Home Teatro In scena al Teatro Comunale di Corato “A che servono questi quattrini”

In scena al Teatro Comunale di Corato “A che servono questi quattrini”

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Con Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase

Venerdì 11 febbraio, ore 21, nell’ambito della stagione teatrale organizzata in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, va in scena al Teatro Comunale di Corato “A che servono questi quattrini”, con Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Chiara Baffi, Luciano Saltarelli, Fabrizio La Marca per la regia di Andrea Renzi.

La commedia, scritta da Armando Curcio e messa in scena per la prima volta nel 1940 dalla compagnia dei De Filippo con grande successo di pubblico, ruota intorno al Marchese Parascandolo detto il Professore che per dimostrare le sue teorie socratiche, bizzarre e controcorrente, ordisce un piano comicamente paradossale che svela l’inutilità del possesso del denaro.
In occasione dello spettacolo, alle 18:30, al Teatro Comunale la compagnia incontrerà il pubblico. Modera l’incontro Stefania Leo, giornalista de Linkiesta.it.
Info: www.teatropubblicopugliese.it

La Pirandelliana e Teatro di Napoli–Teatro Nazionale
Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase
A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI
di Armando Curcio
con Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Chiara Baffi, Luciano Saltarelli, Fabrizio La Marca
scene Luigi Ferrigno
costumi Ortensia De Francesco
luci Antonio Molinaro
regia ANDREA RENZI
A che servono questi quattrini è una commedia di Armando Curcio messa in scena per la prima volta nel 1940 dalla compagnia dei De Filippo con grande successo di pubblico.
La vicenda ruota intorno al Marchese Parascandolo detto il Professore che per dimostrare le sue teorie socratiche, bizzarre e controcorrente, ordisce un piano comicamente paradossale che svela l’inutilità del possesso del denaro. L’Italia di lì a poco sarebbe entrata nel conflitto della II Guerra Mondiale e il mondo post-capitalistico dell’alta finanza era di là da venire ma l’argomento, così esplicitamente indicato nel titolo, stuzzicò la curiosità del pubblico di allora tanto che, pochi anni dopo, nel 1942, la commedia venne trasposta sugli schermi cinematografici per la regia di Esodo Pratelli con Eduardo e Peppino De Filippo. Il protagonista immaginato da Amando Curcio, a metà strada tra un filosofo stoico e un astuto truffatore, non voleva, né poteva, mirare al bersaglio della Grande Economia ma certo l’ordito della sua trama e delle sue paradossali speculazioni sollecitano anche in noi uno sguardo disincantato (e saggio) sugli inganni della categoria dell’ECONOMICO, che tutto, oggi, pervade. I temi dell’inutilità del denaro e della dannosità del lavoro, benché calati nella realtà di due famiglie napoletane degli anni ’40, una poverissima l’altra in apparenza arricchita, riescono, sul filo del paradosso, a incuriosirci ad aprirci nella fantasia strade alternative e a divertirci.

 

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