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Corrado e la zita di Ceglie

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Un modo di dire tipicamente barese ricorda nella “zita di Ceglie” – di Ceglie del Campo – la vicenda di una ragazza innamorata di un giovane bellissimo il quale però, dopo averla illusa, non si presentò all’altare, lasciandola vestita a festa e sconsolata. Dire pertanto “Mi ha lasciato come la zita di Ceglie” significa aver riposto tante speranze e aver fatto tanti preparativi in vista di un evento senza che questo poi si verifichi.
Da questo punto di vista, per noi coratini Vito Bovino si pone sullo stesso livello archetipico della “zita di Ceglie” in quanto quel che è accaduto a lui e al suo movimento dopo il ballottaggio del 2020 – con il completo tradimento delle premesse e delle promesse da parte dell’attuale Sindaco – è un fatto che va al di là del livello personale e riguarda la collettività: in molti siamo stati lasciati come la zita di Ceglie da Corrado De Benedittis, non solo Vito Bovino.
In primis, se di tradimento dobbiamo parlare, sono stati traditi i presupposti e i contenuti del programma elettorale che tante speranze aveva suscitato. Trasparenza, partecipazione, ascolto… è tutto naufragato in un agire quotidiano che oscilla tra l’improvvisazione e la continua volontà di buttare la palla in calcio d’angolo (“è colpa di quelli che c’erano prima”) per sfuggire ad ogni assunzione di responsabilità. Sono stati traditi alleati, o gruppi a cui era stato fatto credere di aver stretto un patto di alleanza, sostenitori, elettori, simpatizzanti… e di questo si è già lungamente parlato. Sono state ghettizzate e sottoposte a mobbing le voci critiche che si sono levate all’interno della maggioranza – anche tra i Consiglieri Comunali – ed anche di questo si è già detto molto.
Un tradimento, però, a nostro avviso sembra essere il più grave di tutti, un tradimento del quale si è parlato poco: il tradimento dei giovani e delle loro speranze. Corrado, infatti, anche grazie ad una campagna elettorale azzeccata, era stato ampiamente sostenuto dal voto giovanile, intercettandone la volontà di cambiamento e di protagonismo. In realtà poi in fase di governo il protagonismo è scemato – si è giunti anzi più volte ai ferri corti con le organizzazioni giovanili – così come è scemata l’effettiva capacità di cambiamento di questa Amministrazione che ha preferito ripiegare su schemi consolidati e in alcuni casi peggiori di quelli che voleva far dimenticare. Va anche detto che riconosciamo a molti degli attuali Amministratori una certa dose di buona fede: sono tutti espressione di un gruppo ristretto di interessi, professionalità, appartenenze e sono privi del confronto quotidiano con interi pezzi della società. Non colgono le esigenze di cui sono portatori alcuni gruppi mentre enfatizzano quelli che sono i desiderata di altri, costruendo così proposte e programma divisivi per i quali ricevano lodi dai fedelissimi e critiche dai non allineati o dagli osservatori neutrali.
In definitiva l’immagine di quella che doveva essere la casa dei giovani, della cultura, della partecipazione (l’ex cinema Elia) trasformata poi in esercizio commerciale è l’emblema di quel che è accaduto in danno soprattutto dei giovani, ma in realtà il tradimento vero è ancora più profondo.
E’ stato tradito infatti il ruolo dell’educatore ed è stata violata la funzione della Scuola in quanto Istituzione. Raccogliamo infatti le lamentele di ragazzi, genitori, altri docenti e dirigenti scolastici: nelle scuole i tanti insegnanti che hanno ingrossato le fila della coalizione di De Benedittis hanno fatto propaganda, arrivando anche al proselitismo e all’organizzazione della campagna elettorale con tanto di “spartizione di santini” e materiale pubblicitario. A tutti i docenti è riconosciuto il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e di presentare il proprio punto di vista su fatti ed avvenimenti, altra cosa però sono l’indottrinamento e il volgere la propria funzione in strumento per alimentare il consenso su partiti e movimenti in cui sono essi stessi i candidati. Il confine c’è e a noi appare evidente: la libertà di insegnamento è un valore, dire ai ragazzi e ai loro genitori all’interno della Scuola “vota Tizio perché farà cose buone” oppure “ecco i biglietti da distribuire in famiglia” o anche “se vincono quelli accadrà come ai tempi di…” non appartiene all’insegnamento e non è concesso a nessun dipendente pubblico nell’esercizio delle sue funzioni e sul luogo di lavoro.
Perché ne parliamo ora? Perché questa Consigliatura è entrata nella sua seconda fase e a breve si inizieranno a scaldare i motori per la nuova tornata elettorale: è evidente che comportamenti come quelli citati – se hanno colto un po’ tutti di sorpresa e sono passati sotto traccia nel 2020 – d’ora innanzi non potranno essere più tollerati soprattutto da coloro che allora hanno abbozzato e che oggi hanno il polso di come sono andate effettivamente le cose.
Le zite di Ceglie di questa Amministrazione sono troppe e qualcuno dovrebbe ricordare che non siamo a Bari ma a Corato. La nostra tradizione infatti non ricorda nessuna zita di Ceglie, ma semmai “monachella”, una ragazza che in occasione di un Carnevale di tanti anni fa si travestì da suora e accoltellò colui che l’aveva sedotta e che era restio ad assumere impegni.

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