L’incontro tenuto ieri sera dal sindaco uscente Pasquale D’Introno, davanti a una piazza super affollata, è stato indubbiamente la risposta a Direzione Italia che durante la conferenza stampa di qualche giorno dichiarava di aver conosciuto tre facce dell’ex primo cittadino: quella durante le primarie, quella durante la campagna elettorale e quella post elezione che lo vedeva sindaco eletto, accusandolo di tradimento.
Si presenta sul palco con quella che era la sua giunta e i due consiglieri che gli sono rimasti fedeli, non ci sta ad essere definito traditore perché non ha tradito nessun patto, “patti che tra l’altro non c’erano, se non forse in qualche stanza, in qualche cassetto e non tirato fuori, forse ad arte, ma tirato fuori al 90esimo’ per far sì che il sindaco potesse non riflettere e andare avanti”, “in consiglio è stata fatta un’azione che ha contrastato la volontà del popolo”.
Un fiume in piena il D’Introno su un modus operandi del cdx che aveva già dei precedenti e che noi avevamo anticipato l’11 aprile in un nostro articolo sull’epilogo di questa vicenda: (http://www.ilquartopotere.it/news/politica/sindaco-a-corato-chi-sara-il-prossimo-agnello-da-sacrificare/)
Un excursus quello raccontato ieri sera sul palco che aveva tutto il sapore della cronaca di una morte annunciata. Parte da febbraio quando fu invitato dal “sig. Luigi Perrone” a candidarsi a seguito di un sondaggio commissionato che non vedendo favorevole i nomi nelle figure veterane di Pomodoro, Diaferia, Salerno e Bucci e che dava in pole position Corrado De Benedittis, doveva individuare una figura proveniente dalla società civile che desse una ventata di cambiamento.
In sintesi il cdx non aveva un candidato che avesse appeal nell’opinione pubblica ma la sua persona non condivisa da tutta la coalizione necessitò l’avvio delle primarie che lo vide spuntare su Luigi Menduni della Lega.
Sin da subito quel matrimonio destò perplessità (http://www.ilquartopotere.it/news/politica/perrone-vs-dintrono-un-amore-mai-sbocciato-dopo-le-dimissioni-del-sindaco-fumata-nera-anche-per-il-presidente-del-consiglio/) e già si avvertiva nell’aria che quella scelta fu fatta più per ripiego che per convinzione e i fatti purtroppo hanno dato ragione a discapito della città.
D’Introno avvelenato come non mai dichiara di essere stato lasciato solo all’indomani di quel risultato. Ne ha per molti, parla di inciuci, di oppressioni, di manipolazioni e quello che viene tracciato sul palco è la denuncia di continue lotte interne a partire dalla composizione della giunta; voleva solo nomi di fiducia, che non prevedessero figure provenienti dalle precedenti amministrazioni ma più di quaranta giorni non erano stati sufficienti per raggiungere un accordo e fu sul nome di Lorena Mangione che maturò le sue dimissioni.
Una decisione rafforzata la mattina del consiglio da un atteggiamento incoerente del segretario generale a cui aveva chiesto telefonicamente durante una riunione, di escludere il punto dalla discussione del primo consiglio, visto che la giunta nonostante innumerevoli riunioni non aveva trovato una quadra e per cui riceveva l’assenso la sera, che mutò in dissenso all’indomani.
È costretto a lavorare nella più totale diffidenza, D’Introno avverte che intorno a sé si sta facendo terreno bruciato “vedevo sfilare la pietra dal pariete un po’ per volta affinché il pariete cadesse” e gli innumerevoli consigli comunali sono ormai storia.
È sull’elevato debito verso l’A.SI.PU. che viene sollevato un grosso dubbio così come sul 1.800.000 euro di lavori eseguiti senza un responsabile unico del procedimento; una spesa al buio, lascia intendere D’Introno, che bisognava pagare senza che nessuno sapesse se e come erano stati realizzati.
Un quadro di uomini non liberi, questo è il dipinto, e salta sempre fuori quel V.le Cadorna dove rendicontare è d’obbligo ma non è solo sugli uomini della sua maggioranza che nutre dubbi ce n’è anche per Corrado De Benedittis che accusa di essere pilotato e che i latinismi non interessano al cittadino medio addirittura parla di inciucio alla luce degli 800 voti disgiunti, all’indomani dell’elezione del 26 maggio, di Direzione Italia andati a suo favore.
E poi sulle firme depositate il 5 settembre, valse la sua caduta, le sue ulteriori perplessità: “Poteva il notaio Francesco Capozza dalle 12 e qualche minuto alle 14 fare l’atto o stavano già depositate le firme o stava tutto preparato? La preoccupazione di Direzione Italia era di non farmi arrivare al 7 settembre, perché avendo revocato il segretario generale, ne volevo uno di fiducia, si doveva salvarlo da quella revoca”.
“Non intendevo essere burattino di nessuno, afferma, ho visto tante pecore, c’è solo da vergognarsi, solo interesse per le poltrone e non per il bene della città intendo costruire barriere contro l’oppressione”
Nessun riferimento alla Lega, nessun nome di chi avrebbe fatto parte della giunta, mentre dai social sembra avviarsi a prove tecniche per la prossima campagna elettorale tanto da non passare inosservate a Gino Perrone che commenta “….troppo presto per la campagna elettorale…” un consiglio da buon padre di famiglia o altro?
Non ci sono vincitori in questa terribile avventura, almeno al momento, quello che si intravede è, in ogni caso, un solco profondo tracciato nel cdx.
Troppo presto per fare previsioni anche se si avverte già un certo fermento ma non si può più sbagliare; ricordiamo che i cittadini nella scorsa e quanto mai vicina tornata elettorale un segnale di cambiamento l’avevano dato ma i loro voti si erano dispersi tra i nove candidati sindaco, evitate di ripetere!