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Corrado il conquistatore 

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La poliorcetica, ovvero lo studio della tecnica da impiegare per conquistare una città fortificata, era parte del bagaglio di tutti gli uomini indirizzati alla vita politica e militare almeno fino all’inizio dell’età moderna: Corrado, distinto cultore delle lettere, ha nel suo bagaglio culturale anche queste conoscenze.

Con la nostra Città Corrado ha avuto gioco facile, le torri che un tempo difendevano Corato son rimaste unicamente nello stemma e il solo esemplare esistente è tutt’altro che tetragono e svettante. I coratini nel corso dell’800 hanno demolito castello, archi, e porte, hanno inglobato le mura negli edifici e hanno dato mandato di completare l’opera ai crolli avvenuti nel 1922 in conseguenza di fenomeni naturali.
Corato è una Città facile da conquistare, difficile da mantenere. I Coratini, infatti, sono persone di indole scaltra, amanti dei traffici e degli scambi al punto da aver ottenuto – da secoli – una sorta di primazia nel commercio dei prodotti agricoli e nella loro trasformazione. A tutt’oggi, ad esempio, nel dialetto foggiano “quaratino” è sinonimo di salumiere o pizzicagnolo: i nostri maggiori ebbero la capacità di imporsi nel commercio e nella lavorazione dei “frutti di mandra”, formaggi in particolar modo, e fecero fortuna a Foggia che era la “capitale” della transumanza e la città in cui si svolgevano le principali fiere (si veda ad esempio https://manganofoggia.it/i-quaratini-e-sant-misrill/)
Lo stemma di Corato oltre a recare traccia delle torri perdute ha in sé un motto che è tutto un programma: “Cor sine labe doli – Cuore senza macchia di inganno” che stando alla tradizione fu assegnato alla Città per la sua fedeltà ad un altro Corrado: si trattò allora di Corrado di Svevia. Noi in realtà, più che un attestato di fedeltà ad un imperatore sconfitto, vediamo nel motto – note le caratteristiche dei “quaratini” – il concetto di fides che è alla base del commercio: sembra quasi che la premiata ditta voglia garantire agli avventori che i suoi prodotti sono di qualità e genuini. Uno slogan commerciale o una promessa di fedeltà? Se abbiniamo il motto poi ad un adagio popolare – “non fare società a Corato” – il “cuore senza ombra di macchia” sembrerebbe quasi una “excusatio non petita” (una scusa non richiesta) rivelatrice semmai del suo contrario ovvero della facilità con cui a Corato si può passare dagli altari alla polvere o, in maniere più prosaica, si può ricevere la fregatura.
In sintesi, il carattere della Città è tutto nel suo stemma: nelle torri buttate giù in fretta e furia ma evocate come simbolo di costanza e fortezza e in un motto che parla di una qualità ma sembra alludere al suo contrario.
Corrado è entrato facilmente in quella che era la cerchia delle mura, ma ora deve lottare per mantenere il trono e – soprattutto – si deve impegnare per averne la riconferma fra meno di ventiquattro mesi. Tra i tanti padri filosofici, politici e spirituali di Corrado figura sicuramente – anche se il Sindaco non lo ha ancora citato – Albrecht von Wallenstein, comandante delle truppe alemanne che portarono la peste in Milano, secondo il quale è “più facile mantenere un esercito di centomila uomini, che uno di dodicimila”. Corrado quindi si sta impegnando per allargare la sua base elettorale in un vorticoso giro di incontri, colloqui, dialoghi in cui declama auspicando mirabili intese e dà ad intendere che la sua rielezione è cosa fatta: in futuro ci sarà spazio per tutti e a ciascuno verrà dato il suo.
Corrado al momento affonda come una lama nel burro, convince, conquista e affascina gli interlocutori che soppesano i fichi secchi che hanno nella mano destra con la promessa di latte e miele elargiti dalla mano sinistra: che fare? In molti abbozzano, nicchiano, sfregolano ma alla fine sembrano incendiarsi e ardere di passione per il nuovo corso e per il suo fulgido interprete.
Siamo oggi al punto in cui le file del Centrodestra si sono di molto assottigliate mentre i vari colonnelli in alta uniforme, carichi di pennacchi e di gale, si contendono il bastone del comando pur sapendo di essere destinati a rendere gli onori ad un Corrado in soprabito grigio, così come accadde ai generali austriaci sconfitti da Napoleone ad Ulma.
Non c’è partita in assenza di un pensiero alternativo alla narrazione di Corrado e di un interprete che possa dare sesto ad una visione differente e più affine spirito imprenditoriale che ha animato e anima la Città: il Sindaco, avviatosi in modo incerto, si rafforza giorno dopo giorno ed ha oggi come principale preoccupazione quella di guardarsi le spalle all’interno della sua cerchia (fra i paladini – come sempre – un Gano di Maganza non manca mai).
Il carattere dei Coratini è però mutevole e quel poco che rimane della Città vecchia è un labirinto – facile è entrarvi, difficile è orientarsi: non abbiamo perso del tutto la speranza che dal mare agitato dell’imprenditoria locale possa sorgere un degno antagonista.

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