Il “punto” incombe sin dall’ultima campagna elettorale. Quello del candidato del Centrodestra voleva essere un “punto fermo” oppure “un punto e a capo”, l’elettorato invece ha premiato chi, lasciando intendere di sapere la direzione, ha proposto il cambiamento, ma in realtà poi ha virato verso una terra incognita, sconosciuta a tutti e al nocchiero in primis.
È facile confondere la politica con l’azione amministrativa: le delibere si susseguono alle delibere, le opere vengono o non vengono realizzate a regola d’arte, i servizi funzionano o lasciano a desiderare… di questo si parla ogni giorno e ad alcuni può sembrare che la politica in fondo altro non sia che l’esercizio di un potere locale nel quale si affrontano problemi minuti, cercando giorno per giorno – così come il caso si presenta – di fare qualcosa di buono per la collettività. L’agire è certamente parte della politica, ma equivale semmai all’amministrare, la politica si pone infatti ad un livello superiore che ricomprende l’amministrare e che dà logica, coerenza, direzione e senso al tutto.
Senza politica si possono raggiungere risultati (“fare cose”), ma essi sono effimeri perché non incardinati in una visione complessiva e di lunga gittata. Volendo esemplificare, il Centrodestra che ha governato per lungo tempo la Città aveva una visione politica chiara basata essenzialmente sulla capacità di autoregolamentazione di quello che si chiama “mercato”. In sostanza si pensava che mettendo le imprese in condizioni di operare agevolmente, snellendo la burocrazia e rendendola più efficiente, favorendo l’insediamento e la crescita dimensionale degli opifici, tenendo bassa la tassazione… le imprese stesse avrebbero creato ricchezza e benessere per tutti (se vogliamo per anni questo assunto è stato vero o verosimile). Su questi principi il Centrodestra ha dato una fisionomia alla macchina organizzativa, ha adottato provvedimenti o ha preferito non adottarli, ha elaborato piani, ha organizzato eventi di piazza, ha strutturato servizi: tutto ciò che è stato fatto nel bene o nel male era collegato ad un’idea di fondo rispetto alla quale si ricercava costantemente la coerenza.
Ad un certo punto – e bisogna prenderne atto – il meccanismo si è rotto e questo, a prescindere dai protagonisti, discende dal fatto che il sistema nel suo complesso presentava crepe e scricchiolii molesti: le imprese in difficoltà, la chiusura di tanti negozi con la conseguente presenza di tantissimi locali sfitti, l’emigrazione crescente dei giovani, il rallentamento dell’attività in edilizia… sono tanti i fattori che hanno indotto molti a dare credito ad un desiderio di cambiamento che, sia pur non compiutamente declinato, intercettava il malessere di chi vedeva giorno per giorno peggiorare le prospettive di futuro sue e della sua famiglia.
Se vogliamo in questo Corrado De Benedittis è stato abile, ponendo in mostra nella sua vetrina delle bellissime scatole vuote con delle etichette riportanti nomi esotici: ognuno ha visto quel che più gli aggradava, immaginando chissà che cosa ci fosse in quelle scatole, e si è deciso a votare per il cambiamento, presupponendo che la direzione del nuovo corso sarebbe stata proprio quella personalmente auspicata.
È andata ben diversamente e, al di là della minuta manutenzione, il nuovo corso non c’è perché il Sindaco e la sua maggioranza non hanno una direzione (o per lo meno non la esplicitano) e Corato sembra andare alla deriva. In sintesi questa Amministrazione è in difficoltà non tanto e non solo per la qualità tecnica del suo operato, ma soprattutto per la pochezza o l’assenza di una prospettiva culturale e filosofica – ovvero intellettuale – della politica.
Detta in altri termini, cosa distingue l’attuale Amministrazione da una qualsiasi Amministrazione di Centrodestra? Al di là dei lustrini e delle paillettes, si sta ragionando su criteri di tassazione differenti? Si stanno elaborando piani a lungo termine con un’impronta squisitamente di sinistra o semmai si stanno rincorrendo i bandi per ricercare (senza ottenerli) finanziamenti “ndo cojo cojo”? Si stanno elaborando idee innovative in materie di sviluppo agricolo oppure di sviluppo industriale oppure di politica abitativa? Si sta lavorando a nuovi e differenti criteri per regolamentare i servizi sociali e, più in generale, i servizi comunali?
Nulla di tutto questo: il cambiamento più evidente è dato da qualche bandiera arcobaleno in più e un po’ di striscioni appesi alle finestre del Comune o negli uffici di rappresentanza.
Da un “punto fermo” siamo giunti a tanti “punti interrogativi” che riguardano non solo l’Amministrazione ma il futuro della Città nel suo complesso; nello scenario che si delinea, molti – a breve – contrabbanderanno risposte più o meno preconfezionate, rincorrendo gli umori più comuni e diffusi. In realtà il problema è sempre nella domanda ovvero nella capacità di interpretare politicamente le istanze – una capacità innanzitutto intellettuale.