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Corrado De Benedittis: “L’eletto”

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Forse non è sbagliato dedicare qualche minuto di tempo per analizzare i comportamenti del Primo Cittadino, inferendo gli schemi mentali che ne sono la matrice, se da questi comportamenti discendono decisioni e situazioni che influiscono sulla collettività. Proviamoci.

Corrado De Benedittis è stato eletto. Questa frase per tutti noi ha un significato; l’elezione di una persona può essere intesa come la sintesi di un agire collettivo che ha visto la maggioranza degli elettori porre deliberatamente la croce su un nome in occasione della competizione elettorale. L’elezione è quindi l’effetto di una scelta individuale compiuta in libertà da migliaia di individui che hanno dato credito a ciò che un candidato ha rappresentato, sostenuto e proposto in campagna elettorale. In questa lettura attraverso il voto si viene a stabilire un rapporto paritario tra eletto ed elettore, rapporto basato sulla fides, che viene sottoposto a successiva verifica nella conseguente fase di governo.
Se questa è dunque la lettura piana, può essere che per il Sindaco e i suoi seguaci di stretta osservanza la visione non sia esattamente questa.
Per costoro, infatti, Corrado De Benedittis è l’eletto. L’elezione di Corrado a Sindaco potrebbe essere intesa come la muta presa d’atto da parte della maggioranza degli elettori di un quid la cui essenza e origine sono difficili da spiegare ma che in ogni caso sarebbero innati e propri del candidato. Spesso durante i comizi De Benedittis si è abbandonato a visioni profetiche o mistiche, parlando con certezza del suo avvento nei termini di “Arriva il mattino”, il sole sfolgorante che spazza le tenebre e i lemuri che le abitano. Azzardando, spesso Corrado ha dato l’impressione di guardare alla sua elezione come ad un raggio di luce che squarcia le tenebre per volontà di un essere superiore che avrebbe posto il suo sguardo su Corato. In quest’ottica gli elettori non sarebbero altro che materia mossa dalla causa prima che ha determinato il successo elettorale: Corrado è l’eletto nel senso che egli è il medium tra passato e futuro, tra la materia e la sua trasfigurazione, tra l’agire terrestre e il libero pensiero iperuranio.
Nessun rapporto di fides viene ad instaurarsi in questo caso tra l’eletto e l’elettore in quanto a difettare è proprio il presupposto della parità: chi ha votato per Corrado in quel momento è stato mosso da una forza superiore o ha riconosciuto, in una sorta di resa incondizionata, la fatalità della sua elezione. Il Sindaco pertanto non è vincolato in alcun modo al dibattito e al confronto e – come sembra a tutti evidente – non comprende neanche i motivi dei distinguo e delle frizioni che adesso le sue scelte alimentano, quasi che il fato che lo ha sostenuto nel 2020 ora abbia girato la testa dall’altra parte.
Se così fosse, avremmo spiegato il benservito dato a Vito Bovino e alla Nuova Umanità, la marginalizzazione del PD, la esclusione da ogni possibilità di dialogo e confronto di tutti quei gruppi e movimenti che – pur diversi per estrazione politica – avevano dato credito a Corrado De Benedittis.
C’è di più: la consapevolezza in Corrado De Benedittis di una (presunta) superiorità di origine non identificata genera la difficoltà ad accettare i rapporti di parità. Corrado è affabile, è gentile, sembra prestare ascolto ma l’interlocutore intuisce che egli è altrove e che in quel momento sta ricercando una via di fuga per evitare di prendere impegni: non dice mai di no – è vero – ma a pelle si avverte chiaramente che non si potrà contare sul suo apporto. Corrado somiglia per alcuni versi a quei nobili del XVII secolo che avevano tanta degnazione da servire a tavola i poveri ed i derelitti ma non accettavano l’idea di mangiare con loro. L’uso che egli stesso fa delle parole e delle citazioni che produce a getto continuo suggerisce l’idea della cortina fumogena: prende tempo, dice e non dice, arricchisce la pietanza di spezie per nasconderne la scarsa qualità e per fare in modo che l’interlocutore senta l’odore del cibo e lo pregusti e quindi, abbindolato dall’idea di darsi una buona satolla, non si accorga che invece stringe in mano qualche nocciolo di albicocca, unico lascito della conversazione.
La ricerca continua di una via di fuga dove può condurre? Alla solitudine e al dialogo con se stessi – nobile occupazione – oppure alla ricerca della quiete e della omogeneità di vedute che si possono trovare all’interno di un gruppo di persone con cui ci si conosce fin dall’infanzia, con cui si sono condivise tante esperienze e che per tradizione familiare e per i legami che il tempo instaura comprendono Corrado e dallo stesso sono comprese. All’interno di questo gruppo ristretto il Sindaco ha distillato il suo “cerchio magico”, la compagine dei fedelissimi consiglieri cui egli presta la massima attenzione e verso i quali si sente legato come un cavaliere errante ai suoi fidi scudieri.
Il “cerchio magico”, consorteria non ufficiale citata anche in occasione dell’ultimo Consiglio Comunale da un Consigliere di opposizione, è la coorte pretoria di Corrado composta dai guardiani della rivoluzione, andando così a dare sesto alla sua costruzione mentale e ad alimentare l’ego di una personalità complessa che si compiace di innalzarsi quanto più si dichiara a disposizione degli altri. Ne riparleremo.

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