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Nuovo Istituto Professionale Oriani-Tandoi, acquisizione delle aree: criticità e risoluzioni (parte terza)

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Di Vincenzo Petrone “libero pensatore”

Premessa

Ritengo sia necessario precisare che l’analisi fatta nei precedenti articoli suddivisi in parti per la complessità del tema (“Individuazione dell’area per il nuovo Istituto Professionale Oriani-Tandoi (Prima parte)” pubblicato il 5 marzo 2023 e “Nuovo Istituto Professionale Oriani-Tandoi: quali possibili soluzioni all’individuazione dell’area? (Seconda parte)” pubblicato il 7 marzo 2023 ed in questo che seguirà non è di tipo politico, ma esclusivamente “ingegneristico” e sarà ancora una volta finalizzata all’individuazione delle criticità delle procedure volte all’acquisizione delle aree ed alla risoluzione delle stesse.

Fatta questa necessaria premessa il problema per la realizzazione della scuola Oriani-Tandoi consiste nell’acquisizione delle aree da cedere alla Città Metropolitana. Ciò può essere perseguito in più modi ed in particolare ricordiamo che il normale passaggio di proprietà può avvenire con:

– Compravendità delle stesse aree;
– Esproprio.

Si tralascia il primo aspetto in quanto la pubblica ammistrazione non è un privato che tratta direttamente l’acquisto di un’area né tantomeno può pretendere la cessione bonaria e gratuita da parte dei privati proprietari ricorrendo, come ipotizzato, alla lottizzazione d’ufficio NON ablativa ossia senza esproprio.

Quindi la sola strada praticabile è l’esproprio (e di questo s’è convinta anche l’assessora Varesano che in Consiglio Comunale ha asserito che è stata interpellata l’Agenzia delle Entrate per fissare il prezzo d’esproprio) e questa può essere perseguita creando le necessarie premesse per attuare l’esproprio. I mezzi tecnico-amministrativi da porre in essere sono:

– Il progetto della scuola con dichiarazione della pubblica utilità;
– Piano Insediamenti Produttivi (P.I.P.);
– Accordo di Programma (A.d.P.).

Nell’attuare la procedura di esproprio, ai fini dell’acquisizione delle aree, occorre considerare diverse variabili ed in particolare:

1) la correttezza della procedura da intraprendere;
2) i tempi necessari per l’acquisizione delle aree;
3) i costi dell’operazione di acquisizione tramite esproprio.

Esaminiamole separatamente

1) La correttezza della procedura

Mancando il progetto della opera pubblica scuola non v’è dichiarazione di pubblica utilità e quindi non si può procedere con l’esproprio.

L’idea P.I.P. è da scartare in quanto pensare di espropriare le relative aree a servizio della zona industriale non è perseguibile come ampiamente dimostrato nelle note precedenti.

Non resta quindi che perseguire la procedura dell’ A.d.P. di cui all’art.34 del D.Lgs. n. 267/2000 Testo Unico Enti Locali (TUEL) e di cui si è ampiamente parlato nella seconda parte qui pubblicata.

L’amico Giacomo De Lillo in un commento alla mia seconda parte sul tema, ha manifestato l’idea che per attuare l’accordo di programma occorre avere almeno il progetto di massima/preliminare della scuola per poter procedere.

In realtà non è così, in quanto con l’Accordo di Programma si và ad adottare un “programma d’intervento” che se attuato correttamente, coinvolgendo Comune, Città Metropolitana, Regione (per la Variante al PRG) e soggetti interessati all’esproprio ed inoltre lo stesso AdP viene adottato tramite decreto del presidente della Regione si dispone il vincolo preordinato all’esproprio ai sensi del 1^ comma dell’art.10 del DPR 8/6/2001 n° 327 e ss.mm.ii. (legge sugli ESPROPRI).

Quindi la procedura corretta è l’A.d.P.

2) i tempi necessari per l’acquisizione delle aree

a) Se si segue la procedura P.I.P. i tempi da considerare sono:

  •  redazione del nuovo piano attuativo;
  • adozione dello stesso;
  •  osservazioni (da parte di tutti i cittadini) e/o opposizioni (da parte dei soggetti direttamente interessati);
  • controdeduzioni alle osservazioni/opposizioni;
  •  e quindi approvazione.

Da tutto ciò scaturisce la possibilità di esproprio delle aree “Fi” che sono idonee alla realizzazione dei servizi per la zona industriale D3 costituendo standars della stessa area ai sensi del D.M. 1444/’68.

Ma poiché l’opera pubblica da realizzare è una scuola di II grado ossia rientrante nelle aree “F” di interesse generale (ossia destinata ad attrezzature collettive a disposizione della generalità dei cittadini) del D.M. 1444/’68 occorre attuare comunque la variante al Piano Regolatore Generale (P.R.G.) ed a questo punto occorre avere disponibile il progetto della scuola con tempi del tutto ignoti.

A tutto ciò si aggiungono tutti i tempi necessari per l’esproprio.

b) Se si segue la procedura A.d.P. i tempi da considerare sono:

  • Indizione da parte del Sindaco della CONFERENZA di SERVIZI nel cui ambito le
    esigenze composite dei vari Enti, il rispetto delle disposizioni legislative, i vincoli, le
    prescrizioni, trovano nel momento dialettico del confronto, il presupposto per la sua piena condivisione e quindi per l’emanazione del decreto del Presidente della Regione di adozione dell’A.d.P. che và ratificato con Deliberazione del Consiglio Comunale (D.C.C.);
  • I tempi richiesti sono circa 90 gg. per la conferenza di servizi con l’aggiunta dei tempi necessari per l’emanazione del decreto e per la D.C.C..

A questo punto si ha il vincolo di esproprio per le aree interessate dalla scuola e quindi gli ulteriori tempi sono gli stessi di esproprio richiamati in precedenza.

Vediamo perché il tempo di acquisizione delle aree è una variabile estremamente importante.

Ricordiamo infatti che la Città Metropolitana ha impegnato circa 10 milioni di euro per la realizzazione della scuola, ossia ha attuato un atto unilaterale di accantonamento e destinazione di somme per l’erogazione di una determinata spesa. Ma, anche se il politico di turno (prof. Marco Bronzini) non l’ha apertamente ammesso, è del tutto ovvio che questo accantonamento non può essere “sine die” in quanto esigenze di bilancio pubblico non lo permettono, per cui v’è il rischio fondato che questo finanziamento vada perduto se non si riesce ad acquisire le aree.

Un evento del genere sarebbe deleterio per Corato con una perdita molto dolorosa e con gravi responsabilità da parte dei preposti che attuerebbero un ennesimo pasticcio.

3) I costi dell’operazione di acquisizione

Ricordiamo che l’area interessata all’edificazione della scuola deve avere minimo una superficie di tre ettari ossia 30.000,00 mq.
Ovviamente l’esproprio ha un suo costo in quanto ai proprietari va assicutaro un serio ristoro.

Le tecniche di Stima da utilizzare per definire il prezzo d’esproprio, secondo il DPR 8/6/2001 n° 327, sono diverse a seconda che si opera su aree edificabili, quali sono le zone industriali, oppure su aree agricole.

Infatti nel primo caso, zona edificabile, occorre fare riferimento a quello che è il prezzo di mercato derivante dalla media dei prezzi ricavato dalle operazioni di compravendita estesi ad un certo periodo di tempo.
Nel caso specifico, in maniera del tutto cautelativa, possiamo ipotizzare un importo di ≈ 70,00 €/mq che porterebbe il costo dell’esproprio a 2.100.000,00 €.

Nel caso invece che l’esproprio interessa la zona agricola, l’indennità è determinata in base al criterio del valore agricolo del fondo e della coltura effettivamente praticata. Nel caso specifico di Corato il valore agricolo può essere stralciato dalla tabella della commissione provinciale espropri di Bari che per la regione Agraria 1 in cui ricade Corato e prendendo a riferimento la coltura più pregiata si arriva a 3,20 €/mq che considerando tutti gli altri possibili incrementi possiamo tranquillamente portare a ≈ 5,00 €/mq. Quindi con un costo dell’esproprio pari a 150.000,00
È facile quindi in base alla disparità enorme riscontrata convincersi che nessun buon
ammistratore avrebbe dubbi nella scelta che inequivocabilmente ricade sulla zona agricola.

Conclusione

Con queste note potrà sembrare che si sia voluto fare polemica con l’Amministrazione ma lo scopo era ed è completamente diverso. Infatti faccio notare che le polemiche, determinano solo motivi di confusione e non portano a soluzioni che dovranno necessariamente essere immediate ed efficaci.
In realtà lo scopo che si vuol raggiungere è quello di aprire un dialogo tra l’Amministrazione ed i cittadini ossia porre in essere quel processo di partecipazione attiva che tutti desiderano ma che in realtà spaventa.
Ovviamente è chiaro che il processo partecipativo è basato su un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, sulla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, sul fare spazio al suo punto di vista, alla sua opinione e alle sue proposte.
In altre parole dialogare significa un’accoglienza cordiale e non una condanna preventiva. Per dialogare bisogna sapere abbassare le difese, ed essere aperti.

 

 

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