AnnaMaria LaMonica ha bene in chiaro le sfide e le criticità della cultura a Corato. Lei racchiude tante espressioni del fare arte: artista, restauratrice di opere d’arte, curatrice di mostre, come quelle di grande successo allestite all’ormai chiuso Palazzo Gioia. Nonostante viva a Bari, Anna Maria, di origine coratina, per la sua città natale si impegna molto affinché il nostro patrimonio storico e culturale non muoia. “Chi vive fuori ama di più la propria città” ribadisce con il suo sorriso gentile.
Dalla nostra chiacchierata ne è venuto fuori un quadro preciso dell’attuale fase di stallo degli eventi culturali e della mancanza di luoghi pubblici al chiuso per poterli ospitare. “La situazione è drammatica” ammette AnnaMaria.
Cosa ha notato lavorando nell’ambiente culturale coratino?
Il coratino tendenzialmente è molto esterofilo, ama molto ciò che è di fuori, non sempre apprezza la sua città; questo perché non conosce la sua identità, è andata persa, Corato, forse, non l’ha mai conosciuta la sua vera storia, nessuno ha mai proposto al pubblico una cosa del genere. Quindi, il coratino non ha questo legame con la città come può averlo, per esempio, il ruvese o il tranese . Il centro storico, mi dispiace dirlo, diventando per molti una latrina ormai è ghettizzato. Non c’è amore per quello che è stato. In più queste storie politiche non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Io sono dell’avviso che in questo particolare momento sia necessario un maggiore lavoro di sinergia tra le associazioni, creando un gruppo riusciremmo a fare qualcosa. Corato ha perso la sua storia culturale, ha perso Palazzo Gioia, non si sa che fine farà.
Ci spieghi meglio l’importanza di Palazzo Gioia.
A Palazzo Gioia era esposto il Fondo Antico della Biblioteca Comunale di Corato, che è stato un recupero importante. Infatti, tale Fondo era originariamente riposto negli scantinati, ma poi è stato recuperato e portato nel Palazzo dove è stato possibile fare uno studio di ricerca. Con questo patrimonio veniva fuori una parte della storia di Corato. Adesso sono abbandonati, insieme alle Pale d’Altare, anche quello un recupero fatto per donarle alla città, e alle tele dell’ex Chiesa San Francesco che, nel caso dovessero essere spostate dal palazzo Gioia, non si saprebbe dove riporle. Inoltre c’è il serio rischio che tali opere, restando al chiuso, si rovinino a causa del microclima a loro sfavorevole. Anche la Biblioteca doveva trasferirsi là, ingrandendosi, ma poi non è stato possibile, perdendo soldi. Con la chiusura di tale luogo si è creato un danno alla città, enorme.
È importante avere luoghi e soprattutto una buona gestione di eventi come le mostre di opere d’arte?
Certo. Essendo io stessa curatrice di mostre, so bene quale sia l’importanza di esporre al pubblico. Le mostre attirano gente da fuori creando un indotto economico sul territorio. È chiaro; le mostre bisogna saperle organizzare bene affinché abbiano successo. Ad esempio, prendiamo in considerazione il Museo della Città e del Territorio, si sa che per un museo è importante il numero di visitatori per capire se funziona, è evidente che quel museo non ha fatto grandi numeri; perché insistere a tenerlo aperto e in quelle condizioni? Perché hanno preso una società gestionale che non è del territorio, viene da una realtà- quella perugina- dove non c’è bisogno di fare un lavoro di richiamo di turisti che invece andava fatto su Corato?
Cosa è mancato al Museo cittadino?
Andava fatta una politica interna e di espansione sul territorio che non sono stati fatti, probabilmente. Sono mancati in quel museo eventi culturali capaci di attrarre un pubblico eterogeneo per età e classe sociale. Più cultura c’è, più civiltà c’è e io parto sempre da questo presupposto. Bisogna abituare la gente ai musei e le mostre vanno studiate e fatte per suscitare curiosità e interesse nel pubblico affinché sia numeroso nella partecipazione. Il mio professore di storia dell’arte ci trasmetteva una regola fondamentale: “Dovete imparare la tecnica, ma poi dimenticarsene solo così il cervello crea”. Tanto tecnicismo non fa bene. L’evento va studiato, ma poi bisogna cercare di crearlo altrimenti in queste realtà non si va avanti.
Che progetti culturali avete ora a Corato?
Con le nostre associazioni ne abbiamo tanti. Avevo organizzato il Festival dell’Arte con tutti gli artisti di Corato e non, che prevedeva la partecipazione del critico d’arte Vittorio Sgarbi e di giornalisti rinomati. Una settimana di eventi con cui avremmo coinvolto tutta la città. Ahimè, non so se si potrà fare. Faccio appello alla solidarietà da parte dei privati che hanno locali nel centro storico affinché questo evento itinerante possa trovare spazio, altrimenti il rischio è di portarlo altrove.
Ci sono progetti importanti ma non sappiamo dove realizzarli, è tutto chiuso e intanto perdiamo i finanziamenti. Anche la ex Chiesa di San Francesco dopo l’ultima scossa di terremoto è stata dichiarata inagibile.
Corato sta morendo e vedo una depressione generale, i ragazzi sono avviliti, ma anche i cittadini della mia età. C’è una certa demotivazione soffusa, la politica attuale non ci conforta ma sono del parere che non dobbiamo piangerci addosso e bisogna darsi da fare.
Il Teatro Comunale che momento sta vivendo? Che fine farà?
La stagione del tetro perché possa partire necessita che venga affidato a qualcuno, a riguardo è in corso una raccolta firma da parte dei sostenitori della cultura cittadina, tra cui le associazioni che operano nel settore, da sottoporre all’attenzione del Commissario Prefettizio per richiederne l’affidamento temporaneo così come del museo, rimettendo alla sua sensibilità il buon esito, al fine di evitare il perdurare della chiusura.
L’Archeoclub per esempio (come ci conferma il presidente Michele Iacovelli, presidente dell’associazione) ha fatto una istanza per la gestione provvisoria gratuita del museo e dell’Info-Point in attesa del bando di gestione. Altrettanto la Pro-Loco ha fatto richiesta dell’affidamento dell’Info-Point che (come ci riferisce il presidente Gerardo Strippoli ), già in passato aveva fatto sia all’ex commissario prefettizio che all’ex sindaco Pasquale D’introno a seguito del Bando Regionale sul potenziamento dello stesso.
Quanto è importante che siano le associazioni culturali del territorio a gestire i contenitori della cultura?
Tantissima, è giusto che i gestori siano radicati al territorio, che conoscano le nostre tradizioni e la nostra storia per mantenerle vive.
Noi esponenti della cultura e dell’arte coratina cercheremo di far sentire la nostra voce.
Voglio dare onore e merito alla Pro Loco che nonostante il particolare momento è riuscita con le sue iniziative, di cui molte consolidate nel tempo, a tenere in vita la cultura coratina.
Una ricetta per uscire da questo stallo culturale?
È importate legare l’impresa all’arte. Occorre coraggio: aprirsi una partita IVA è fondamentale, questo dà la possibilità di partecipare a bandi regionali per accedere ai finanziamenti, avere rapporti con le altre fondazioni e quindi fare rete. Un’altra idea potrebbe essere quella di dare degli incentivi per il centro storico. Occorrerebbe fare un lavoro di ricerca capillare per capire chi ci abita, chi sono i proprietari delle case che necessitano un restauro e finanziare una parte di tale restauro per restituire alla cittadinanza un centro storico come luogo di storia e aggregazione. Il recupero del nostro centro storico di Corato forse è uno degli ultimi mancante all’appello nel territorio barese.
Secondo lei, che profilo deve avere un Assessore alla Cultura?
Deve essere un assessorato molto vivace: deve portare benessere culturale alla città. Deve avere rapporti con la realtà e fare rete con altre associazioni e fondazioni sia del territorio che nazionali e internazionali. Deve essere una figura che operi nel settore culturale, senza nulla togliere a chi non lo è, con una mente aperta e creativa e con la capacità di contornarsi di consulenti e di interagire con gli altri assessorati, ferma nel prendere decisioni e brava nel gestire gli eventi. Deve avere una cultura sempre in espansione.
Un ‘artista che sa essere impresario di sé stesso, può fare molto per la collettività.