Home Le Eccellenze dello Sport coratino Carrer, la dynasty coratina delle 2 ruote

Carrer, la dynasty coratina delle 2 ruote

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Vittorio Carrer, vincitore Giro d'Italia 2021 ciclocross di categoria

Giornalista: “Che cosa  prova a gareggiare in una corsa che suo padre vinse 30 anni fa”?
Axel Merckx: “Guardi, mio padre ha vinto tutte le gare 30 anni fa”!

Luigi Maurizio Carrer, 52 anni, semplicemente Maurizio per gli amici, come preferisce il Cipollini coratino, è di sangue veneto (nonni paterni), ma nasce e vive la sua fanciullezza a Trinitapoli, la patria di Leonardo Orfeo, che negli anni 70/80 rende la cittadina del tavoliere, regina del calcio giovanile pugliese, lanciando calciatori come Amoruso, Colucci, per fare alcuni nomi.
Maurizio, passa pure dalle grinfie del gotha pugliese, ma il suo pallino è sempre la passione per la bicicletta, ereditata dal papà Vittorio, tifoso di Moser.
Inizia con gare clandestine tra amici, in voga negli anni 70′, dimostrando tutta la sua predisposizione e talento. Passa alle gare ufficiali a 10 anni, inanellando successi a ripetizione e nei 3 anni giovanili è già Campione Italiano giovanissimi.

A soli 14 anni, già determinato fai la valigia di cartone e vai al nord, più tradizionalmente avvezzo al ciclismo che conta.
Dopo il titolo italiano, volli confrontarmi lì, nella patria del ciclismo, vincendo una gara a Padova. Un mio sponsor era di nome Ferrara, che fu frainteso da una società veneta che interessandosi, pensava riguardasse la città emiliana, a 2 passi. Ma non potevano   ospitarmi. E pertanto all’età di 14 anni, mi accasai da uno zio di Montecchio Maggiore (Vicenza), tesserandomi con l’Altavilla Vicentina e passando poi tra i dilettanti alla importante società di Bassano.

Ma qui ci sono state le prime problematiche…
Ho avuto alcuni problemi fisici, che non mi hanno dato una continuità di risultati, costringendomi al ritiro a soli 20 anni, pur rimanendo al Nord, dove per mantenermi ho fatto di tutto, dal barista al cameriere, dal lavaggista al rappresentante.

Ma poi non hai resistito al richiamo di casa e della Puglia.
La famiglia era diventata la mia priorità ed a 27 anni sono tornato a Trinitapoli. Il ciclismo mi mancava, ma mi sono rivolto verso la mountain-bike, disciplina più serena, quasi per un semplice beneficio fisico. Ma già nel 98′ a Caserta, giunse il 1° titolo italiano di cross di mountain-bike.

Fino ad atterrare a Corato…
Ho voluto trasformare la mia passione in idea concreta, in officina, noleggio, negozio commerciale.
A Trinitapoli sarebbe stato un’oasi nel deserto. Sono tuttora innamorato delle escursioni nel verde del paesaggio di Castel del Monte. Fui attratto da Corato, dalla mentalità commerciale, una certa cultura sportiva ed anche la vicinanza a tante realtà imprenditoriali per finanziare i miei obiettivi. Alcuni amici hanno fatto il resto convincendomi a stabilizzarmi a Corato. Sono da 22 anni qui ed ho raggiunto i miei obiettivi, familiari compresi, anche se ora la posizione risulterebbe ininfluente.

I risultati e gli obiettivi sono cresciuti nel tempo… 
16 titoli, 12 nel cross e 4 in mountain-bike, un progetto per giovani con la passione trasmessa.

E c’è ora il rischio che gli allievi superino il maestro…
La società Eurobike annovera ragazzi come il biscegliese Loconsolo, 2 volte campione d’Italia, il barese Antonio Bassi, l’andriese Fabio Di Stefano ed il tranese Antonio Ricchiuti.

Ma anche i tuoi figli Vittorio (2003), fresco vincitore di Giro d’Italia di ciclocross e Ivan (2004), vincitore Giro d’Italia ciclocross 2018.
Il potenziale di entrambi è notevole. Se non ci fosse il Covid, Vittorio sarebbe nel Lazio, nel Team Terenzi, grazie ad un consorzio Puglia-Lazio sotto la guida di Leonardo Piepoli e Laddomada.

Pur a cavallo della pandemia, la stagione è stata trionfale…
Io ho vinto il 16° titolo, che mi ha fatto pensare al rammarico di aver perso un treno della mia vita, a Lecce, in Puglia nella mia terra. Vittorio, con 2 tappe in anticipo, ha vinto il giro d’Italia di categoria, nominato n.1 in Italia, in attesa di passerelle internazionali.

Quanto vuole vincere Maurizio e cosa si auspica per i suoi figli?
Io vorrei vincere gli Europei di categoria (M5 a breve M6), che ho già sfiorato con un 4° posto, prima di dedicarmi definitivamente ad un’attività prettamente motoria.
Per i miei figli, mi auspico entrino nella Pro-Tour, per una carriera da professionisti su strada, considerando che abbiano una duttilità che consente loro in subordine, anche di ripiegare su cross e mountain-bike.

Prima di chiudere, un occhio generale. Un commento su Doping e storia Pantani
Il doping esiste a certi livelli, ora sotto controllo b. nei limiti consentiti, anche se può creare alla base, specie tra gli amatori, uno spirito di emulazione.
Pantani, ruppe degli equilibri, diventando per lui un boomerang, volendo dimostrare di poter vincere “nature” contro mostri sacri costruiti in laboratorio.
Ed il suo stop fu decretato, quando le sue continue imprese, rischiarono di appiattire un mondo in cui tutti gli altri erano relegati ad un ruolo da comparse.

Il tuo messaggio finale.
Lo sport è stile di vita, un equilibrio di obiettivi che si possono raggiungere solo con vita sana e sacrificio.

Dietro il cognome Carrer finora, si cela il nome di Maurizio, ma ci sono ormai tutte le premesse, che i 2 figli allievi, superino il maestro. E certamente Maurizio ne sarà molto contento, perché significherà che i risultati saranno veramente clamorosi.

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