Camminavo per caso lungo via Roma quando sono stato assalito all’improvviso da una spiacevole sensazione. Via Roma con i suoi negozi era nei miei ricordi il luogo centrale della città, presa d’assalto quasi – ricordo le file per accedere agli esercizi commerciali allora presenti – durante le feste natalizie o anche in occasione di San Valentino quando (forse non si usa più?) i fidanzatini si scambiavano dei piccoli regali. E’ tutto deserto se si esclude la presenza di un rivenditore automatico di bibite e caffè, unica vestigia di quella che era una fiorente zona commerciale. Forse è la memoria che mi inganna e può essere che io tenda ad abbellire ricordi legati a quaranta e più anni fa, succede a tutti.
Ho proseguito nel mio percorso abbastanza rattristato e, svoltando per corso Mazzini, sono arrivato nei pressi del Palazzo di Città dove ho rivolto il mio commosso e deferente pensiero alle tante bandiere presenti – una per ogni finestra o balcone – a significare le tante cause nobili per cui i nostri Amministratori e il Sindaco in testa diuturnamente si battono. Mi sono incamminato poi per via Di Vittorio, una strada di lunghezza pari a 280 metri che congiunge Piazza Cesare Battisti con l’estramurale.
Via Di Vittorio è un’arteria principale su cui insistono – da ambo i lati – palazzi di diverso pregio a due o più piani caratterizzati dall’avere a piano terra dei locali utilizzati per fini commerciali o artigianali: negozi, rivendite, agenzie ma anche saloni da barbiere.
In soli 280 metri, percorrendo per intero la via, ho contato numerose porte e serrande chiuse ormai da anni e ben quattordici fittasi / vendesi riferiti ad altrettanti locali commerciali che, alcuni casi, si susseguono l’uno all’altro: anche via Di Vittorio sta morendo.
Dietro ogni porta chiusa che conserva ancora i segni e i ricordi dell’attività che prima l’occupava ci sono i sogni e i risparmi di una famiglia andati in fumo in un percorso che probabilmente ha condotto l’ex titolare all’emarginazione o all’emigrazione. Posso però comprendere che in una maggioranza di governo di Sinistra o di Sinistra estrema composta per la totalità da lavoratori dipendenti e da alcuni liberi professionisti questa considerazione faccia pochissima presa: gli imprenditori possono pure morire e del resto si sa che in certi ambienti colui che ha partita IVA è considerato un poco di buono e – se ha anche dei dipendenti – è sicuramente un malfattore e un approfittatore.
Il discorso lacrimoso sulla fine degli esercizi di vicinato mettiamolo pure da parte, concentriamoci però su un tema a cui sicuramente i nostri Amministratori tengono di più: la fine delle rendite e l’impoverimento del ceto medio. Per ogni imprenditore che tirava la carretta in uno di quei locali, c’era il proprietario dell’immobile – più o meno benestante e magari impiegato in un dignitoso ufficio pubblico – che percepiva un discreto affitto: ora l’immobile da essere una fonte di rendita per tutta la famiglia si è trasformato in un puro costo che, in un mercato in forte calo, può essere solo svenduto ribassando il suo valore.
De Caro a Bari dice: “Un negozio non è solo un negozio”, facendo comprendere che ogni saracinesca che si chiude è un impoverimento della comunità, casse comunali comprese, ma c’è anche dell’altro. Ogni vetrina che si spegne apre la porta al degrado e alla diminuzione della sicurezza reale e percepita: la strada diventa buia e poco frequentata in una spirale che la declassa sempre di più dal punto di vista commerciale e abitativo. Un’Amministrazione attenta dovrebbe favorire il commercio di vicinato piuttosto che rifilargli una stangata con la tassa rifiuti (in aumento di oltre il 30% rispetto al 2021) o convocare i ristoratori a fine luglio in vista dell’arrivo dei “forestieri” ad agosto come abbiamo appreso qualche giorno fa attraverso un comunicato di Palazzo di Città.
La genesi della crisi degli esercizi di vicinato è lunga e complessa, ma di certo ora il malato mostra i sintomi evidenti della sua sofferenza anche a Corato: questa Amministrazione che fa? Quali programmi ha attivato e che cosa intende proporre? Sì, lo sappiamo, sicuramente il Sindaco ha in serbo qualche slogan e qualche frase ad effetto, ma noi in realtà siamo affezionati ai progetti e ai programmi: inquadramento del problema, obiettivi, azioni, risultati e strumenti di controllo. Progetti e programmi!
Non è detto che tutti sappiano fare tutto e non è affatto scontato che chi sa coniare frasi ad effetto poi sappia anche stilare progetti e programmi, quel che stupisce però è che questa Amministrazione non chieda aiuto a nessuno, non coinvolga le categorie produttive, schivi (con la “-v”, non con la “-f”) le Consulte e in particolare la Consulta per lo Sviluppo Economico: lo stupore è collegato proprio alle promesse elettorali di Corrado De Benedittis. Altro che partecipazione e coinvolgimento, sembra di assistere piuttosto ad una farsa della commedia dell’arte dove il Dottor Balanzone tiene banco (e il malato muore).