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Malaffare: la Procura di Lecce continua a scavare anche tra i magistrati corrotti. Non ci sono isole felici o minacce all’informazione che tengano, a Corato  come altrove 

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La Procura della Repubblica di Lecce  continua a fare pulizia all’interno dell’Ordine giudiziario. Dopo gli arresti del Sistema Trani, le prime condanne, il processo di primo grado e soprattutto l’inchiesta che prosegue, sempre a Lecce,  per accertare altri fatti delittuosi commessi da magistrati in servizio nella Procura di Trani, ora tocca a Bari. Per questo pubblichiamo integralmente il comunicato stampa della DDA di Lecce che descrive i meccanismi corruttivi, le combine tra un magistrato ed un avvocato. Altre sorprese verranno da questa inchiesta. Gli ennesimi arresti confermano che non ci sono, per troppo tempo, isole felici, prima o poi arriva il turno. La doppia lezione che viene da Lecce (indagine  processi di Sistema Trani) e da Potenza (processo all’ex procuratore capo di Taranto) è che magistrati seri, carabinieri e poliziotti instancabili prima o poi arrivano al risultato. E non ci sono minacce che tengono, nemmeno all’informazione libera. A Corato come altrove.

Ieri i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere nei confronti dei seguenti soggetti:

De Benedictis Giuseppe, magistrato presso ufficio Gip Bari
Chiariello Giancarlo, avvocato del Foro di Bari

In relazione ad altri soggetti, già detenuti per fatti di criminalità mafiosa,  sono in corso notifiche di OCC e perquisizioni.

Numerosi altre persone sono indagate a piede libero e risultano ugualmente destinatarie di decreto di perquisizione, al momento in fase di esecuzione

La misura è stata disposta dal GIP del Tribunale di Lecce su richiesta della Procura della Repubblica- Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce che ha coordinato lunghe indagini consistite in: intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese in uffici e ambienti interni ed esterni, pedinamenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione, perquisizioni e sequestro di ingenti somme di denaro contante.
L’ipotesi  su cui fonda l’impianto accusatorio della DDA di Lecce, anche fatta propria dal GIP, è quella per cui il giudice Giuseppe De Benedictis, GIP presso il Tribunale di Bari, e l’Avvocato Giancarlo Chiariello, dello stesso Foro, abbiano da tempo stretto un accordo corruttivo in base al quale in cambio di somme di denaro in contante, consegnate presso l’abitazione e lo studio del legale, o anche all’ingresso di un bar sito nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il predetto magistrato emetteva provvedimenti ”de libertate” favorevoli agli assistiti dell’Avvocato Chiariello, tra i quali uno anche attinto dalla odierna ordinanza di custodia cautelare. I soggetti beneficiati, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sullo sperimentato accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato di cui sopra, (circostanza peraltro nota da tempo nell’ambiente criminale per come riferito dai collaboratori di giustizia), in cambio della corresponsione di somme di denaro, riuscivano ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o rimissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità, che gli consentivano di rientrare nel circuito criminale, con indubbio vantaggio proprio, del difensore e delle stesse organizzazioni criminali.
Nel corso dell’attività captativa sono state registrate conversazioni in cui il De Benedictis e il Chiariello discutono sulle strategie più idonee affinché il giudice possa motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del predetto avvocato, contano il denaro poi consegnato al De Benedictis, ovvero discutono sugli  importi da imputare alla corruzione (ciò tanto all’interno dell’ufficio del GIP tanto all’interno dell’ascensore del palazzo ove il Chiariello abita, presso i quali gli indagati si sono ripetutamente incontrati e sono stati ripresi, con contestuale registrazione delle conversazioni, dalle telecamere nei pressi installate).
L’encomiabile lavoro dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari delegati da quest’ufficio alle indagini, consentiva di acclarare che, nella giornata del 9 aprile scorso, a seguito di appuntamento fissato con modalità criptiche da collaboratori dello studio Chiariello, così come avvenuto in altre occasioni, il De Benedictis si sarebbe recato presso l’abitazione del legale per riscuotere il prezzo della corruzione dovuto per la concessione degli arresti domiciliari in favore di Ippedico Antonio, attinto da precedente ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., e successivamente collocato agli arresti domiciliari.
I militari, quindi, osservavano il De Benedictis incontrarsi con il Chiariello, salire presso l’attiguo studio legale dello stesso alle ore 8 del mattino, per poi discendere dopo qualche minuto con materiale cartaceo nelle mani e quindi, senza mai essere perso di vista dagli stessi carabinieri, salire sull’auto e recarsi in ufficio. Qui giunto il De Benedictis, ripreso dalle telecamere ivi installate con provvedimento di questo ufficio, tirava fuori una busta piena di banconote dal giubbotto e la riponeva nelle tasche dei pantaloni. A questo punto i Carabinieri intervenivano e procedevano ad eseguire decreto di perquisizione già emesso da questa Procura della Repubblica, sequestrando la somma in contante di circa euro 6.000.
Nell’immediatezza dei fatti il De Benedictis rilasciava a verbale dichiarazioni spontanee con le quali ammetteva di avere ricevuto poco prima dal Chiariello la somma in questione “per il disturbo” e di volersi dimettere dalla magistratura per la vergogna.
La perquisizione veniva quindi estesa presso l’abitazione del magistrato ove, occultate in alcune prese per derivazioni elettriche, venivano rinvenute e sequestrate numerose mazzette di denaro per importi variabili tra 2.000 e 16.000 € per un totale di circa 60.000 €, da imputare, in base all’interpretazione degli elementi di prova acquisiti, alla descritta attività corruttiva.
Sono inoltre stati raccolti elementi tali da ipotizzare che altri indagati siano coinvolti, oltre che in condotte corruttive,  anche in fatti di rivelazione di segreti d’ufficio per avere acquisito e divulgato, illecitamente, notizie custodite in banche datiriservat e, relative a dichiarazioni di collaboratori di giustizia ancora segrete
Oltre a ribadire il grande apprezzamento per l’eccellente lavoro svolto e la grande professionalità dimostrata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, questo ufficio desidera rivolgere un sentito ringraziamento all’Autorità Giudiziaria di Bari e Trani per la collaborazione istituzionale prestata e le segnalazioni trasmesse, che hanno consentito di concludere un’indagine assolutamente doverosa, anche se al tempo stesso dolorosa per tutti noi.
È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l’Istituzione Giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti, e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità.
E’ oggi più che mai necessario che, insieme all’Avvocatura, tutti gli Uffici Giudiziari proseguano nel proprio impegno volto ad assicurare un servizio efficiente e trasparente per la collettività“.
Procura della Repubblica di Lecce
Direzione Distrettuale Antimafia

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