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Corrado e il circolo vizioso

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Negli ambienti della CAP, il movimento politico e culturale che ha sostenuto e sostiene Corrado Sindaco, si sente molto parlare di pace, una parola che viene evocata spesso e per la quale – in assenza di strategie precise – si spendono molte parole invocando rimedi e azioni che nulla hanno di pratico e molto di ideologico.

In alcuni ambienti però e probabilmente anche nella CAP il concetto di pace non è un’idea terra – terra al livello della gente comune, ma una nebulosa in cui si fondono il substrato latino che deriva dagli studi fatti con l’albagia di chi discende o presume di discendere dalla costola di Adamo ovvero da quella aristocrazia terriera che ha rappresentato la prima parte nel nostro Comune nei decenni passati e ancora oggi – mutate le vesti e in apparenza le idee – vuole tenere il mestolo in mano.
Ricostruendo dall’esterno e osservando quel che accade, potremmo dire che la visione della realtà locale nell’esponente medio della CAP presupponga l’esistenza di tre cerchi concentrici a rappresentare la società. Il nucleo interno è quello degli adepti e degli eletti – pari tra loro – arroccati intorno a Corrado. Il cerchio intermedio è quello dei portatori di idee differenti rispetto al verbo della CAP i quali, interagendo nell’agone politico, sono considerati indistintamente “opposizione” anche se hanno fornito un contributo decisivo al successo della coalizione. Il terzo cerchio infine è quello della gente comune che, poco o per nulla interessata alle vicende politiche, avanza istanze affinché siano risolti piccoli e grandi problemi di interesse personale o collettivo.
Lo sforzo della CAP e di Corrado in termini di comunicazione sta tutto nel tentativo di saltare a piè pari il cerchio intermedio, portatore di oziosi ed astratti problemi quali ad esempio il rispetto di procedure e regolamenti, per arrivare ad interagire direttamente ed esclusivamente con la gente comune in una visione che vorrebbe fare di Corrado il nuovo Prometeo. In quest’ottica, cosa è la pace di cui tanto si parla? La pace è nel dono di sé che questa Amministrazione farebbe alla Città o meglio a quella parte della Città che apprezza e mostra gratitudine. Corrado è dalla parte dei deboli se compiono atti vandalici contro la cosa comune ma non certo se agiscono contro la sua proprietà, è dalla parte dei resistenti ma non è certo con coloro che fanno resistenza al suo governo, è dalla parte degli oppressi purché essi non si sentano oppressi dall’attuale Amministrazione.
Per farla breve, Corrado e i suoi sostenitori somigliano molto a quei nobili dei tempi andati – l’albagia di cui abbiamo detto prima – che avevano tanta degnazione da servire a tavola coloro che erano di diversa condizione ma non abbastanza da mangiare con loro. La gente comune – che sciocca non è – pensa ai casi propri, fiuta la situazione, abbozza e ringrazia se riesce ad ottenere quanto chiede, ma intanto prende nota e si dispone all’attesa della prossima competizione elettorale.
Se dunque rispetto alla cittadinanza nel senso più ampio del termine la pace della CAP presuppone l’accettazione del dono rappresentato dal corpo mistico dell’Amministrazione, ben diverso è l’atteggiamento verso i componenti di quello che abbiamo chiamato cerchio intermedio nel quale poniamo gli oppositori politici, gli “alleati eretici” tra i quali alcuni esponenti del PD, noi stessi e alcuni dei nostri pochi lettori.
Anche in questo caso la pace che la CAP vorrebbe determinare è molto particolare e somiglia alla pax romana (il retaggio latino di cui parlavamo) ovvero ad una pace imposta ai vinti e a coloro che non sono più in condizione di nuocere. La cifra di questa Amministrazione e della CAP che la sostiene sta infatti tutta nella divisione fra giusti e sbagliati, fra buoni e cattivi, fra sommersi e salvati in un agire però basato sull’astuzia e sulla scaltrezza. In sostanza, ferma restando la divisione fra giusti e cattivi che dalle parti della CAP è sempre molto chiara, i voti di tutti – anche dei cattivi – servono per far trionfare una causa quando questa è buona. Nessuna remora e nessun condizionamento morale quindi nello stringere alleanze con tutti in campagna elettorale facendo intravedere mirabili intese per l’avvenire, salvo poi chiudere il sacco a vittoria ottenuta e a decretare solo allora chi è dentro e chi è fuori. La vicenda di Vito Bovino e del suo gruppo – sostenitori indispensabili in campagna elettorale e all’opposizione ora – è tutta in queste poche righe. Più sottile ancora la storia di Attilio Di Girolamo, già segretario del PD, battuto per un voto all’ultimo congresso cittadino da una cordata di fedelissimi di Corrado in un modo che ha suscitato aperti reclami e non poche doglianze.
Così è la vita. Oggi è il momento degli auguri di pace da parte di coloro che, come mai in passato, hanno diviso la Città fomentando liti e discordie fra i loro stessi sostenitori. Gli auguri sono ricambiati da parte nostra, ben sapendo in ogni caso che il circolo vizioso della CAP– il sorriso in viso e il coltello in mano ad ogni buon conto – non avrà termine per ora ma continuerà ancora un poco.

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