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IL cinghiale da problema a risorsa è possibile?

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Supponiamo per un attimo che in un nebbioso pomeriggio autunnale mentre state percorrendo in auto la mediana delle Murge facciate un salto indietro nel tempo ritrovandovi  improvvisamente ai tempi di Federico II di Svevia ossia nel 1200.

Lo so è un’esperienza già vista nel film “Non ci resta che piangere” con i fantastici Massimo Troisi e Roberto Benigni, ma ipotizziamo anche che mentre vi guardiate intorno vediate dei cinghiali che attraversano la strada e ad inseguirli un’orda di cani ululanti e cavalieri muniti di balestre ed archi.

Cosa voglio dirvi con tutto questo ? Semplicemente che nel 1200 i cinghiali come anche i daini ed i cervi, che certamente un tempo popolavano i nostri boschi, erano visti come importanti risorse alimentari.

Oggi i cinghiali presenti in gran numero sulle Murge sono invece considerati un grosso problema per l’agricoltura in primis ma anche per la circolazione delle auto e per gli escursionisti in genere.

Ma la situazione dell’enorme presenza di cinghiali qui in Puglia e sull’Alta Murgia in particolare non deve far pensare che altre regioni siano esenti da tale problema.

La presenza dei cinghiali su scala nazionale è cresciuta negli ultimi 30 anni in maniera esponenziale, anche per dissennate politiche venatorie tese alla introduzione di specie alloctone come cinghiali provenienti dall’Est Europa.

Quello che accade nella nostra regione accade anche in altre regioni con situazioni di gran lunga peggiori come in Toscana dove, in maremma in piena estate, le scrofe con i piccoli si presentano sulle spiagge per pretendere cibo dai bagnanti o in Liguria dove, nottetempo, i cinghiali invadono come cani randagi le città in cerca di rifiuti o nel Lazio dove, in alcuni parchi, vi sono così tanti cinghiali da rendere impossibile le attività umane da una semplice escursione ad una passeggiata in bicicletta.

Ma limitiamoci a parlare della nostra regione, vi sarà capitato anche a voi di vedere filmati in rete di cinghiali che nottetempo popolano il quartiere San Paolo di Bari o di branchi a volte numerosissimi in Murgia attraversare le strade provinciali e le statali con tutti i rischi del caso.

La mia domanda è molto semplice : “ Perché quello che un tempo era un’importante risorsa alimentare oggi è considerato un’animale infestante tipo locuste?

Le aree protette e la massiccia antropizzazione delle campagne impediscono di fatto il controllo della specie?

Io personalmente credo che sia ancora possibile far sì che l’enorme numero di cinghiali presenti in Murgia possa passare da importante problema sociale a risorsa per il territorio.

Prima di esporvi il mio parere in merito voglio semplicemente dirvi che i cinghiali non arrecano solo danni all’agricoltura ma anche alla flora e soprattutto alla fauna del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, cosa di cui in pochi si rendono conto.

Non so quanti di voi lo sanno ma i cinghiali mangiano i bulbi delle piccole orchidee spontanee presenti nel parco, come di molte altre specie di piante, ed è una verità che ho potuto constatare di persona.

Anni fa infatti dovendo portare alcuni turisti venuti dall’Emilia Romagna espressamente per fotografare le orchidee spontanee avevo cercato nei giorni precedenti un luogo in cui fossero presenti varie specie delle stesse.

Ed in effetti con un pizzico di fortuna avevo trovato un piccolo appezzamento di Murgia in cui erano presenti oltre 10 diverse tipologie di orchidee spontanee.

Felice della scoperta il giorno concordato con i visitatori mi recai in quel luogo ma purtroppo restai basito constando che la notte precedente un grosso branco di cinghiali aveva letteralmente “arato” tutta la zona non lasciando nemmeno una piccola orchidea.

Ma i cinghiali non si limitano alla distruzione sistematica della flora protetta, anche tutte le specie di uccelli che nidificano al suolo sono a repentaglio, uova e pulli di allodole, calandre, cappellacce, occhioni ecc. vengono sistematicamente predati impoverendo la presenza dell’avifauna cosiddetta terricola del Parco.

Occorre anche dire che la già preoccupante situazione viene resa ancor più grave da allevatori irresponsabili che lasciano i loro maiali liberi di pascolare in aperta Murgia venendo ovviamente a contatto con i cinghiali selvatici e producendo così delle ibridazioni maiale/cinghiale, che oltre a poter arrecare danni alla salute pubblica per la presenza di parassiti, fanno sì che tali ibridi siano più prolifici degli stessi cinghiali selvatici.

Io stesso in più occasioni mi sono trovato di fronte a cucciolate ibride in pieno Parco Nazionale dell’Alta Murgia come mostrato in foto.

In alta Murgia il cinghiale si era estinto da tempo prima che agli inizi del 21° secolo fossero reintrodotte dalla Provincia alcune coppie provenienti dall’Est Europa, poi l’avvento del Parco bloccando di fatto la caccia in una vastissima area di Murgia ha fatto sì che in breve tempo quelle poche coppie siano cresciute in maniera esponenziale.

L’ultimo censimento effettuato in questi primi mesi del 2019 ha stimato una presenza di oltre 3000 cinghiali nella sola area del Parco.

Ma il vero problema è che da noi la caccia al cinghiale, contrariamente ad altre regioni del nostro Paese, non la si sa esercitare.

La caccia al cinghiale è una caccia complessa che va organizzata attraverso delle vere e proprie battute su vaste aree in cui vengono impiegati cani e uomini.

Una volta individuata l’area da battere la stessa deve essere interdetta ad altre persone.

Da un lato partono cani e battitori e dall’altra parte i tiratori, ossia coloro che devono abbattere gli animali, aspettano l’arrivo dei cinghiali.

I cacciatori  sono posti su delle torrette ed ogni tiratore ha una determinata area di mira o di abbattimento. In una singola battuta possono essere coinvolti anche duecento battitori e venti cacciatori.

Ma tutto questo da noi non viene fatto e la caccia al cinghiale viene effettuata in modo vagante o con battute improvvisate e con grave rischio per altri cacciatori ed estranei.

Nella caccia al cinghiale vengono spesso utilizzate carabine a canna rigata che sono letali anche a grande distanza (1000 metri).

Abbiamo purtroppo già avuto dimostrazione con la morte del povero Don Francesco Cassol che la bramosia di procurarsi una preda può portare ad ammazzare involontariamente un essere umano.

Il cinghiale può diventare una risorsa per il nostro territorio come accade per altre Nazioni Europee dove vengono organizzate battute di caccia controllate e poi gli animali abbattuti dopo un rigoroso controllo sanitario destinati alla macellazione e con le carni organizzate sagre e quant’altro.

Ma per giungere a tale risultato occorre la concertazione di vari Enti ed Autorità Statali che insieme definiscano ambiti e modalità per gli abbattimenti controllati.

 

 

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