A cura di Gaetano Bucci
Due sono i maggiori argomenti della piazza e del palazzo degli ultimi giorni, dopo l’irrisolto enigma della “piovra e dei tentacoli” che ha stuzzicato la “fantasia in giallo” di qualche amante di gigantografie.
Il primo è quello della sicurezza legata alle turbolenze e intemperanze di un po’ di ragazzi scapestrati che quasi ogni sera in piazza Di Vagno e altri vicoli del centro storico alzano le mani dopo aver alzato il gomito.
L’altro è la discussione sul futuro economico di Corato a partire da quello industriale e artigianale, dopo la stagione siccitosa e amara della pandemia e dopo gli anni di afasia istituzionale.
Tutti, da qualche settimana, ci aspettiamo di tornare alla vita piena. Gli imprenditori, che per natura guardano al domani, sperano che si torni rapidamente al fare e, anche, all’affare. Direttamente o indirettamente sono tutti confidenti che sta per partire un nuovo ciclo produttivo e che il volano sarà dato dalla manna del Recovery Fund. Più soldi, più investimenti. Più consumi, più lavoro. Sarà vero? Chi vivrà, vedrà. Non sempre, però, è stato così. Anche perché la manna, seppure esista, non cade uguale ovunque. Oppure, quando cade, non nutre chi ha più fame ma chi ha più destrezza ad acchiapparla.
Intanto su una cosa destra e sinistra, liberisti e statalisti, continuano ad essere d’accordo ed è proprio sul fatto che la molla che muove la vita e la storia sia l’economia; i primi guardando al libero scambio e al profitto, i secondi guardando ai consumi e al welfare. Ai primi interessa più lo sviluppo che il progresso, ai secondi il contrario. Almeno così in teoria, se non fosse che la storia ha spesso mostrato il contrario.
Non si sa ancora se in questo momento siano valide le teorie di Keynes che privilegiano gli interventi pubblici o quelle di Hayek che spostano l’iniziativa sull’azione dei privati e del mercato.
Nel dubbio dei grandi sistemi, a Corato voliamo basso basso e parliamo del rapporto tra sistema produttivo e nuova amministrazione. Gocce nell’oceano, ma pur sempre gocce di vita e scintille di speranza.
Così è avvenuto che l’altra sera, lunedì 14 giugno, al fresco della bella e ariosa terrazza del Corato Executive Center, una parte del mondo imprenditoriale di Corato ha incontrato una parte della politica locale per parlare non di vuote amenità ma di “faccende di sostanza” per le quali ne va una parte cospicua del nostro futuro. Diciamo “una parte”, in quanto sia i decisori politici che gli imprenditori presenti non esaurivano l’intero e complesso mondo delle pubbliche istituzioni e della economia, locale e sovralocale. Nonostante ciò, il valore, anche simbolico, dell’incontro è stato senza dubbio notevole, anche per misurare le reciproche forze e le vere intenzioni di collaborazione.
Ad incontrarsi, dicevamo, sono state da un lato una rappresentanza di chi primariamente guarda al fatturato e allo “sviluppo”, ovvero gli imprenditori, dall’altra una rappresentanza di quel governo cittadino di ispirazione di sinistra che, viceversa, primariamente guarda, o guarderebbe, al welfare e al “progresso”. E siccome i registri e le prospettive erano diversi, nonostante a parole si sia detto il contrario, è stato difficile incontrarsi su precisi punti programmatici comuni. Anzi, per la verità, nessuna road map, con tempi ed obiettivi precisi, si è configurata. Non ne hanno fatto richiesta gli imprenditori e non ce l’avevano gli amministratori. Insomma, da una parte e dall’altra, la fuffa è stata proporzionale ai molti discorsi fatti. Cioè tanta.
Il sindaco Corrado De Benedittis ha fatto un lungo discorso “intenzionale”, più che programmatico. Ha sciorinato, col solito eloquio impreziosito di metafore e metonimie, tutte le varie possibilità di una “scala paradisi” per il progresso di Corato che, sic stantibus rebus, non ci sarà. Il suo è stato un discorso che è andato ben oltre le striminzite parole contenute nel programma elettorale in cui la questione complessiva dello “sviluppo economico” di Corato veniva liquidata in tre paginette. Il suo dire è stato un “bel sognare”, senza riferimenti a progetti, risorse e tempi precisi Non solo, dispiace dirlo ma il bravo Corrado De Benedittis, corroborato dai suoi assessori, ha anche annunciato novità piuttosto contraddittorie rispetto a quanto inserito nel programma elettorale.
Per esempio, si è detto l’altra sera come l’aumento degli “indici di fabbricabilità” non debbano essere aumentati in quanto di cubatura produttiva a Corato ce n’è già tanta. Oppure che gli interventi sulle infrastrutture primarie non possono essere eseguiti “con urgenza” come da programma in quanto i tempi delle carte e degli uffici sono “tempi biblici”, non solo per causa del Covid ma anche per la endemica mancanza di personale.
Non stiamo qui a riprendere tutti gli interventi dei singoli assessori, riportati alquanto generosamente dalla stampa locale. Diciamo però che essi sono sembrati, in diversi i casi, piuttosto off topic. Interventi “fuori traccia” non per incompetenza sulla materia, ma per scarsa confidenza con la “realtà concreta ed effettuale” del mondo produttivo di Corato.
Per esempio, l’assessore ai Lavori pubblici che ha fatto una lezione sulla “teoria e prassi della burocrazia” non è stato proprio il massimo, anche perché ha detto ciò che tutti sappiamo, ovvero che di burocrazia si muore. Mentre, invece, la città produttiva si aspettava risposte su interventi urgenti e mirati sulle pubbliche infrastrutture, sulle strade, sui servizi, sulle reti di comunicazione ed altro ancora.
Idem con patate si potrebbe dire dell’intervento dell’assessora alle attività produttive. Ci si aspettava, che so, qualche bella proposta per rilanciare il “brand Corato”, magari abbozzando la necessità di unire l’agroalimentare con l’industriale e il commerciale. Invece niente. Eppure le possibilità e le occasioni fieristiche e di scambio non mancheranno con la ripresa. Invece, niente di niente.
Stessa cosa si potrebbe dire riguardo al futuro urbanistico di Corato e delle zone produttive. È stato detto, anche qui, ciò che sanno anche i bambini e cioè che l’intera città e, soprattutto, le zone industriali e artigianali sono nate male e cresciute peggio tramite speculazioni e favoritismi. Niente è stato detto su ciò che sarà, se non che si agirà con l’arte tanto cara a Renzo Piano “del rammendo e della ricucitura”. In che cosa consisterà questa superiore arte sartoriale a Corato e nelle zone produttive non è però dato sapere. Né si è fatto riferimento al nuovo PUG, che l’ex sindaco Mazzilli dice di aver lasciato pronto e in bella vista negli uffici, come la Bibbia e i Vangeli messi insieme.
E neanche si è fatto cenno al Regolamento edilizio che pare tutti aspettino come l’ossigeno in sala di rianimazione.
Ci fermiamo qui per non rischiare il linciaggio e veniamo agli imprenditori, i quali presenti in gran numero hanno però ben interpretato solo il ruolo dei “generosi lagnatori’.
Da loro ci si aspettava non solo qualche legittima richiesta di specifici interventi e una vaga dichiarazione di disponibilità a collaborare, ma una idea e magari un documento scritto e firmato sul futuro produttivo di Corato. Ciò in attesa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alla luce delle recenti opportunità di mercato, delle nuove professionalità richieste e anche dei diritti dei lavoratori, oltre che delle imprese.
Da loro ci si aspettava la provocazione di lavorare per un Consorzio del territorio perché l’idea del sindaco di un “consorzio coratino” è piuttosto minimale, dati i tempi e dati certi giganti del fatturato che risiedono a Corato e nel vasto territorio del Nord-Barese e della BAT.
Conclusione. Tutto inutile e tutto tempo perso? No, assolutamente no. Bisogna imparare, e forse lo si è fatto, anche da questi “incontri di studio reciproco”.
Che cosa bisogna imparare o si è già capito? Prima di tutto che forse non è né possibile né augurabile un’altra amministrazione per Corato.
Bisogna che il Palazzo abbia però ben chiara una cosa, ovvero che la risorsa “tempo” per chi produce non è una variabile dipendente.
Come pure bisogna che una volta per tutte il mondo produttivo di Corato si riunisca in un Forum oppure che convochi i propri “Stati Generali” allargati al territorio, alla regione ed oltre, e si faccia portatore di una idea nuova, moderna e, direi, anche “forte e intraprendente” del futuro produttivo.
Ci sono a Corato tutte le potenzialità di risorse materiali e finanziarie, e soprattutto di risorse umane e competenze manageriali per farlo.
C’è inoltre una nuova generazione di imprenditori che ha “capacità di visione” e “grande forza di comunicazione”. C’è già potenzialmente a Corato ciò che serve per affrontare le nuove sfide e, questa volta, anche per generare ampie ricadute sulle persone e sul territorio.
Andiamo avanti. Dietro la siepe non c’è solo il buio ma anche la luce.