“Niente accade, se non è preceduto da un sogno” (Carl Sandburg)
“Segui il tuo sogno e rendimi felice, vorrei vederti in Tv come giocatore di basket“.
Parole che suonano come un misto tra la profezia e la carica della fantastica mamma Marilù, che con la zia Zoraide, ha cresciuto il piccolo Marcelo in un paese difficile come il Brasile e deceduta solo ai 15 anni del protagonista di oggi, giunto in Italia poco più di un anno prima.
Dilglay Marcelo José Damiao, da Campinas popolosa città dello Stato di San Paolo, come tanti ragazzi, ha sempre voluto inseguire il sogno di sfondare nello sport, perché voleva viaggiare e conoscere il mondo.
Il più grande regalo che lo sport possa fare è consentire di conquistare tante amicizie in tutto il mondo – ci dice Marcelo, protagonista atipico della nostra rubrica, che non potevamo sorvolare, essendo un personaggio di portata Internazionale ormai stabilitosi a Corato.
Un pesce fuor d’acqua in Brasile, patria di Pelé, Zico, Neimar, che sforna campioni di calcio a catena di montaggio industriale.
La verità – ci confessa – che anch’io sognavo di diventare calciatore, ma non avendo piedi buoni e coordinazione, in quanto alto, iniziai a 12 anni a giocare a volley nella squadra del mio quartiere.
Segno del destino fu un infortunio alla caviglia che lo obbligò a restare 1 mese in casa, iniziando a vedere le prime gare di basket MBA, innamorandosi a prima vista.
Gioca con gli amici all’oratorio prima e nel club Regatas, con cui è per 2 anni consecutivi campione regionale e vice campione dello Stato di San Paolo, vincendo in entrambi il titolo di miglior rimbalzista. È merito di un agente scouting argentino, lo stesso di Sconochini, Scarone e altri che il gigante buono ha la chance di venire in prova in Italia alla Fortitudo Bologna.
In realtà – continua – dovevamo andare a Treviso. Ma poi essendoci già Scarone e altri 2, io ed altri 4 siamo stati smistati alla Fortitudo, dove ci sono rimasto io e Milton Nucci, conosciuto al pubblico del Sud avendo giocato a Bisceglie e Bernalda, voluti fortemente da mister Finelli.
Tra Marcelo e Bologna è subito amore a prima vista.
“Bologna è la città ideale, non ci sono aggettivi per descriverla, dal Duomo alla Torre degli Asinelli, con tante attrattive dove c’è tutto e vicino” anche se l’impatto è molto diverso nella lingua e in meglio nel mangiare e nell’ordine.
“Ma è bello girare per la città, dove tutti ti riconoscono e c’è la sana rivalità tra Fortitudo e Virtus, quest’ultima piena zeppa di miei compagni di scuola. Perché a Bologna si vive di basket ed il derby riveste una funzione sacra”.
Dopo 4 anni di settore giovanile, con la sua squadra del cuore che lo ha cresciuto e maturato, il ragazzo venuto da Campinas, bolognese d’adozione, raggiunge il suo sogno, ma soprattutto della mamma che lo protegge dal cielo. Con un bolognese doc, Davide Lemme, arriva il momento dell’esordio in serie A.
“Immaginate lo stato d’animo per un bolognese come Davide, che anni prima aveva tifato dagli spalti e per un altro ragazzino come me, cosa significhi. Salire le scalette tra 8 mila tifosi che applaudivano e cantavano è da pelle d’oca con le gambe che ti tremano. Emozione indescrivibile“.
Damiao non gioca, lo fa la settimana successiva a Trieste per 6 minuti, ma forse per l’emozione dell’esordio, anche per la giovane età è un disastro. Sergio Scariolo grande allenatore, lo catechizza e nella gara successiva con Reggio Emilia si fa trovare pronto, iniziando la sua grande escalation. Nel frattempo per José (2° nome), Palombi Presidente Fortitudo si affretta a blindarlo con la naturalizzazione.
E per lui si aprono le porte della nazionale giovanile, con la quale stravince tutti i tornei giovanili, è 3° in Grecia, conquistando la qualificazione ai mondiali under 20 in Nuova Zelanda, convincendosi sempre più di farne del basket il suo lavoro.
“Anche se hai delle lacune, ma lavori sodo tutti i giorni e sei convinto di potercela fare, alla fine prima o poi ci arrivi e ti togli le soddisfazioni“.
E sono tante le sue, visto che con la Fortitudo mette la freccia alla rivale storica, con gli arrivi di Myers, Djordjevic, Pelutti, Gay, il compianto Blasi e soprattutto “El Diablo” Esposito che fa innamorare tutta Bologna.
“Già al primo anno eravamo consci di poter fare tante cose belle, con il momento più entusiasmante della mia carriera, che è la finale 3 a Milano, dove perdiamo dopo una tiratissima gara, a 3″ dalla sirena dei supplementari con una bomba da 3 di Bodiroga“.
Marcelo non vincerà mai il tricolore, sarà la prima di 3 finali perse, di 4 per la società che raggiungerà l’obiettivo al 5° tentativo, quando lui ha già cambiato casacca. Gruppo ed amicizia è la parola chiave, ” in cui eravamo molto affiatati con tre pseudo- stranieri come me, Powell e Gay che conoscevano tutti i giochi dalla briscola, al 3/7 o Sbarazzino gioco bolognese, o giocando con la prima PlayStation. Uniti anche nelle bravate, come quando in nazionale, in raduno a Milano, io Galanda e Basile abbiamo provato ad aggirare la guardia di Belatti, bloccato nella hall fino alle 3,30 per impedirci di andare al vicino Hollywood, discoteca di grido “.
Prosegue la carriera a Reggio Emilia, Varese Cantù, Pavia, Latina terminando a Scauri in C, dopo aver vinto in nazionale, l’Europeo in Francia nel 99 e l’argento nei Giochi del Mediterraneo nel 97 a Bari.
L’ex centrale brasiliano nel 2009 torna nel suo paese, per stare vicino alla sua famiglia, conducendo una vita normale e sostenendo il progetto IAPPI, insegnando basket ai bimbi delle favelas, povere e pericolose, per tutte le età ed organizzando tanti eventi di carattere sociale, grazie a 3 olimpici offertisi gratuitamente e grazie alla FIB che costruisce un parquet nuovo.
“Ci sono tornato una volta l’anno, da uomo scouting in Italia e in Europa, portando dei ragazzi in provino tra cui mio nipote al Real Madrid, che sarebbe tornato in Brasile dopo un infortunio. Tramite il mio ex agente Lusini, legato al grande Capicchioni, deceduto marzo scorso, lui ha la possibilità di allenarsi a Rimini, rinsaldando dei rapporti di collaborazione”.
Marcelo si è stabilito in Italia da 2 anni e mezzo ed ora è a Corato sempre da uomo scouting, portando due giovanissimi giganti alla corte di Mimmo e Franco Gatta, con cui si sente di stare in famiglia.
“Due fratelli fantastici che vivono di pallacanestro con una passione smisurata: Mimmo dirigente geniale, Franco allenatore di vecchio stampo che lavora ore e ore sul campo con competenza e amore, che manca a molti allenatori “. Marcelo, 46enne lo scorso 19 marzo, è felice della vita fin qui condotta, perché ci dice: “Lo sport mi ha reso migliore di quello che ero e che potevo essere”.
E non ha neanche abbandonato la sindrome di Peter Pan perché conclude: “Stare con i ragazzi ti fa essere come loro, questo spirito non deve mai mancare”.
E il suo messaggio finale è: “Se hai un sogno fai di tutto per raggiungerlo e impegnati al 100% “.
Lui il suo sogno l’ha raggiunto, grazie all’Angelo custode di mamma Marilù. Ora tocca a voi!