“Non dite che è una Riforma limitata, solo perché non abbiamo risolto il problema della Governance”, risponde il Ministro Spadafora ad una domanda di Vendemiale giornalista del Fatto Quotidiano.
“C’è stato un irrigidimento di tutti (partiti, Coni, Sport & Salute), per posizioni personali, a sfavore dello Sport”, prosiegue il Ministro.
Ma in effetti il paniere che porta a casa, il caparbio Spadafora, proseguendo la riforma iniziata dal sottosegretario leghista Georgetti, con delega del governo gialloverde nell’estate 2019, pur incompleta del Decreto 1 sulla Governance, è molto pesante.
Com’egli dice, la riforma tra le più partecipate della storia, è senz’altro di un valore epocale sociale, culturale, politico, pur monco.
Il Flop del decreto 1 è una sconfitta dei 5 Stelle o responsabilità dei personalismi di PD e/o Malago’ (Presidente Coni) e delle Federazioni?
Nei tavoli con le ultime, spiega, i temi erano 2: soldi e il no ai 3 mandati (molti presidenti dei quali fattisi rieleggere in fretta e furia).
Il Ministro auspica un cambiamento di rotta, in cui Sport & Salute (che fa riferimento al MEF (Ministero Economia e Finanze) deve asservire, come per sua natura, lo sport di base, non essere centro di potere. Con maggiore trasparenza S&S, deve riorganizzare le sue professionalità e rivedere le governance delle proprie società che gestiscono alcuni impianti (vedasi il Foro Italico), ridurre inutili consulenze, reinvestire i propri utuli sempre nello sport di base.
Ma mentre permanendo lo “Status Quo”, non è intaccata la funzionalità del CONI, resta però il problema di garantire in toto l’autonomia di quest’ultima, lasciando al Dipartimento, come per gli altri ministeri senza portafoglio (istituito il 20/5/20), il compito di vigilanza del Coni e di indirizzo, verifica e controllo su Sport & Salute.
È il decreto n. 2, quello più importante, con una serie di norme che riguarda in primis la tutela di lavoratori sportivi subordinati o in co.co.co., che ad oggi non hanno tutela lavorativa, previdenziale, spesso assicurativa. Riguarderà una platea di 450.000 lavoratori, con un intervento modulato, compresi doppiolavoristi e amatori con reddito fino a 10.000 euro e sottoposti ad aliquota del 10%, oltre una quota di volontari.
Ed il Fondo Pensione sportivo, non farà distinzione tra professionisti e dilettanti, con un’aliquota modulata in 3 anni, che parte dal 24% nel 2022, 30% nel 2023, 33% nel 2024, con una finestra di sperimentazione ed osservazione dall’1/09 al 31/12 del 2021. E dalla legge di stabilità, è stato previsto un esonero contributivo, sia dei 4 mesi 2021 che dell’intero 2022, con un finanziamento di 50+50 milioni di euro, con l’impegno di trovare ulteriori risorse anche per il 2023/24.
Una norma più che sacrosanta per la riemersione delle figure fin qui nascoste.
Ma la legittima domanda è: <<specie le piccole società, saranno in grado di sopportare quest’ulteriore costo>>?
Questo nuovo processo comporterà certamente una selezione naturale di qualità, ma è anche possibile che non volendo le società discostarsi dai propri budgets, farà aumentare la forbice tra i “lavoratori” che riusciranno ad imporre il loro potere contrattuale a discapito di altri che dovranno accontentarsi del lordo, ossia del tutto compreso, oltre che allungare la forbice tra società più ricche e meno.
O forse aumenteranno volontari reali e fittizi?
* Domani la 2^ parte, tra cui l’ ABOLIZIONE del VINCOLO nel TESSERAMENTO SPORTIVO