Intervista al dott. Egidio Visaggi
Si muore sempre più di tumore perché, come affermano professori luminari, manca ancora una vera e propria cultura della prevenzione.
Il tumore è sempre più curabile, la malattia si potrebbe sconfiggere ma occorre una diagnosi precoce del male. Da una conversazione, direi amichevole, con il sig. Salvatore Mascoli, infermiere professionale, presso l’ospedale Umberto I di Corato, relativamente alla materia,si è focalizzata l’attenzione sulla situazione della nostra città. La percentuale di morte per tumore è aumentata notevolmente ma quello che ha impressionato è stato apprendere che a Corato l’incidenza dell’ epatite C è molto alta. Rifacendoci alla Giornata Mondiale “Facciamo luce sul tumore del pancreas”, di cui quest’anno anche Corato è stata partecipe, abbiamo voluto porre attenzione ad un’altra piaga che affligge l’umanità, il tumore al fegato. Un killer silenzioso sempre più diffuso che, appunto, è fortemente legato ai fattori di rischio come la prevalenza dell’infezione da virus dell’epatite C. L’epatocarcinoma(o carcinoma epatocellulare o HCC) è il principale tumore maligno del fegato e rappresenta la settima causa di morte per tumore. La cirrosi epatica rappresenta il fattore di rischio più importante per lo sviluppo del tumore, infatti la maggior parte dei casi di neoplasia si presenta su fegato cirrotico (80- 90%). In Italia i pazienti cirrotici si stima si aggirino sul milione e di essi il 3- 4% sviluppano carcinoma. I pazienti affetti da cirrosi HCV correlata presentano un rischio 20 volte maggiore di sviluppare HCC rispetto alle persone sane. A tal proposito abbiamo voluto fare un quadro della situazione nella città di Corato: abbiamo incontrato il dott. Egidio Visaggi, internista epatologo responsabile dell’Ambulatorio di Medicina Interna ed Epatologia di Terlizzi e Ruvo di Puglia.
Dott. Visaggi, dalla casistica del suo Ambulatorio possiamo estrapolare dei dati riguardanti i cittadini coratini affetti da epatite C? Rispetto al circondario come si presenta Corato relativamente a questa patologia?
A Corato l’epidemiologia legata all’Epatite C è elevata e affermare che le cause siano correlate al tipo di vita che hanno i coratini sarebbe perlomeno semplicistica . La comune convinzione che la causa fosse legata a infermieri che in passato riutilizzavano a domicilio degli ammalati siringhe non adeguatamente sterilizzate, quella in vetro per intenderci, oppure al barbiere che non cambiava la lametta dopo l’uso o alla pratica di aborti clandestini eseguiti dalle “mammare” con strumenti rudimentali (ferri per lavorare la lana) non è del tutto corretta perché questa è situazione comune anche ad altre realtà locali. Ciò nonostante è da prendere in considerazione il fatto che, a Corato, l’infezione da HCV sia presente in modo estremamente critico rispetto al circondario. Oggi dei 502 pazienti trattati presso il mio ambulatorio con i nuovi farmaci antivirali, 208 sono coratini, uno ha meno di 30 anni, 15 hanno fra 30 e 50 anni (7%), 19 tra 50 e 65 (9%) e gli altri 173 oltre 65 anni (83% circa) . Ma con questo non si può affermare che l’epatite sia una malattia degli anziani, perché i dati in ambito nazionale sono differenti. Questo, ripeto, è il dato locale di Corato. Comunque quasi la metà dei pazienti affetti sono di Corato.
Quali sono i rischi dell’Epatite C?
La cirrosi e l’epatocarcinoma sono la naturale evoluzione di questa malattia, che decorre silente per anni, e riguarda almeno l’80% dei pazienti con infezione cronica. Ma un aspetto non molto evidenziato dai mezzi d’informazione di massa riguarda le malattie del sistema immunitario causate dal virus dell’epatite C come, per esempio, una malattia del sangue chiamata Mieloma multiplo . Non dobbiamo dimenticare che il vero obiettivo del virus non è solo il danneggiamento del fegato (il fegato è un sito elettivo in cui il virus si replica) ma il sistema immunitario dell’ospite: il corpo umano purtroppo non riconosce il virus che ha la capacità di mutare nel corso del tempo e il sistema immunitario dell’ospite, pur inseguendo l’agente infettante per tutta la vita, non riesce a fabbricare i giusti anticorpi, viene – come dire – accecato; il contrario succede invece con il virus dell’epatite B o con quello dell’influenza o del morbillo per citarne alcuni, in cui l’organismo ospite riesce a fabbricare anticorpi “coprenti”, in grado di assicurare l’immunità per tutta la vita. Le difese dell’organismo quindi fabbricano categorie di anticorpi contro un organismo che muta in continuazione, stressando la capacità di reazione del sistema immunitario tanto da farlo degenerare, causando malattie temibili come alcuni tumori. È importante capire che il virus C non causa un danno solo al fegato ma a tutto l’organismo: il fegato, pur essendo in grado di rigenerarsi, con il persistere dell’infiammazione si danneggia, il tessuto fibroso cicatriziale sostituisce man mano quello nobile, ma in tempi non prevedibili. È frequente l’osservazione che in pazienti anziani dopo 20-30 anni di malattia non curata, la fibrosi (il danneggiamento del fegato) sia minima, mentre in altri casi in breve tempo la patologia degenera . Questo è particolarmente vero in soggetti giovani che abbiano assunto una grossa carica virale: tossicodipendenti, pratiche a rischio. Per quanto possa sembrare strano, maggiore è la reattività dell’organismo ospite per attuare la difesa immunologica, peggiore è la prognosi. Come dire, non potendolo sconfiggere, meglio non attaccare il virus, che in fin dei conti è un parassita che non desidera la morte dell’ospite. L’80% dei casi di epatite cronica diventa cirrosi che è una malattia evolutiva non reversibile nelle fasi più avanzate, del 20% residuo per motivi legati alla persona si guarisce spontaneamente, ma di quell’80% cronicizzati il 20% evolve in epatocarcinoma. Una percentuale altissima! Ad aumentare le probabilità di mortalità è la presenza di altre malattie del paziente: diabete, ipertensione arteriosa, abitudine all’alcol, eccessi alimentari, per cui riuscire a recuperare la guarigione di un paziente con epatite cronica significa abbattere enormemente il fattore di rischio.
Sarebbe utile portare a conoscenza il problema delle epatiti: quali sono i fattori di rischio, le vie di trasmissione e quali le precauzioni da adottare?
Le cause di infezione sono : condivisione di aghi o siringhe (in Europa i tossicodipendenti sono praticamente tutti affetti da HCV), trasfusioni di sangue non testato, tatuaggi, body piercing e qui farei un appello ai giovani di rivolgersi a professionisti qualificati che operino con strumenti sterili, trattamenti estetici eseguiti in ambienti non protetti igienicamente, tagli e punture con aghi o attrezzi non sterilizzati, droghe assunte anche per inalazione (“sniffate”) perché provenienti quasi sempre da Paesi ( Sud America, Medio Oriente…) dove la malattia è endemica, cure odontoiatriche fatte in ambienti indiscriminati. In presenza di lesioni minime della cute o delle mucose il rischio di contagio è alto. La promiscuità sessuale è un altro fattore di rischio ed ha sostituito quello legato alle trasfusioni e alle cure odontoiatriche perché oggi tutte sottoposte a rigido controllo. Seppure l’epatite C non è facilmente trasmissibile per via sessuale, i rapporti non protetti ne aumenterebbero il rischio. Liquidi biologici e sangue sono i principali veicoli dell’HCV. Del tutto inutile è quindi usare posate a parte per i portatori o discriminarli con l’isolamento. Ci sono esempi di ignoranza medioevale in cui ai nonni è stato negato tenere in braccio i nipotini. Inqualificabile!
Dott. Visaggi, come si previene l’epatite C?
Basta attenersi a poche banali regole che impediscano il contatto di sangue o liquidi biologici infetti. Non si può contrarre la malattia solo sporcandosi le mani ad esempio, di sangue. Poiché parliamo di una malattia che nella maggior parte dei casi decorre asintomatica, è assolutamente opportuno sottoporsi al dosaggio degli anticorpi anti-HCV, un esame del sangue facilmente eseguibile presso laboratori analisi privati e ospedalieri, economico, affidabile. Gli esami di ultima generazione sono estremamente sensibili e specifici, molto più attendibili rispetto a quelli del passato. Oggi in commercio c’è anche un test non invasivo, si chiama OraQuick, una sorta di lecca lecca che individua la presenza di anticorpi attraverso la saliva che, però, ha un costo superiore rispetto all’esame ematico. La prevenzione sta nell’identificare il paziente che ha la malattia e non lo sa, nel far emergere il sommerso.
Cosa suggerirebbe alla comunità di Corato vista l’alta incidenza di epatite C?
Sarebbe auspicabile che proprio a Corato, luogo di prevalenza della malattia, fosse condotta una indagine a tappeto, senza un grosso aggravio per i costi della comunità, inserendola nel contesto di un controllo di routine per esempio o di giornate divulgative dedicate. Ritengo fondamentale la collaborazione con i colleghi medici di Medicina Generale nello stilare un programma di controllo dei propri assistiti. Sono fortemente convinto che creando un sodalizio tra tutti noi medici, un rapporto di reciproca collaborazione e rispetto, si possa realizzare il massimo proficuo lavoro di prevenzione e cura del paziente. Bisognerebbe però trovare i fondi per poter attuare questo piano di lavoro. Poi andrebbe fatta molta informazione soprattutto tra i giovani attraverso corsi di formazione ed incontri a scuola perché siamo erroneamente abituati a pensare che la malattia riguardi solo gli anziani. Invece, essendo aumentati i fattori di rischio aggiuntivi tra i ragazzi (droga, rapporti sessuali precoci, tatuaggi…), potrebbero essere proprio loro le principali vittime di una prossima ondata infettiva. E come spesso avviene è difficile che i giovani si sottopongano ad indagini routinarie, a meno che non abbiano motivi ben precisi per farle ( interventi chirurgici, parti, contaminazioni accidentali, donazioni di sangue…).
Se oggi scopro di avere l’epatite C, posso curarmi?
Certamente sì, in modo facile, innocuo, efficace e per breve tempo. Dopo aver effettuato alcune indagini preliminari, si tratta di assumere delle compresse per 8- 12 settimane e il tasso di risposta alla cura è quasi del 100%. Con questa nuova terapia se fossero trattati in modo estensivo tutti gli infettati la malattia potrebbe essere considerata eradicata.
Quindi Dottore alla luce di questa terapia il volto della malattia cambia notevolmente?
Certo , trattare un malato significa non solo curare in senso stretto, ma anche eliminare un serbatoio di infezione . Infatti se un paziente con cirrosi epatica in atto fa una diagnosi di malattia a uno stadio iniziale e segue la terapia anti HCV, il fegato potrebbe tornare normale senza alcuna traccia delle lesioni subite. Se la Diagnosi viene fatta in uno stato avanzato, anche se si ottiene l’eradicazione di HCV, la cirrosi epatica permane ma evolve più lentamente, si automantiene come si dice in gergo medico. Gli studi scientifici documentano che la cura determina un rallentamento dell’evoluzione della malattia, una ridotta incidenza delle complicanze e in particolar modo dell’epatocarcinoma. Quindi un paziente cirrotico va trattato anche in previsione di un trapianto e senza limiti di età anagrafica.
All’inizio della nostra intervista mi ha parlato di 208 pazienti di Corato in cura da lei, com’è la situazione?
Ad oggi tra tutti i pazienti trattati con i nuovi farmaci citati, dei 208 coratini 73 (il 35%, cioè un terzo abbondante) hanno una fibrosi iniziale, quindi reversibile, nel senso che a guarigione ottenuta non hanno rischio di danno epatico differente da quello della popolazione totale non infetta e manterranno un fegato sano; 46 (il 22% cioè quasi un paziente su quattro) hanno una cirrosi iniziale, che le ricordo essere sempre asintomatica; 89 (il 42% circa, quattro pazienti su dieci) hanno una cirrosi franca, con caratteristiche evolutive, di questi, alcuni già con sintomi di scompenso e con fattori di rischio aggiuntivi (affetti da altre malattie cioè, in grado di peggiorare la prognosi).
La cura ha dei costi?
Sì, oggi però rispetto all’epoca in cui la cura è stata scoperta il costo si è notevolmente ridotto, si aggira intorno agli ottomila euro credo. Può facilmente intuire come spesso un solo ricovero di un paziente cirrotico costa molto di più dell’intera cura e questo significa che abbiamo un notevole risparmio della spesa farmaceutica tra ricoveri, esami e cure; senza contare il miglioramento della qualità di vita e le giornate lavorative perse per malattia. Un quadro senza dubbio vantaggioso e proficuo per la società sotto tutti gli aspetti.
Questi nuovi farmaci antivirali sono prescrivibili in tutte le strutture specialistiche che seguono i pazienti affetti da patologie epatiche?
E’ necessario essere identificati come Centro di Riferimento da parte dell’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco e bisogna avere determinate caratteristiche strutturali, di risorse e di competenza. Questo ambulatorio è uno di essi nell’ambito della ASL Bari. A questo proposito vorrei sottolineare che la politica sanitaria intrapresa dalla Regione Puglia in tal senso è stata virtuosa e lungimirante perché, in anticipo su altre, ha reso possibile l’accesso a questo tipo di Terapia esponendosi ad una spesa elevata nell’immediato, ma con il chiaro intento di ottenere una ottimizzazione dei costi nel lungo periodo. Si è però reso necessario emanare delle precise direttive aziendali a causa dell’elevata affluenza di pazienti fuori- regione (Sardegna, Trentino, Veneto….) con criteri legati alla residenza, norme a cui tutti i centri si sono dovuti attenere.
Dott. Visaggi le sue impressioni?
Per l’epatite C il mio messaggio è di ottimismo totale, di serenità e incoraggiamento per il lavoro che si può svolgere. Per noi medici internisti mai è accaduto poter trattare con questi risultati una malattia così infida e letale, così diffusa e così gravata dalla convinzione che “dall’epatite non si guarisce”. Come le dicevo pocanzi, il maggior sforzo ormai, ad oggi, è svelare i portatori che non sanno di essere affetti dalla malattia per poterli trattare prima che sviluppino la cirrosi o, peggio, l’epatocarcinoma, con rinnovata energia per combattere i danni emergenti al fegato correlati all’abuso di alcol e droghe nei giovani. Ma siamo sulla buona strada, questo anche grazie allo sforzo che organi d’informazione come il vostro si stanno impegnando a fare.