A cura di Gaetano Bucci
Mettiamo le cose ben in ordine. L’altro pomeriggio col caldo africano che spaccava anche le pietre, si sono palesati a Corato, come i santi Medici, Antonio Decaro e Michele Abbaticchio, rispettivamente Presidente e vice Presidente della Città metropolitana di Bari. Il “miglior sindaco” d’Italia e il suo vice, espressione dell’“Italia dei Comuni”, guidano insieme non una semplice provincia ma un ente, costituito più di cinque anni fa, che dovrebbe lanciare l’area vasta della ex provincia di Bari nella sfida delle città metropolitane europee.
Si tratta di un disegno strategico di lungo termine per il quale non sono più le singole città che competono tra loro nella sfida della modernità ma vaste aree, territori caratterizzati da un polo propulsore accentrato e accentratore ma da una multipolarità, secondo la storia, le vocazioni e le potenzialità dei comuni che ne fanno parte.
Si potrebbe dire che nella moderna città metropolitana, la vecchia città capoluogo di provincia, che è anche capoluogo di regione, si “scioglie e risolve” in tutte quelle più piccole che fino a quel momento le facevano da corona e da satelliti. Da questo punto di vista si potrebbe dire che nelle città metropolitane “le periferie diventano centrali”. Così, parlando concretamente, Corato, che si trova alla estrema periferia nord di Bari, dovrebbe essere importante quanto Bari stessa; tanto che teoricamente, ma anche praticamente, come la legge prevede, certe funzioni potrebbero essere allocate proprio da noi. Non sappiamo se ciò avverrà mai, ma l’idea non sarebbe male.
Rispetto alle vecchie competenze, funzioni e attribuzioni, le città metropolitane rispetto alle province acquisiscono grande valore progettuale. Infatti, esse diventano centri amministrativi in settori strategici come, per esempio, le reti di comunicazione oppure in settori produttivi ad alta tecnologia, oltre che nella gestione delle reti stradali e dei trasporti. Non solo, esse intervengono nel coordinamento degli indirizzi produttivi del territorio, prendendosi soprattutto cura delle strutture scolastiche della formazione superiore anche in prospettiva degli studi universitari o della immediata occupazione.
Fatta questa breve premessa veniamo ai fatti. E i fatti quali sono? Sono quelli che si son visti l’altro ieri quando, appena dopo la controra, si è tagliato, simbolicamente, il nastro di un’opera che non c’è. O meglio, si è “inaugurata” con ritardo la pavimentazione esterna di un edificio comunale, che a rigore neanche doveva rientrare nel bando “Periferie aperte” della Città metropolitana di Bari a cui erano stati assegnati 40 milioni dei 400 destinati all’intero territorio nazionale. Quel bando, a cui Corato aderì quando ancora era sindaco Massimo Mazzilli, prevedeva opere a favore delle periferie che di fatto non sono ancora state realizzate. Esso in particolare prevedeva la riqualificazione degli spazi pubblici prospicienti via Tuscolana e via Aurelia in zona 167 e la bretella di collegamento tra via Gravina e via Prenestina che attende di essere realizzata dai tempi di Mosè.
Comunque sia, l’altro ieri, con tanto di diretta Facebook, Corato ha potuto assistere ad una sorta di rito che si rinnova dall’unità d’Italia in poi, e che riviene da tempi ancora più remoti; un rito che si rinnova da quando i feudatari si presentavano ai loro vassalli e questi, con gran numero di amici e compagni fedeli, tra squilli di trombe e rulli di tamburi, li accoglievano con tanto di feste e cerimonie. In verità, oggi lo stile “politically correct” e l’obbligo del distanziamento sociale hanno reso spartano e quasi surreale quel cerimoniale augurale derivante dal passato. Tra l’altro non sappiamo se a Decaro e ad Abbaticchio siano almeno stati offerti dal nostro sindaco De Benedittis un’acqua di cocco, una gassosa o un bicchier d’acqua semplice.
Il punto però non è questo del cerimoniale o delle foto ricordo, in cui tra l’altro si vede la prossemica del cerchio magico coratino. Il vero punto è quello del ruolo e del rapporto che Corato debba svolgere dentro la Città metropolitana di Bari. Val la pena ricordare che la città di Bari rappresenta solo un quarto dell’intera popolazione della città metropolitana, essendo quest’ultima costituita, caso unico in Italia, per il 75% dalle altre città del territorio. E Corato, insieme a pochi altri comuni, rappresenta una quota significativa non solo di popolazione, ma soprattutto di capacità produttiva diversificata nei settori più qualificanti di tutta l’area vasta metropolitana.
Detto ciò e fatti quattro conti, sul bando “Periferie aperte” forse a Corato sarebbero spettati qualche centinaio di migliaia di euro in più, soldi che la Città metropolitana ha tenuto per sé, pensando come sempre aveva fatto quando Bari era un capoluogo di provincia lontano e intoccabile.
Inoltre, e qui viene il bello, al “caro Decaro” bisognava ricordagli (spero sia stato fatto) un po’ di cose di sua diretta competenza in quanto presidente della Città metropolitana. E cioè:
1 Che la rete scolastica degli istituti superiori di Corato, soprattutto con riferimento all’IISS “Oriani-Tandoi”, è nettamente inferiore per quantità, qualità ed allocazione ai bisogni formativi e di sviluppo non solo di Corato ma di tutta l’area vasta;
2 Che in campo formativo, visti certi sviluppi in settori chiave come l’agro-industriale, la meccanica di precisione, il tecnologico avanzato, la logistica, il commercio e la distribuzione, Corato deve avere, magari col concorso di privati, un nuovo e moderno Istituto Tecnologico Superiore come il “Cuccovillo” di Bari;
3 Che la rete stradale, le reti di comunicazioni e i trasporti, anche colla partecipazione dei privati, devono avere un maggiore impulso, soprattutto lungo la dorsale della ex statale 98, oggi sp 231, perché proprio su quella direttrice si gioca gran parte del futuro industriale e dello sviluppo complessivo della parte Nord della Città metropolitana di Bari e del collegamento di quest’ultima con l’entroterra pugliese e lucano.
Infine, cosa che a questo punto sembra tanto ovvia quanto improbabile che sia stata detta, che gli interlocutori della Città metropolitana non sono solo i rappresentanti politici che in dotazione portano il misero e nudo “obolo della presenza” ma in primis i soggetti pubblici e privati di quegli ambiti, competenze e funzioni della Città metropolitana, i quali più di altri conoscono le problematiche e le possibili soluzioni.
Non sappiamo come siano andate veramente le cose, anche perché la stampa è sempre più avara di dettagli. In ogni caso speriamo di non assistere in futuro a certe processioni laiche, tanto corrette politicamente quanto inconcludenti operativamente.
Se così sarà Corato avrà modo di essere presente con più concretezza e a vantaggio di tutti nel nuovo ente Città metropolitana di Bari, che – ripetiamolo ancora una volta – non può continuare ad essere, sotto mentite spoglie, quel vecchio e inutile “carrozzone provinciale” che dal territorio prendeva molto di più di quel che dava.
Per finire, oggi neanche si dovrebbe dire che Corato è “nella” Città metropolitana di Bari ma che Corato è Città metropolitana. E che, per questo, Decaro è anche sindaco di Corato, senza nulla togliere, ovviamente, al nostro caro Corrado De Benedittis.
Anzi, per certi versi, Decaro e De Benedittis… pari sono.