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Beneficenza si… discarica no….

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A soli due giorni dall’uscita del nostro periodico “Il quarto Potere” di novembre, sono stata contattata dal dott. Francesco Zonni, coordinatore della comunità educativa “La casa della mamma”, per un chiarimento riguardante l’articolo pubblicato, dal titolo “Pensavo fosse beneficenza, invece era un calvario”. A conclusione della nostra conversazione è stato doveroso concedere il diritto di replica attraverso questa breve intervista.

 

Dott. Zonni ci conferma che la comunità accetta doni dall’esterno solo il giovedì dalle 15 alle 19.  Non le sembra riduttivo come orario?

Certo, ma c’è una motivazione. Il giovedì pomeriggio, essendoci un operatore in più, possiamo dedicarci al ricevimento, alla selezione e allo stoccaggio dei doni.

 

Dalla nostra chiacchierata mi è parso di capire che vi arriva roba rovinata o rotta, possibile che accada questo?

Purtroppo sì. Per fortuna ci arriva tanta roba, apprezziamo la generosità dei cittadini, ma non bisogna trattarci come discarica. I nostri ragazzi non sono persone di “Serie B” a cui dare vestiti sbiaditi o consumati, scarpe scollate e giocattoli rotti. Il massimo del peggio lo abbiamo raggiunto con un paio di mutande sporche!

 

Di cosa avreste più bisogno?

Di materiale scolastico, ma l’ideale sarebbe ricevere dei buoni presso delle cartolibrerie, così da comprare ciò che serve in base alle esigenze. E poi giochi e abbigliamento.

 

Come funziona la comunità educativa “la casa della mamma”?

In base alle disposizioni del Tribunale, ci sono ragazzi che vivono in comunità e ragazzi che la frequentano solo nelle ore diurne. Vengono affidati a noi per massimo due anni (prorogabili per altri due), poi o tornano nel loro nucleo familiare (se le condizioni lo permettono) oppure si procede con l’affidamento o l’adozione da parte di un’altra famiglia.

 

Quali disagi familiari emergono dai ragazzi che vi vengono affidati?

Da noi arriva di tutto. Ragazzi con genitori inadeguati per droga, prostituzione, violenze, ragazzi con genitori incapaci di educare o gestire una famiglia e una casa. Abbiamo avuto un bambino che veniva abusato dalla mamma. Stiamo parlando di famiglie di Corato e dintorni che le nostre vite frenetiche e l’ipocrisia non ci fanno vedere. Noi fungiamo da “depuratore” tra la loro situazione familiare e il loro futuro.

 

Come si sostiene la Comunità?

Tante sono le aziende che hanno contribuito alla realizzazione della struttura, per esempio con la donazione di pavimenti, porte ed arredi. Poi ci sono i soci e le donazioni. Inoltre, quando il Tribunale sancisce che l’affidamento passa dalla famiglia alla comunità, la retta viene pagata dal comune di appartenenza del ragazzo. Il problema è che i comuni sono in netta crisi e i pagamenti arrivano con grandi ritardi, che si ripercuotono sia sulla gestione della struttura che sulla Società.

 

Cosa intende?

I ritardi creano difficoltà alla struttura nelle spese di gestione, impedendoci di svolgere a pieno ciò che vorremmo e potremmo fare per questi ragazzi a discapito della società.

 

Dai casi che vi vengono affidati, mediamente qual è la fascia d’età che emerge?

Nella maggior parte dei casi si tratta di minori dai 10 anni in su e questo implica un lavoro di rieducazione più complesso, perché è più difficile sdradicarli dal loro ambiente. Intervenire su un ragazzo, con una forma mentis consolidata nel contesto in cui è cresciuto, è molto difficile rispetto a un bambino piccolo. Questo rende più difficile anche il buon esito di un affidamento o di un’adozione, perché le coppie richiedono bambini piccoli con cui affrontare un percorso di crescita insieme e non adolescenti problematici che hanno già un imprinting.

 

Dalla realtà che quotidianamente affrontate all’ interno della comunità che idea vi siete fatti dell’attuale situazione sociale?

Abbiamo l’impressione che ci sia una bomba pronta ad esplodere. La povertà è in aumento così come la mancanza di lavoro, la ludopatia e l’uso di droghe leggere. I servizi sociali e i consultori dovrebbero essere considerati strategici per il benessere della società e le condizioni per poter operare dovrebbero essere le più idonee possibili. Oggi non sempre accade.

 

Il quadro sociale emerso da quest’ intervista non è assolutamente rincuorante, ma per la cronaca, i giocattoli raccolti dagli arredatori della Nuovarredo by Pierre di Molfetta, sono stati ritirati presso la nostra redazione dalla comunità “La casa della mamma”.

 

Ricordiamo che la beneficienza è un atto che va fatto con amore e rispetto perché anche nella povertà c’è una dignità.

 

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