Home Politica Corrado e i rivoluzionari da tre soldi

Corrado e i rivoluzionari da tre soldi

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Ogni rivoluzione ha bisogno di eroi e il “carissimo Bruno”, il giovane attivista che ha imbrattato una fontana storica a Roma, è il nuovo Balilla della rivoluzione gentile di Corrado De Benedittis.

Le gesta del giovane che – “fiero l’occhio, svelto il passo” – ha sporcato con carbone la fontana della Barcaccia in Piazza di Spagna sono state eternate in un post pubblicato sui social dal Sindaco, per cui ora l’intrepido Bruno “sta gigante nella storia” (le parole tra virgolette sono tratte da “Fischia il sasso”, l’inno dei balilla che forse in pochi – oltre a Corrado – ricordiamo ancora a memoria). Il Sindaco con il suo intervento ha diviso nuovamente l’opinione pubblica cittadina (e la sua stessa coalizione) fra i sostenitori del nobile gesto e coloro che hanno condannato l’atto vandalico: siamo alle solite potremmo dire e anche in questa vicenda è opportuno fare qualche modesta riflessione.
L’obiettivo del gesto è stato puramente dimostrativo come ha riferito lo stesso autore alla stampa oltre che necessario per sollevare clamore mediatico riguardo ai temi dell’emergenza ambientale e dello sfruttamento delle risorse da parte delle grandi imprese capitalistiche. Certamente – osserviamo noi – l’imbrattamento della fontana ha fatto il giro del mondo, è stato ripreso dai media e, soprattutto, ha generato migliaia di condivisioni sui social e prodotto miliardi di reazioni da parte di commentatori che hanno deprecato o giustificato il gesto.
Precisiamo subito: apparteniamo ad un’altra scuola, quella antecedente all’avvento dei radical chic. A noi avevano insegnato tanto anni fa che ogni media si compone di almeno tre aspetti: la notizia o il contenuto, la produzione dell’oggetto su cui viene veicolato il contenuto, la distribuzione. In quei tempi, in ossequio al principio marxiano secondo il quale l’indipendenza passa attraverso il possesso dei mezzi di produzione, trascorrevamo ore ad incidere i fogli cerati del ciclostile per produrre e distribuire le copie del giornalino scolastico. Altri tempi cui è seguita la progressiva svalutazione del lavoro manuale e del “saper fare” a vantaggio di non meglio specificate pseudopedagogie molto confuse, puramente ideologiche e costruite senza alcuna base fattuale.
Il risultato di tutto questo è che oggi il povero Bruno combatte il capitale e gli extraprofitti delle grandi imprese che hanno poi prodotto la crisi ambientale e l’iniqua ripartizione delle ricchezza lavorando per loro e facendo il gioco delle aziende monopolistiche che governano il mondo Internet (Google, Facebook,…) senza neanche rendersene conto.
Quello che Mark Zuckerberg si augura infatti è che tanti Bruno creino sui social, direttamente o indirettamente, quello che dalle parti di Mountain View o Menlo Park si chiama “engagement”, ovvero il processo che si innesca quando un contenuto diventa virale, aumentando di conseguenza il peso e quindi i profitti delle piattaforme. Ritornando al vecchio ciclostile, al povero Bruno è rimasta unicamente la notizia, ma i mezzi di produzione (la piattaforma) e la distribuzione dei contenuti sono saldamente nelle mani dei suoi nemici giurati che lucrano sulle sue gesta impavide. In sostanza, il nostro Bruno fa un lavoro gratis per la controparte (creare contenuti virali) per il quale più d’uno sarebbe disposto a pagare e in aggiunta si becca pure una denuncia per la deturpazione prodotta: bello, savio ed utile mestiere!
A questo si aggiunga un’ulteriore considerazione: ma quanto pesano in termini di “carbon foot print” (impronta ecologica) le gesta di Bruno? Dagli studi fatti in tema di “digital clean up” sappiamo che l’invio di una email con un allegato “pesante” produce la stessa emissione di anidride carbonica che si ha per la produzione di un sacchetto in plastica. Ora immaginiamo su scala mondiale la visualizzazione di una notizia che produce miliardi di interazioni tutte virtuali e per le quali lavorano potenti server, milioni di computer e miliardi di dispositivi mobili: quanta anidride carbonica viene prodotta in un processo del genere? Lasciamo pure da parte la considerazione che tutti i dispositivi mobili sono realizzati utilizzando materiali come il cobalto e le terre rare il cui processo estrattivo è la chiara esemplificazione delle distorsioni presenti tra Nord e Sud del mondo e poniamoci una domanda di tipo più generale: si può concepire una rivoluzione senza avere un’idea alternativa a quella dominante e in aggiunta facendo arricchire coloro che si vorrebbero combattere e nei fatti aggravando il problema che si intende arginare?
La filosofia – a saperla usare – dovrebbe offrire questo genere di risposte, dando a ciascuno di noi la consapevolezza necessaria per distinguere un guerrigliero da un criceto che fa girare la ruota. La filosofia, però, con l’avvento di Corrado De Benedittis è divenuta materia molto discussa e assai poco praticata, riducendosi ad ornamento ed orpello da cui trarre le frasi fatte e preconfezionate per giustificare l’ingiustificabile e – se necessario – fare entrare il cinque dentro il tre regalando abbracci a tutti.

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