“La famiglia del cittadino di Corato che ha contratto il covid-19 invita la cittadinanza a non pubblicare foto personali, dati e notizie non veritiere.
Grazie”
a cura della redazione
In questo momento storico dove tutto viene chiuso, dove tutto viene bloccato, dove tutto sta assumendo una sorta di immobilità, a correre veloce è la tecnologia.
E per fortuna che c’è, mah…!
Siamo tutti chiusi in casa, ma affacciati al mondo esterno dalla grande finestra virtuale dei social.
Questi ultimi corrono a una velocità inaudita, siamo tutti in rete, una rete che spesso per tanti diventa inconsapevolmente una trappola pericolosa.
Sui social si discute, si esternano pensieri, “a cosa stai pensando” , emozioni, gioie, dolori, lamentele, denunce etc etc ma spesso si perde il controllo, se ne fa un uso smodato e scorretto ai danni di terze persone.
In questi giorni proprio nella nostra Corato in merito al tema Coronavirus i social sono stati presi d’assalto, quello che non si può fare al mercato settimanale, al bar tra un caffè e l’altro, nella piazza di paese o in qualsiasi altro punto d’incontro dove magari l’amico, conoscente o parente avvicinandosi all’orecchio bisbiglia frasi del tipo: ” Ma sai che quello…. ” oppure “hai saputo che tizio…” o ancora ” ho saputo che Caio è….”
con tanto di frase finale “non ci siamo detti niente…” o un classico ” rimane qui… ” ma che puntualmente non accade o quasi mai, lo si sta facendo appunto in rete.
Gli effetti di questa “triste e non voluta” vicenda si sono manifestati in tutta la loro “virulenza”, indegna e deplorevole, attraverso l’uso dei social media e in particolare utilizzando whatsapp.
Vi è stata una vera e propria “CACCIA ALL’UNTORE” facendo veicolare, in un tam tam vertiginoso, foto riproducenti i volti di una intera famiglia tanto da costringere la stessa, quest’oggi, a fare un appello attraverso la nostra testata:
“La famiglia del cittadino di Corato che ha contratto il covid-19 invita la cittadinanza a non pubblicare foto personali, dati e notizie non veritiere. Grazie”
Del pari grave e deplorevole, è l’aver additato con ogni epiteto attività commerciali e aziendali asserendo che i titolari e i collaboratori di “queste” sono venute in contatto con il “malcapitato e i suoi stretti congiunti”.
Tutto questo ci indigna e ci fa prendere una netta distanza da comportamenti inqualificabili che se anche dettati da paura e panico non devono essere assolutamente tollerati ma, solo stigmatizzati.
Ricordiamo a TUTTI che il COVID 19 non guarda in faccia a nessuno e in questo specifico caso la malattia è solo una disgrazia e non una colpa.
In ragione di questo siamo a rappresentare la volontà dei “destinatari” di questi indicibili comportamenti di porre in essere, attraverso i propri legali e nelle sedi deputate di giustizia, ogni azione finalizzata al ripristino della verità dei fatti e alla salvaguardia della propria reputazione individuale e sociale.
Da ultimo ma, di vitale importanza civica, è doveroso sapere che l’art. 595 comma 3° del C. P. “Reato di diffamazione aggravato dall’uso dei social” sanziona i/il responsabile con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Ricordiamo sempre di continuare a rispettare e ad osservare le misure di contenimento del rischio di contagio da coronavirus (restiamo in casa, usciamo solo per vera necessità) e AUGURIAMO al nostro concittadino una pronta guarigione.