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Duca Valentino: chi era costui?

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Cesare Borgia, il Duca Valentino, era un uomo politico, un condottiero, un nobile, un cardinale del Rinascimento italiano reso famoso dal Machiavelli sia nel Principe sia in altre opere minori (“Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini”). Un ribaldo, un guascone, un avventuriero, uno spietato assassino… Duca Valentino fu tutto questo e molto altro, unendo alla spregiudicatezza una bravura a tutta prova. Se vogliamo il tratto caratteristico di Duca Valentino fu proprio la ricerca della contesa e la capacità al tempo stesso di scampare alle congiure e alle trappole che intorno a lui si ordivano.

Da un personaggio siffatto, sia pur all’interno di questa mediocre trasposizione letteraria, è possibile attendersi solo provocazioni in punta di fioretto?

Da queste pagine nei ventitre scritti precedenti – questo è il ventiquattresimo – l’autore, un modesto lettore delle opere del Segretario fiorentino, ha cercato costantemente lo “scontro” con l’Amministrazione Comunale e i suoi componenti, variando tutti i temi: l’incompetenza, l’incapacità, la povertà di contenuti, il vuoto di idee, le promesse tradite, i patti negati… fino ad agganciare l’oste nemica (così si diceva un tempo) su un terreno ben preciso.
Potremmo dire che laddove non hanno potuto i temi e i toni saccheggiati a piene mani da Manzoni, Verga, Eco, Tomasi di Lampedusa… hanno avuto ragione quattro parole prese in prestito da Vitaliano Brancati e dallo Sciascia di “A ciascuno il suo”: si sono consapevolmente varcati i confini del politically correct nella sua variante protesa alla tutela del genere femminile o, per meglio dire, delle donne impegnate in politica purché esponenti dei Partiti del Centrosinistra.
Il politically correct nelle sue declinazioni è il vero tema di scontro e questo non perché la “scorrettezza” sia un valore, ma in quanto alcuni (non tutti) cominciano ad essere saturi di queste leziosità da cicisbei per cui si deve danzare sulle uova per non offendere la sensibilità ipertrofica di qualcun*. Non credo sia infatti in discussione il rispetto che è dovuto a tutti, alle donne e agli uomini (ribadiamo che alle donne va tutto il nostro incondizionato rispetto), quanto il formalismo smodato che fa assumere alla “scorrettezza” il valore quasi di un atto liberatorio: questa Amministrazione, a mio sommesso avviso, sta abusando del politically correct (gli striscioni “giusti” da appendere alle finestre, i “pensierini giusti” che vengono diffusi via social, l’uso contemporaneo di maschile e femminile, le cose che non si possono dire, quelle che si devono dire e quelle che devono essere dette solo in un determinato modo…). Perché questo accade?
Diciamolo chiaro: l’area conservatrice e liberale nonché la parte moderata e riformista (chiamatela pure come volete voi purché inseriate in essa anche il PD) non hanno compreso molto di quel che sta accadendo in Città. Continuare ad attaccare l’Amministrazione De Benedittis unicamente sulla confusione amministrativa, sulle presunte irregolarità o sugli eventuali interessi del cerchio magico produce ben poco e scivola via. Corrado e i suoi stanno infatti giocando un’altra partita e sono ben disposti a cedere qualche punto sull’efficienza – nella quale ammettono pubblicamente di essere apprendisti – per arrivare ad un obiettivo che è politico: piantare bandierine, prendere posizione e silenziare chi diverge dal pensiero unico, passando così dal politically correct alla cancel culture.
È vero che prima o poi le tante leggerezze amministrative avranno un peso e finiranno sotto la lente della magistratura ordinaria o di quella contabile, ma ci vorrà tempo ed in ogni caso questa è una variabile che non può essere controllata né dalla maggioranza né dall’opposizione, mentre nel frattempo una cinquantina di persone (non di più) occupano posizioni, creano contenitori e fanno movimento.
In una associazione Tizio è Presidente e gli altri 49 sono soci, nel gruppo informale Caio è il delegato e gli altri 49 sono membri, nel circolo Sempronio è il segretario e gli altri 49 sono i sostenitori… si spostano così facendo anche da massa di manovra negli eventi e nelle uscite pubbliche dell’Amministrazione: sono la claque, gli spettatori, i comprimari e qualche volta i protagonisti. Nulla di male in tutto questo: il problema inizia a sorgere quando l’associazione / gruppo / circolo diventa interlocutore unico ed esclusivo del Comune di Corato su un determinato tema.
È un po’ quello che è accaduto in occasione delle ultime celebrazioni per il 25 Aprile, dove la neocostituita sezione locale dell’ANPI – associazione meritoria – non era schierata insieme alle altre associazioni combattentistiche e d’arma tradizionalmente presenti, ma era l’unica ad essere presente, togliendo nei fatti la scena a tutte le altre. Il meccanismo è quindi collaudato ed efficace: si semina il fungo che germoglia e cresce, dapprima timido ed inoffensivo, per poi occupare in breve tempo tutto lo spazio disponibile grazie al concime fornito da Palazzo di Città.
Una volta poi che tutto il volume disponibile sia stato occupato il pensiero unico non ammette obiezioni e neanche domande. Cadono nel vuoto le interrogazioni, si emargina colui che è portatore di dubbi, si lavora ai fianchi, mentre i più giovani vengono avvicinati e gli si fa chiaramente intendere che certe posizioni non sono opportune e possono portare solo a problemi personali e professionali; il caso dei giovanissimi poi meriterà una trattazione a sé. Tutto questo è accaduto e accade a tutti coloro che abbiano cercato e cerchino di porre in discussione la tolleranza intollerante, il dinamismo statico e la democrazia che non ammette dissenso di questa Amministrazione e delle persone che ruotano intorno ad essa.
Hanno tenuto sui ventidue temi precedenti e sono scoppiati al ventitreesimo: hanno un interesse relativo verso l’amministrazione della Città; per i nostri è molto più interessante e forse produttivo tenere botta su alcune questioni di principio per dare prova di esistenza in vita. Non si sottovaluti però il fenomeno: la loro sfera di influenza, alimentata dal sistema di cui abbiamo detto, è in costante espansione e diventa sempre più sensibile, toccando già ora i temi del revisionismo storico, dell’ultra-femminismo e dell’integralismo identitario basato sulla omologazione delle idee: chi è fuori dal cerchio è un fascista e il cerchio lo disegnano con il loro compasso.
Ne dobbiamo ancora parlare, pour épater le bourgeois.

 

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