“E da allora sono perché tu sei,
e da allora sei sono e siamo
e per Amore sarò, sarai, saremo”
(Pablo Neruda)
Tanti trofei vinti in tutte le salse, nelle vesti di figlia, moglie, madre!
Ma il più sofferto, il più emozionante, anche bello, senza alcun paragone, è il trofeo alzato al cielo nel 2009 dopo la finale di Coppa Italia vinta a Trani.
Giusy Caterina a quella finale ci vuole stare a tutti i costi, perché ha una dedica da fare ed un debito da saldare con una persona che l’ha sempre sostenuta, dandole forza anche in questa stagione complicata, in cui sarebbe l’altra ad averne bisogno: mamma Giuliana.
Per la bella e giovanile ex pallavolista, ora 45enne solo all’anagrafe, quella finale è molto particolare, perché la mamma l’ha persa pochi giorni prima, per un balordo male.
Ma alza ugualmente il braccio “presente”,
perché con tanto ardore ha la missione da compiere, di alzare la Coppa al cielo e raggiungere idealmente la umbra Giuliana.
Un altro importante trofeo nella sua lunga ed entusiasmante carriera lo ha già raggiunto in quello di Aversa Giusy, componente di una famiglia di sportivi, papà Aldo, tifoso di basket e calcio e il fratello Roberto bandiera di basket, ci confessa:
“Ad Aversa nello stesso stabile, eravamo tre ragazze pallavoliste al terzo piano e coincidenza tre ragazzi altrettanto giocatori di volley della squadra maschile di B1 al primo piano. Si intrecciano tanti punti comuni, che creano una amicizia speciale, che ci dà sicurezza e protezione, che a fine giornata, tra una birra ed una pizza, porta a giocare a burraco o a vedere un film“.
A dire il vero – ci spiega Fabio Spescha, allora coinquilino del 1° piano – lo schieramento era di 4 contro 4, perché se loro avevano un cane lupo femmina, noi rispondevamo con un dobermann maschio. Io e Giusy ci incontriamo al palazzetto a settembre. Ed è subito colpo di fulmine, ma di fatto ci diciamo sì solo il 22 aprile (2004)”.
5 anni di differenza tra i due, lui 50 anni, ma con un percorso che ha elementi in comune: entrambi si sono lanciati nel mondo del volley casualmente, provenienti da altri sport, ad età relativamente avanzata, 18 anni. Lei ci arriva con la Sempre Avanti di Maurizio e Salvatore Vernice, consigliata da tecnici, di insistere per una predisposizione innata, dimostrata ai Giochi della Gioventù, dopo aver praticato ginnastica artistica e ritmica, pattinaggio, basket ed equitazione, per curiosità e divertimento – devo tanto alla mia prima società: dopo 2 anni vado ad Andria dove limo la mia tecnica grazie ad Annagrazia Matera, passando in 4 anni dalla serie C, B2 e B1, nella quale categoria giro tanto, da Taranto, Brindisi a Soverato, da Mercato San Severino ad Aversa per finire a Trani – ci dice.
E per un soffio non raggiunge la Serie A per un infortunio nel momento clou.
Una carriera che le consente di coniugare hobby e lavoro, ben retribuita, a cui non pesa il sacrificio di essere lontana dagli affetti familiari, dagli amici e stare sotto la pressione delle esigenze societarie, sottoposta alle regole che richiedono una sana professionalità.
Fabio, romano dei Castelli, parte dal tennis con mediocri risultati ed anche lui si approccia al Volley, alla soglia della maggiore età, grazie ad un amico che gioca in C, a Colonna, piccolo comune metropolitano. La sua escalation è rapida, passando da Zagarolo in C, Genzano e Cori in B fino ad approdare in A2 per 3 anni, grazie ad una serie di fortunate circostanze.
Singolare – ci racconta – è il rapporto con mio fratello Simone, 7 anni più piccolo. Con somma disperazione di mia madre e per spirito di emulazione, lascia il nuoto dopo 9 anni, per dedicarsi al volley ma superandomi fino ad arrivare in A1, vincendo una Coppa Italia, giocando in Champions e convocato in nazionale B e Juniores.
Basta guardarli negli occhi e ti accorgi di quanto affiatato e solido sia il rapporto tra due coniugi con lo stesso hobby.
“Mio marito, dopo un anno da sposati a Roma, pur avendo il suo lavoro, è stato grande a capire il mio stato d’animo, con il coraggio di propormi di reinventarci una nuova vita a Corato, per stare accanto a mia madre che da lì ad un anno ci avrebbe lasciati “.
La carriera di Giusy sta per volgere al termine tra Trani e Corato, in due ambiti che ci tiene a sottolineare “eccezionali”, ringraziando in primis i presidenti Chieppa e Maldera, quest’ultimo anche per suo marito diventato DS e capace di una importante parentesi pallavolistica a Corato, arrivando alla finale di Coppa Italia B2, persa contro Città Fiera di Martignacco (Ud). Ma un pensiero particolare lo rivolge alla cara amica Raffaella Balducci:
“Con Raffaella abbiamo iniziato insieme ed è stata la mia spalla in campo e fuori. Mentre io ho sviluppato la mia carriera lontano da casa, lei ha fatto una scelta di vita diversa. Ma aveva tutte le carte in regola per grandi livelli “.
Figlia prima, moglie poi, manca il terzo tassello di Giusy: madre. In fine carriera a Corato, la passione per questo sport, di questa ormai ultratrentenne ragazza, continua, ma sono i figli la priorità. Ha continuato a giocare per passione anche dopo le due gravidanze (5-6 mesi dopo) ma con un particolare pensiero a loro: “Da neonati (Matteo e Andrea) mi seguono anche in trasferta e durante una partita sentendo il richiamo di mio figlio che piangeva che non mi fa concentrare ed anzi mi destabilizza, chiedo all’arbitro di uscire per allattarlo“.
L’ex schiacciatrice laterale è mamma a tempo pieno, mentre Fabio allena ad Andria per passione. Nessun rimpianto, ricordi indimenticabili con il momento top che per la prima volta è agli antipodi: per Giusy è al tirar delle somme, a fine carriera per aver realizzato equilibri obiettivi e sogno. Per Fabio è ad inizio carriera, quando decide di vivere di pallavolo andando fuori casa, in un volley diverso e più selettivo, nei valori tecnici, umani.
Dai figli non si aspettano nulla se non che abbiano passione, quella che latita nei giovani d’oggi.
Tornano ad essere in sintonia sulla lezione data dallo sport fatta di regole, autonomia, amicizia, rispetto, sacrificio e l’essere diventati uomo o donna. Fabio conclude con un episodio.
Alla vigilia della finale play-off per l’accesso in serie A2 teso come una corda di chitarra, dice ad un suo amico: “non vedo l’ora di andare sotto la doccia a fine partita”.
È questo il succo dello sport, le emozioni uniche che ti regala, prima durante e dopo, che la vita stessa non sempre ti dà: dal tremolio, al sudore, alle imprecazioni, alla felicità, alla rabbia. Gli fa eco Giusy che conclude: “Vorrei che i ragazzi ritrovino il nostro stesso spirito di sacrificio e passione che si ripercuote nella vita. Perché se non hai negli occhi quella passione, non potrai sentirti appagato ed innamorato”.
Sono invece quegli occhi che, parlandosi e guardandosi a distanza di 18 anni da quel fatidico 22 aprile, continuano a brillare e che fanno dire loro:
“Siamo la coppia più bella del mondo….. E ci dispiace degli altri”!