Lo annotava già Tomasi di Lampedusa nel suo famoso romanzo: le camicie nella storia dell’Italia unita hanno una loro simbologia. Esse sono state dapprima rosse, poi nere, poi ancora rosse e da ultimo verdi. Chiunque abbia voluto fondare o rivoluzionare lo Stato ha cercato un colore che meglio potesse sintetizzare il suo pensiero e lo ha trasposto in un indumento di uso comune ed informale: la rivoluzione non si fa in doppiopetto.
Corrado non è da meno rispetto ai grandi rivoluzionari e agli uomini di Stato del passato ed ha cercato da subito – sin dalla campagna elettorale – un colore in grado di rappresentare al meglio il nuovo corso e, ponendo se stesso al culmine della storia, ha individuato la sua cifra cromatica nell’insieme di tutti i colori, l’arcobaleno.
Corrado è un rivoluzionario ed infatti in tutti i suoi discorsi programmatici, discorsi i cui brani scelti sono ormai conosciuti a memoria dalla gioventù operosa del nostro Comune, non ha mai detto di voler “governare la Città” ma semmai di mirare a “cambiare la Città”. Questa Amministrazione nelle intenzioni dei suoi artefici è lo spartiacque tra vecchio e nuovo mondo o, per meglio dire, l’inizio di una nuova era di cui il 2020 è l’anno primo.
Una rivoluzione si accompagna sempre ad una ritualità e ad una semantica codificate, variando anche il senso delle parole d’uso corrente o imponendo nuove formule. Ad esempio, “Tutti” nella lingua italiana si riferisce alla totalità delle persone, di qualunque genere esse siano; un corradiano di stretta osservanza è invece tenuto a dire “Tutti e tutte”, così come un tempo fu abolito il “lei” e reso obbligatorio il “voi” proprio a segnare lo stacco tra presente e passato
Noi, ad esempio, uomini della vecchia era, diciamo “Partecipazione” e intendiamo il concorso di più persone nel realizzare un qualcosa arrivando anche a intendere che gli “Istituti di partecipazione” previsti dal nostro Statuto Comunale (tra cui ad esempio le Consulte Comunali) debbano essere un punto di riferimento per qualsiasi Amministrazione che – come quella corradiana – ponga al centro programmaticamente l’idea di partecipazione. Illusi: non abbiamo compreso la logica dei nuovi tempi.
Le Consulte Comunali sono il passato e non rientrano nella visione che sta forgiando la storia: l’individuazione dei componenti delle Consulte avviene o per designazione da parte delle Associazioni e degli Enti di settore oppure per elezione da parte del Consiglio Comunale. Gli ordini professionali, le associazioni impegnate nei vari ambiti (cultura, servizi sociali, sviluppo economico…) possono nominare dei loro rappresentanti all’interno delle varie Consulte: così è a Corato da decenni ormai. Ma come si pone questa procedura che parte dal basso rispetto all’idea di un governo in cui tutto promana da un unico centro propulsore?
Nella mistica corradiana la partecipazione non è concessa ma imposta: il cittadino non ha bisogno di perdersi nei “ludi cartacei” tanto cari al demoplutocratico vecchio regime (lo Statuto, Il Consiglio Comunale, i Regolamenti…), però può – se invitato – prendere parte in silenzio alle adunate levando alte le sue grida di giubilo nei momenti comandati. E’ per questo infatti che tutte le occasioni pubbliche in cui l’Amministrazione ha chiamato a raccolta i cittadini sono state trasformate in “bivacchi di manipoli” dove squadre di corradiani della prima ora hanno messo in riga con fischi e insulti chiunque abbia manifestato dissenso o si sia posto in modo critico.
Già, ci sono anche i “corradiani della prima ora”. Un tempo c’erano i “sansepolcristi”, così si autodefinivano gli intervenuti alla prima adunata dei fasci di combattimento tenutasi a Milano nel 1919 in Piazza San Sepolcro, ora i corradiani della prima ora potrebbero forse essere appellati come “sandomenicani”, da via San Domenico, luogo della prima sede della CAP (il Movimento Volontario per la Sicurezza Nostra o MVSN che ha sostenuto Corrado nelle ultime tornate elettorali).
Sandomenicani, corradiani ante marcia, corradiani di nuova adesione, camicie arcobaleno della rivoluzione … tutti hanno assistito al gesto di Michele Modesti, vicepresidente della Consulta per lo Sviluppo Economico e del Lavoro, che si è dimesso dall’incarico in quanto la stessa Consulta è stata totalmente ignorata dall’Amministrazione per l’avvio dei lavori del D.U.C. (Distretto urbano del commercio) (https://ilquartopotere.it/comunicazioni/avvio-del-duc-ma-ignorata-la-consulta-per-lo-sviluppo-economico-il-vice-presidente-modesti-si-dimette/?fbclid=IwAR21GOyeJYgsvoKXvz99c7eqyg_zV0KqBRR6dopA705t654gFMdKFwcqHSk).
Al gesto plateale non è seguita nessuna reazione di rilievo, né da parte dell’Amministrazione né da parte della Consulta di cui il Modesti era vicepresidente e nella quale ad oggi sembra che tutti i commissari siano saldamente al loro posto, comprese le ex camicie verdi che ora indossano il colore che va più di moda.
Cosa possiamo dire? Per parte nostra, apprezzando il gesto, possiamo limitarci ad offrire da bere al Modesti, avvertendolo che con noi potrà arrischiare di sorbirsi un succo di frutta o al massimo una Vecchia Romagna, altri invece stanno preparandosi a mescere un olio dalle proprietà organolettiche considerevoli. Non avete ancora compreso che accadrà anche questo?