui i misteri diventano gloriosi.

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