Di Franco Bastiani
Negli ultimi dieci anni si sono chiuse circa 163 mila imprese artigiane: un numero elevatissimo che dice di gravi difficoltà di un settore ritenuto fondamentale per l’economia. E non solo per l’economia.
Alcuni fra i maestri più anziani – quasi novantenni – ricordano ancora il grande convegno che si tenne a Bari il 19 maggio del 1958, nell’Hotel Oriente, durante il quale, accanto a questioni di ordine sindacale, fu dibattuto e celebrato il ruolo dell’artigianato italiano nelle dinamiche del lavoro su scala mondiale.
Artigianato come risorsa e ricetta di buona salute per la bilancia dei pagamenti, artigianato come brand di manufatti al top della qualità, artigianato come retaggio di progettualità e di manualità risalenti alla notte dei tempi … insomma, artigianato come carta di credito da vantare sempre e ovunque anche per farsi rispettare quando qualcosa scricchiola intorno.
Ora sembra che non sia più così, che il palco su cui si è venerato il pensiero creativo italiano applicato alla moda, all’arte orafa, alla pelletteria, all’oggettistica tipica, al ferro battuto, alle ceramiche e al vetro, quel palco assurto a cattedra, a fonte di insegnamento per una vasta platea di allievi e di imitatori sparsi al di là dei confini nazionali, proprio quello pare stia dando segni di cedimento.
Non pochi preconizzano il crollo dei nostri marchi, dei nostri miti, senza alcuna speranza che se ne possano raccogliere reliquie … a futura memoria.
Cause: l’innovazione tecnologica che sta divorando spazi di attività sempre più vasti, la ridotta capacità di spese delle famiglie, una imposizione fiscale che colpisce duro senza possibilità di scampo per chi è virtuoso ovvero commendevole per il suo ingegno, ma che non ce la fa a sostenere il notevole disequilibrio nel rapporto costi-guadagno.
Tasse e imposte, che pure vanno versate, sono spesso, anzi: sempre più spesso, la garrota che strangola molte imprese, provocandone l’estinzione.
Il problema è complesso e tentare di porvi rimedio non è affatto semplice in presenza di una crisi economica a livello planetario a cui si accompagna una crisi di valori, matrice di stravolgimento di regole, di consuetudini, di culture.
In modo particolare, è la cultura dell’autoconservazione contro il prorompente processo tecnologico che manca in un largo strato di maestri di bottega di antico lignaggio.
E’ possibile, infatti, che un certo artigianato si converta a forme di espressione sapide di nuovismo, confermandosi pur tuttavia nella cornice di una tradizione accettata ancora da una clientela cospicua.
Nel campo dell’abbigliamento, il consumo di articoli confezionati in serie ha notevolmente ridotto la domanda di capi su misura, ma le poche sartorie rimaste in piedi continuano – uniche – ad assicurare quello che sono in molti a desiderare: vestibilità, cura dei dettagli, stoffe e materiali di pregio, varietà di colori, cioè un insieme di elementi che distinguono il capo e chi lo indossa.
Qui non trova agio l’intelligenza artificiale che muove robot nei ristoranti, nell’edilizia, nelle strutture aziendali; qui è l’uomo, e solo lui, a dover agire, recependo gusti, tendenze, eccentricità che sposano il classico.
Salviamo le sartorie storiche, ma anche le pasticcerie storiche e poi pure ceramiche, cristalli, vetri che continuano ad esprimere fantasia, ricercatezza, finezza, dono del Belpaese al mondo.
Con l’approvazione della legge (n. 26 del 19 giugno 2018) sull’apprendistato, la Regione Puglia ha iniziato a pronunciare una parola risolutiva sulla Bottega scuola e sul titolo di Maestro artigiano, da anni nelle ansie delle categorie per dare continuità a determinate prestazioni, impedendone la progressiva scomparsa.
La Bottega scuola dovrebbe svolgere opera didattica con il personale impegno del Maestro artigiano, secondo gli auspici e gli intendimenti di coloro i quali, primi fra gli altri i firmatari delle legge-quadro 433 del 1985, hanno spinto per il riconoscimento giuridico del titolo dell’una e dell’altro.
Abbiamo precisato che la Regione Puglia ha iniziato ad occuparsi delle predette iniziative: mancano, infatti, i regolamenti attuativi, mancano le direttrici del come fare nella pratica e … vivaddio mancano i fondi adeguati, necessari al caso.
Per buona conoscenza di sigle sindacali, di istituzioni e della classe politica, va detto che si vanno moltiplicando i progetti autonomamente articolati e, in larga parte, avviati da gruppi di imprenditori per arrivare a traguardi che da soli non si potrebbero raggiungere: la valorizzazione dei prodotti, la salvaguardia delle loro specificità, la ricerca e l’applicazione di sistemi smart per sopravvivere nel mercato globale.
Sulle colonne del nostro periodico, si è riferito, tempo fa, delle pasticcerie di Bisceglie e dei loro lodevoli sforzi per esaltare il Sospiro: i loro sforzi continuano nella direzione di un programma che dovrà promuovere il Sospiro al rango di emblema della città.
Analoghi intenti dalle botteghe dei figuli di Rutigliano, di Terlizzi, di Grottaglie: la modellazione dell’argilla è un’arte che non si può e non si deve confondere con la produzione di chincaglieria di basso profilo di dubbia provenienza.