Giulia Masciavè, Autore presso Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/author/giulia-masciave/ Le notizie sotto un'altra luce Sat, 07 Mar 2020 08:13:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 https://ilquartopotere.it/wp-content/uploads/2018/12/cropped-icona_512-32x32.png Giulia Masciavè, Autore presso Il Quarto Potere https://ilquartopotere.it/author/giulia-masciave/ 32 32 La figura della donna – Cosa ne pensano – Intervista ad Angela Adduci https://ilquartopotere.it/societa/la-figura-della-donna-cosa-ne-pensano-intervista-ad-angela-adduci/ https://ilquartopotere.it/societa/la-figura-della-donna-cosa-ne-pensano-intervista-ad-angela-adduci/#respond Sat, 07 Mar 2020 08:13:33 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=4598   “La libertà e la determinazione della donna fa paura” In questa conversazione ci siamo confrontate sulla figura della donna a Corato, soffermandoci su sfide, vecchie e nuove consapevolezze, ma anche criticità. Angela Adduci è una preside coratina che ama i colori. Ci racconta come nei suoi due Istituti d’Istruzione Superiore, il Liceo Classico e […]

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“La libertà e la determinazione della donna fa paura”

In questa conversazione ci siamo confrontate sulla figura della donna a Corato, soffermandoci su sfide, vecchie e nuove consapevolezze, ma anche criticità.

Angela Adduci è una preside coratina che ama i colori. Ci racconta come nei suoi due Istituti d’Istruzione Superiore, il Liceo Classico e delle Scienze Umane “Alfredo Oriani” e l’Istituto Professionale “Luciano Tandoi”, ha proposto ai suoi alunni di dipingere le aule dove ogni giorno studiano e si confrontano. “Si devono sentire a casa” ribadisce.

Secondo lei, c’è stata una evoluzione della figura della donna a Corato?

Io ritengo che in qualche modo l’evoluzione ci sia stata. Se noi ci guardiamo attorno, ci sono delle realtà dove spiccano figure preponderanti femminili. A Corato abbiamo una realtà imprenditoriale come la Granoro con un amministratore delegato donna. Se andiamo nella scuola, la maggior parte dei dirigenti scolastici è donna anche se a Corato le donne sono a capo solo di due istituti superiori. Questo si spiega con un passato processo di differenziazione: i dirigenti uomini prevalevano negli istituti superiori mentre nelle scuole elementari e medie vi erano dirigenti donne. E questo non va bene. Nell’albo storico dei presidi dell’Oriani per esempio emerge come io sia stata la prima donna a ricoprire questo ruolo.

C’era una idea di fondo che se una donna fosse andata a dirigere una scuola, un vicepreside uomo le sarebbe stato affiancato. Come se la donna avesse un qualcosa in meno. Quando sono diventata preside per la mia prima volta, io mi sono sentita dire da una donna collaboratrice: “Eh ma questa preside non ha “le physique du rôle”. Infatti, insediatami, nei primi giorni cercavano sempre un preside uomo e si stupivano nel trovare me. Ci sono delle sacche appartenenti allo stesso mondo femminile ancora poco educate all’importanza delle esperienze che la donna sin da giovane deve cercare di vivere ed è inammissibile che noi dobbiamo faticare più degli uomini per dimostrare che valiamo anche noi.

E quello che fa ancora più male è la mancanza in politica di una figura di riferimento donna. Questa è una carenza grave.

 E come se la spiega questa carenza?

Forse non si capisce il concetto di politica. Per me la politica nasce dalla radice della parola stessa, polis = città, quindi tu operi per la città e personalmente operando per la città faccio politica, perché ho un attaccamento verso la mia città e il mio territorio. E questa partecipazione alla vita cittadina si fa in tanti modi, nella scuola ad esempio attraverso le assemblee d’istituto dove trasmetti ai ragazzi la consapevolezza di essere cittadini e di avere una voce. Perché però le donne non sono attive nel ruolo amministrativo della città coratina? Un motivo è perché si ha scarsa considerazione della figura della donna in politica, si pensa che le donne non siano capaci di governare. Ma la realtà è che la libertà e la determinazione della donna fanno paura.

Ma pensa che siano anche le donne a non credere in un ruolo in politica?

Non lo penso. Io nutro ancora molto speranza, anzi. Durante la mia giovinezza, ho creduto molto nel movimento di emancipazione femminile. Questo è dovuto anche ad un forte esempio nella mia famiglia: negli anni ’20, mia nonna rinunciò ad una eredità per mettere su il suo proprio negozio. Ho sempre ritenuto importante avere un contesto di emulazione positivo in famiglia: era normale per me che le donne lavorassero e si realizzassero. Io poi mi sono trovata nel periodo più acuto delle lotte femministe. Però ora credo ci sia stata una degenerazione della figura femminile.

Come mai?

Credo che i prodromi reali della dignità della figura femminile siano stati traditi dalle generazioni che sono venute dopo, perché io vedo una sorta di acquisizione dei costumi maschili, non un rafforzamento della dignità femminile. Quando noi abbiamo lottato per avere dei diritti dopo, inoltre, non c’è stata un’attenzione particolare da parte delle istituzioni a ciò che noi abbiamo richiesto attraverso le nostre manifestazioni e il nostro voto. Ad esempio, i consultori. Quando io avevo 20 anni erano molto attivi e anche nelle scuole si faceva educazione alla salute, poi si è perso. Le istituzioni hanno smesso di investire su istituti che potevano essere funzionali alla salute e alla evoluzione della donna.

Quando lei affermavedo una sorta di acquisizione dei costumi maschili, non un rafforzamento della dignità femminilecrede che manchi una identità femminile?

Credo che si sia entrati in un meccanismo di forte competizione con i maschi, per cui io acquisisco questo atteggiamento maschile, ma non sto rafforzando il mio ruolo femminile. Penso che ci sia bisogno di un lavoro sincronizzato tra famiglia e scuola per fare acquisire alle giovani donne una consapevolezza e rafforzamento di se stesse. Io ho sempre spinto le mie ragazze allo studio, alla capacità di discernere e alla autonomia economica. È importante crearsi una autonomia mentale e reale: da un lato si deve studiare e rendersi conto di avere libertà di scelta, ma per avere tale libertà bisogna avere anche gli strumenti per affermarsi come donna e non come “moglie/ fidanzata di”. Quanta gente, soprattutto nell’alta borghesia, non lascia il compagno per paura di perdere una sorta di agiatezza economica acquisita attraverso un matrimonio, una relazione? Dico sempre alle mie studentesse che serve dignità. Dignità di essere donna. Da noi la donna ha un ruolo primario nella famiglia, classico esempio di matriarcato forte, ma all’esterno questo ruolo forte, tale forza viene coperta, assistendo quindi a una sorta di dissociazione del ruolo femminile tra pubblico e privato. Nella realtà coratina si è abituati a lasciare che la parte pubblica sia gestita dagli uomini e forse noi donne, prese dal realizzare noi stesse combattendo di più per raggiungere i nostri obiettivi in famiglia e sul lavoro, troviamo più difficoltà nell’affermarci nel pubblico. Ma la troviamo soprattutto per il nostro essere chiare e leali, due qualità spesso osteggiate da chi non vuole sovvertire la realtà. Scambiano spesso la nostra determinazione per aggressività soltanto perché noi dobbiamo continuare ancora, ad oggi, dimostrare quanto valiamo.

Su cosa si dovrebbe lavorare?

Sulla testa soprattutto e poi sull’apparenza, su come ci poniamo in pubblico. Non è l’andare al bar o fumare per strada che fa di una donna una persona affermata nel privato quanto nel pubblico se poi si è in preda ancora ad alcuni preconcetti. Per esempio, lotto molto quando è tempo di gite scolastiche, succede ancora, anche se in minor parte, che le ragazze vengano da me dicendo che in gita non possono venire perché i loro fidanzati non vogliono; bisogna far comprendere che certi comportamenti non sono tollerabili e la scuola su questo ha il dovere di lavorarci. Ritornando alla vita politica, quello che ho notato è che manca da parte della realtà politica coratina una intelligenza nell’ascoltare. Ti usano come figura femminile oppure ti ignorano. Tutte le nostre lotte sono state sminuite, manca quell’attivismo civico che coinvolga tutti.

Noi donne dobbiamo essere educate maggiormente alla cittadinanza attiva, alla conoscenza dei nostri diritti e di cosa significa emanciparsi in maniera concreta e non superficiale, mettendoci in prima fila, esponendoci.

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Inaugurato con successo l’indirizzo Scienze Umane al Liceo Classico “A. Oriani” https://ilquartopotere.it/scuola/inaugurato-con-successo-lindirizzo-scienze-umane-al-liceo-classico-a-oriani/ https://ilquartopotere.it/scuola/inaugurato-con-successo-lindirizzo-scienze-umane-al-liceo-classico-a-oriani/#respond Thu, 03 Oct 2019 18:08:55 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=2151 “Convivialità relazionale e corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia”, un tema pressante dei giorni nostri dove spesso il mancato lavoro di sinergia tra docenti e tutori ha portato a dissapori e mancanza di risoluzioni di problemi educativi degli studenti coinvolti. L’Agorà Felice Tarantini è gremita di professori e studenti e genitori in questo pomeriggio di […]

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“Convivialità relazionale e corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia”, un tema pressante dei giorni nostri dove spesso il mancato lavoro di sinergia tra docenti e tutori ha portato a dissapori e mancanza di risoluzioni di problemi educativi degli studenti coinvolti.
L’Agorà Felice Tarantini è gremita di professori e studenti e genitori in questo pomeriggio di ottobre. L’occasione è delle più importanti per il Liceo Classico “Alfredo Oriani” che oggi inaugura un nuovo indirizzo didattico dedicato alle Scienze Umane. La nascita di questo liceo- si sono formate due classi di prima superiore- è un gemellaggio con lo storico istituto classico coratino.

A fare come sempre gli onori di casa è la dirigente prof.ssa Angela Adduci. “E’ una giornata molto particolare” così la definisce, descrivendo come la creazione di questo indirizzo sia stato possibili grazie ad un lavoro di cooperazione tra la dirigenza scolastica e il contesto culturale e politico di Corato. “Diamo ai ragazzi di Corato una migliore offerta sul territorio attraverso il Liceo delle Scienze Umane. Da sempre il Liceo Oriani crede nella formazione più varia, dalla matematica alla comunicazione, a cui si aggiungono quello sociosanitario ed enogastronomico dell’Istituto Tandoi. Per me è una gioia vedere una gioventù che cresce nelle nostre sedi. Siamo una famiglia.”

Il senso di condivisione dell’Oriani e del Tandoi è confermato anche stasera, con i ragazzi dell’indirizzo enogastronomico a capo della realizzazione del rinfresco organizzato per questa serata storica, come la definisce il professor Andrea D’Ercole, vicepreside del Liceo Oriani, “sta a noi valorizzare questo passaggio nel migliore dei modi come utenza e come docenti”.

Momento centrale di questa inaugurazione è stato sicuramente il seminario tenuto da Giuseppe D’Elia, professore ordinario di pedagogia presso l’Università di Bari e direttore del For.Psi.Com. La sua presentazione ha avuto come filo conduttore la “convivialità relazionale e corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia”, un tema pressante dei giorni nostri dove spesso il mancato lavoro di sinergia tra docenti e tutori ha portato a dissapori e mancanza di risoluzioni di problemi educativi degli studenti coinvolti.

“Sono molto legato agli studenti per un fatto di corresponsabilità. È un patto di chiarezza tra me e loro, tra cosa mi aspetto dal loro studio e cosa loro si aspettano dalla mia formazione accademica.  A scuola l’universo formativo è diverso, i rapporti alunni-docenti sono diversi.  È importante creare alleanze tra genitori e docenti, fatte di relazioni alla pari. Diverso è il rapporto con gli alunni e con i figli, un rapporto non alla pari perché le responsabilità sono diverse” esordisce il prof D’Elia. “Ma oggi sembra essere preponderante il conflitto tra scuola e famiglia, come anche intergenerazionale, si vogliono falsificare le relazioni creando grossi problemi per la parte più debole: i ragazzi”.

Di grande importanza per il docente universitario è l’autonomia scolastica nell’educazione e formazione del suo corpo studentesco, come di grande preoccupazione è l’educazione informale che incorre specialmente attraverso i social “Fare i genitori è molto più difficile oggi perché non si ha totale controllo di questa educazione digitale e si tende ad essere permissivi”.

Il prof D’Elia è critico sull’attuale fase sociale e culturale che stiamo respirando in Italia, sottolineando come gli episodi di razzismo e separatismo diano vita a modelli di vita pericolosi. Ecco che viene fuori l’importanza della scuola nel dover essere luogo privilegiato del processo di apprendimento di pratiche di accoglienza e non solo di nozioni mnemoniche. “Dobbiamo recuperare il senso del valore della comunità, partendo dalle scuole. Significa mettere insieme soggetti diversi, facendo della didattica inclusiva. È il modo in cui decidiamo di stare insieme che ci rende o meno comunità”.

Punto importante è stato la questione regole, tanto osteggiate nel discorso politico e pedagogico. “La democrazia ha bisogno di regole. Nel nostro Paese abbiamo messo da parte regolamenti normativi senza fare un’analisi di ciò che funzionava e ciò che andava accantonato”. D’Elia ribadisce l’importanza di corresponsabilità tra genitori e insegnanti nel dare regole ai ragazzi per aiutarli a gestire situazioni non solo scolastiche, ma anche della vita quotidiana. “L’interferenza dei genitori nuoce al processo di maturazione dei ragazzi”.

Siamo in una fase culturale dove diamo un’enfasi alla parola comunicazione e il professore richiama l’attenzione sulla crisi paradossalmente delle qualità delle relazioni, frutto di un atteggiamento nichilista, tendente alla negatività. “La scuola deve inventarsi qualcosa per gli studenti a cui lo studio non piace. È lì la vera scommessa formativa. Noi docenti non dobbiamo essere sanzionatori, ma dobbiamo fare il nostro massimo possibile per incuriosire e sostenere i nostri studenti”.

Nel dibattito seguito al seminario, sia giovani che docenti hanno posto domande su cosa debba essere migliorato nel lavoro di sinergia tra scuola e famiglia.  Si è parlato della proiezione dei sogni degli adulti nei bambini, ma anche delle ansie di prestazione dei ragazzi nel voler gratificare i genitori attraverso diploma e laurea, “una sorta di ascensore sociale, specialmente da noi al Sud”. “L’importanza dei contenuti disciplinari è importante, ma su tali basi dobbiamo aggiungere altre variabili emotive che favoriscono o ostacolano un ragazzo o una ragazza. “Se io non so riconoscere le mie emozioni, io non potrò mai aiutare i miei allievi e i miei figli”.

L’incontro inaugurale del Liceo delle Scienze Umane si è concluso con un’affermazione importante del professor D’Elia: “Dobbiamo recuperare le relazioni umane se vogliamo migliorare le relazioni educative e produrre benessere e positività”.

 

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Occorre risvegliare le coscienze educare alla bellezza e alla legalità del Noi Il primo Festival della Legalità a Corato https://ilquartopotere.it/societa/occorre-risvegliare-le-coscienze-educare-alla-bellezza-e-alla-legalita-del-noi-il-primo-festival-della-legalita-a-corato/ https://ilquartopotere.it/societa/occorre-risvegliare-le-coscienze-educare-alla-bellezza-e-alla-legalita-del-noi-il-primo-festival-della-legalita-a-corato/#respond Sat, 28 Sep 2019 11:54:32 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=2054 Le serate del 26 e 27 Settembre hanno ospitato il Festival della Legalità, il primo del suo genere a Corato, organizzato dall’Associazione Nuova Umanità in collaborazione con Legambiente e l’Associazione Antiracket FAI. Un’opportunità per ascoltare e confrontarsi con chi parla, lavora e combatte la criminalità organizzata, proponendo con il suo esempio di quella “cittadinanza positivamente […]

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Le serate del 26 e 27 Settembre hanno ospitato il Festival della Legalità, il primo del suo genere a Corato, organizzato dall’Associazione Nuova Umanità in collaborazione con Legambiente e l’Associazione Antiracket FAI. Un’opportunità per ascoltare e confrontarsi con chi parla, lavora e combatte la criminalità organizzata, proponendo con il suo esempio di quella “cittadinanza positivamente inquieta” che Don Luigi Ciotti auspica in Italia.

E’ stato soprattutto un momento per la nostra città di riflessione su come sia necessaria una collettività solidale e coraggiosa per poter cambiare rotta dinanzi alle costanti e intraprendenti infiltrazioni criminali sul nostro territorio.

Durante la prima serata intitolata “La Legalità del Noi”, sul palco, posto a Piazza Mentana, sono saliti il Dott. Giuseppe Gatti, Sostituto Procuratore della DDA di Bari, Giovanni Bianco, giornalista RAI, il Dott, Renato de Scisciolo, Presidente Associazione Antiracket (sezione di Molfetta), Maurizio Altomare, avvocato dell’Associazione Antiracket FAI, e Angela Castellano, vittima di racket e presidente dell’Associazione Antiracket (sezione di Bitonto). Ognuno di loro ha offerto la propria testimonianza e la propria convinzione di come un’educazione civica che stimoli all’incontro e non alla prevaricazione siano le fondamenta per una società libera.

È stato il Dott. Gatti a dare una definizione di “Legalità del Noi”, partendo dall’affermazione di come anche le mafie del territorio barese e foggiano, paradossalmente, abbiano la loro idea di legalità, incentrata sulla prevaricazione e la violenza contro la comunità. “Alla legalità dell’Io tipica dei clan dobbiamo contrapporre la legalità del noi, fatta del fare squadra, di costruzione di relazioni solidali nel rispetto dei diritti fondamentali, come recita la nostra Costituzione”.

Nel raccontare le mafie del nostro territorio c’è una nota di avvertimento su come i clan abbiano consolidato la loro scacchiera criminale, dividendosi il controllo delle zone provinciali, con la loro impronta per gli affari e la suggestione del guadagno facile giocata sui più giovani.

C’è stata anche la possibilità di fare un punto della situazione del giornalismo locale e delle difficoltà di fare inchiesta sul territorio con i conseguenti rischi di ritorsioni. Per Bianco è importante che i giornalisti e i media nazionali facciano da scorta mediatica a tutti i colleghi che sfidano la criminalità locale attraverso la condivisione del loro lavoro, “perché la battaglia del singolo diventi la battaglia di tutti”, in nome di quelle relazioni solidali di cui Gatti ha parlato. Perché la mafia si può battere e, come sottolineato da Bianco, “i mass media hanno il dovere di non rappresentare la mafia come imbattibile, quasi eroica, anzi bisogna dare spazio a quella collettività resiliente che la combatte”.

L’intervento sicuramente più emozionante è stato quello di Angela, vittima di racket che ha subito attacchi fisici e minacce dopo aver denunciato quattro usurai della sua città, Bitonto. “Ho denunciato per amore dei miei figli, avevo paura per loro e la mia rabbia di mamma mi ha spinto ad andare alla polizia”. Quando le chiediamo come questo suo atto di coraggio sia stato recepito dalla sua città, la sua risposta è: “ho ricevuto zero solidarietà, sono stata isolata. Questo perché vige ancora tanta omertà”. È un’amarezza compensata con incontri come questo festival dove invece la gente ascolta con interesse e partecipazione. Angela riflette anche su quanto sia importante il supporto delle associazioni antiracket dal momento in cui una vittima denuncia fino al dopo-processo. “È importante far sapere alla vittima che non è sola, soprattutto durante i processi durante i quali gli imputati e i loro famigliari sono presenti con fare intimidatorio. Noi diamo il nostro supporto sia concreto che morale” le fa eco l’avvocato Altomare.

De Scisciolo fa riferimento alla realtà coratina, raccontando di come l’associazione FAI abbia supportato poi quegli imprenditori che hanno denunciato gli usurai locali e inoltre lancia un allarme riguardante il calo delle denunce di racket e usura. “Solo con le segnalazioni il cerchio non si spezza” è il suo ammonimento.

La seconda serata è stata dedicata al tema: “Il rapporto tra mafia ed ecologia” che mai come oggi con un rinnovato attivismo ambientale assume rilevanza. A salire sul palco questa volta è stato il Dott. Francesco Tarantini, Presidente Regionale Legambiente Puglia e nuovo Presidente del Parco dell’Alta Murgia. Il primo argomento affrontato è l’ecomafia attraverso una dettagliata presentazione del Rapporto Ecomafie 2019 redatto da Legambiente in collaborazione con le Forze dell’Ordine. Tarantini definisce i responsabili di crimini ambientali “ladri di futuro”, perché rubano e deturpano il nostro territorio con il loro smaltimento illecito di rifiuti, le contraffazioni agroalimentari, gli abusi edilizi e le depredazioni dei tesori archeologici.

Parlando di come affrontare i reati ambientali e l’emergenza climatica, risultato di anni di silenzi e inazione, il dibattito ha guardato al contesto regionale con i suoi ancora alti tassi di tombamento dei rifiuti, ma anche degli impegni a processi di decarbonizzazione e di attivazione di fonti di energia rinnovabile e di depurazione delle nostre acque, quest’ultima ancora un grande lavoro in corso. “La Puglia dà energia alle altre regioni, ma poi prende acqua pulita da altre parti per mancanza” commenta Tarantini. Un altro punto da lui sottolineato è stata l’importanza di intraprendere un’economia circolare, basata sul riciclo e riuso dei rifiuti. Da qui l’importanza di sensibilizzare i giovani alla green economy facendo conoscere aziende che fanno del rifiuto riciclato il loro materiale di produzione. “Abbiamo in Puglia 44 aziende del genere, di cui 3 a Corato. La valorizzazione del rifiuto è importante”.

Sollecitato dal pubblico a parlare del Parco dell’Alta Murgia e di Corato, sua città natale, Francesco Tarantini non risparmia idee e riflessioni critiche.

L’obiettivo principale è quello di educare alla bellezza attraverso una partecipazione più attiva nelle scuole dei volontari, delle associazioni locali che si occupano di ambiente e territorio, ma anche un maggiore lavoro di sinergia tra i 13 comuni che fanno parte del Parco Nazionale, le forze dell’ordine poste a tutela delle risorse naturali e gli agricoltori. Secondo Tarantini, bisogna puntare sulla costruzione di un’autentica proposta turistica che punti sui prodotti locali, ma anche su percorsi smart e guide multilingue. “Tutti, cittadini compresi, devono fare gioco di squadra. Bisogna far capire che il parco è una risorsa”.

Guardando alla realtà coratina, l’analisi di Tarantini fa emergere come sia necessaria una visione comune del bene pubblico che porti a una mobilità intelligente, a una progettazione seria degli spazi verdi, ad aggiornare un piano delle antenne elettromagnetiche. “Bisogna lavorare molto sullo stile di vita e sull’efficientamento del sistema edilizio se si vuole combattere il cambiamento climatico” è la sua conclusione a questo incontro.

Non è mancata la nota polemica da un presente tra il pubblico, un osservazione a suo dire, che dopo un apprezzamento sull’iniziativa ha rimarcato come l’evento potesse sconfinare in una campagna elettorale anticipata, alludendo chiaramente all’associazione Nuova Umanità, promotrice e organizzatrice del festival. Un’osservazione inopportuna, forse, che denota come ancora una volta si vedano convegni all’educazione alla cittadinanza attiva tinti di colori politici specifici quando invece dovrebbero essere accolti con positività se si ha a cuore una rimessa in moto della nostra città.

Corato, in questo momento, ha bisogno di un risveglio delle coscienze e le vie devono essere trasversali.

Altra nota dolente, ma questa volta dalle nostre osservazioni sulla partecipazione all’evento.

Ci è dispiaciuto vedere scarsa partecipazione da parte della componente giovanile di Corato, nonostante il festival sia stato promosso nelle scuole locali. Bianco parlava delle capacità di mobilitazione dei giovani, prendendo spunto dallo Sciopero Globale per il Clima.

Sarebbe stato bello aprire un dibattito circolare con chi ha nelle sue mani il futuro della nostra città.

 

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Intervista ad AnnaMaria LaMonica – Corato rischia di perdere la sua storia e la sua cultura https://ilquartopotere.it/news/intervista-ad-annamaria-lamonica-corato-rischia-di-perdere-la-sua-storia-e-la-sua-cultura/ https://ilquartopotere.it/news/intervista-ad-annamaria-lamonica-corato-rischia-di-perdere-la-sua-storia-e-la-sua-cultura/#respond Thu, 19 Sep 2019 13:11:01 +0000 http://www.ilquartopotere.it/?p=1960   AnnaMaria LaMonica ha bene in chiaro le sfide e le criticità della cultura a Corato. Lei racchiude tante espressioni del fare arte: artista, restauratrice di opere d’arte, curatrice di mostre, come quelle di grande successo allestite all’ormai chiuso Palazzo Gioia. Nonostante viva a Bari, Anna Maria, di origine coratina, per la sua città natale […]

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AnnaMaria LaMonica ha bene in chiaro le sfide e le criticità della cultura a Corato. Lei racchiude tante espressioni del fare arte: artista, restauratrice di opere d’arte, curatrice di mostre, come quelle di grande successo allestite all’ormai chiuso Palazzo Gioia. Nonostante viva a Bari, Anna Maria, di origine coratina, per la sua città natale si impegna molto affinché il nostro patrimonio storico e culturale non muoia. “Chi vive fuori ama di più la propria città” ribadisce con il suo sorriso gentile.

Dalla nostra chiacchierata ne è venuto fuori un quadro preciso dell’attuale fase di stallo degli eventi culturali e della mancanza di luoghi pubblici al chiuso per poterli ospitare. “La situazione è drammatica” ammette AnnaMaria.

Cosa ha notato lavorando nell’ambiente culturale coratino?

Il coratino tendenzialmente è molto esterofilo, ama molto ciò che è di fuori, non sempre apprezza la sua città; questo perché non conosce la sua identità, è andata persa, Corato, forse, non l’ha mai conosciuta la sua vera storia, nessuno ha mai proposto al pubblico una cosa del genere. Quindi, il coratino non ha questo legame con la città come può averlo, per esempio, il ruvese o il tranese . Il centro storico, mi dispiace dirlo, diventando per molti una latrina ormai è ghettizzato. Non c’è amore per quello che è stato. In più queste storie politiche non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Io sono dell’avviso che in questo particolare  momento sia necessario un maggiore lavoro di sinergia tra le associazioni, creando un gruppo riusciremmo a fare qualcosa. Corato ha perso la sua storia culturale, ha perso Palazzo Gioia, non si sa che fine farà.

Ci spieghi meglio l’importanza di Palazzo Gioia.

A Palazzo Gioia era esposto il Fondo Antico della Biblioteca Comunale di Corato, che è stato un recupero importante. Infatti, tale Fondo era originariamente riposto negli scantinati, ma poi è stato recuperato e portato nel Palazzo dove è stato possibile fare uno studio di ricerca.  Con questo patrimonio veniva fuori una parte della storia di Corato. Adesso sono abbandonati, insieme alle Pale d’Altare, anche quello un recupero fatto per donarle alla città, e alle tele dell’ex Chiesa San Francesco che, nel caso dovessero essere spostate dal palazzo Gioia, non si saprebbe dove riporle. Inoltre c’è il serio rischio che tali opere, restando al chiuso, si rovinino a causa del microclima a loro sfavorevole. Anche la Biblioteca doveva trasferirsi là, ingrandendosi, ma poi non è stato possibile, perdendo soldi.  Con la chiusura di tale luogo si è creato un danno alla città, enorme.

È importante avere luoghi e soprattutto una buona gestione di eventi come le mostre di opere d’arte?

Certo. Essendo io stessa curatrice di mostre, so bene quale sia l’importanza di esporre al pubblico. Le mostre attirano gente da fuori creando un indotto economico sul territorio. È chiaro; le mostre bisogna saperle organizzare bene affinché abbiano successo. Ad esempio, prendiamo in considerazione il Museo della Città e del Territorio, si sa che per un museo è importante il numero di visitatori per capire se funziona, è evidente che quel museo non ha fatto grandi numeri; perché insistere a tenerlo aperto e in quelle condizioni? Perché hanno preso una società gestionale che non è del territorio, viene da una realtà- quella perugina- dove non c’è bisogno di fare un lavoro di richiamo di turisti che invece andava fatto su Corato?

Cosa è mancato al Museo cittadino?

Andava fatta una politica interna e di espansione sul territorio che non sono stati fatti, probabilmente. Sono mancati in quel museo eventi culturali capaci di attrarre un pubblico eterogeneo per età e classe sociale. Più cultura c’è, più civiltà c’è e io parto sempre da questo presupposto. Bisogna abituare la gente ai musei e le mostre vanno studiate e fatte per suscitare curiosità e interesse nel pubblico affinché sia numeroso nella partecipazione.  Il mio professore di storia dell’arte ci trasmetteva una regola fondamentale: “Dovete imparare la tecnica, ma poi dimenticarsene solo così il cervello crea”. Tanto tecnicismo non fa bene. L’evento va studiato, ma poi bisogna cercare di crearlo altrimenti in queste realtà non si va avanti.

Che progetti culturali avete ora a Corato?

Con le nostre associazioni ne abbiamo tanti. Avevo organizzato il Festival dell’Arte con tutti gli artisti di Corato e non, che prevedeva la partecipazione del critico d’arte Vittorio Sgarbi e di giornalisti rinomati. Una settimana di eventi con cui avremmo coinvolto tutta la città. Ahimè, non so se si potrà fare. Faccio appello alla solidarietà da parte dei privati che hanno locali nel centro storico affinché questo evento itinerante possa trovare spazio, altrimenti il rischio è di portarlo altrove.

Ci sono progetti importanti ma non sappiamo dove realizzarli, è tutto chiuso e intanto perdiamo i finanziamenti. Anche la ex Chiesa di San Francesco dopo l’ultima scossa di terremoto è stata dichiarata inagibile.

Corato sta morendo e vedo una depressione generale, i ragazzi sono avviliti, ma anche i cittadini della mia età. C’è una certa demotivazione soffusa, la politica attuale non ci conforta ma sono del parere che non dobbiamo piangerci addosso e bisogna darsi da fare.

Il Teatro Comunale che momento sta vivendo? Che fine farà?

La stagione del tetro perché possa partire necessita che venga affidato a qualcuno, a riguardo è in corso una raccolta firma da parte dei sostenitori della cultura cittadina, tra cui le associazioni che operano nel settore, da sottoporre all’attenzione del Commissario Prefettizio per richiederne l’affidamento temporaneo così come del museo, rimettendo alla sua sensibilità il buon esito, al fine di evitare il perdurare della chiusura.

L’Archeoclub per esempio (come ci conferma il presidente Michele Iacovelli, presidente dell’associazione) ha fatto una istanza per la gestione provvisoria gratuita del museo e dell’Info-Point in attesa del bando di gestione. Altrettanto la Pro-Loco ha fatto richiesta dell’affidamento dell’Info-Point che  (come ci riferisce il presidente Gerardo Strippoli ), già in passato aveva fatto  sia all’ex commissario prefettizio che all’ex sindaco Pasquale D’introno a seguito del Bando Regionale sul potenziamento dello stesso.

Quanto è importante che siano le associazioni culturali del territorio a gestire i contenitori della cultura?

Tantissima, è giusto che i gestori siano radicati al territorio, che conoscano le nostre tradizioni e la nostra storia per mantenerle vive.

Noi esponenti della cultura e dell’arte coratina cercheremo di far sentire la nostra voce.

Voglio dare onore e merito alla Pro Loco che nonostante il particolare momento è riuscita con le sue iniziative, di cui molte consolidate nel tempo, a tenere in vita la cultura coratina.

 

Una ricetta per uscire da questo stallo culturale?

È importate legare l’impresa all’arte. Occorre coraggio: aprirsi una partita IVA è fondamentale, questo dà la possibilità di partecipare a bandi regionali per accedere ai finanziamenti, avere rapporti con le altre fondazioni e quindi fare rete. Un’altra idea potrebbe essere quella di dare degli incentivi per il centro storico. Occorrerebbe fare un lavoro di ricerca capillare per capire chi ci abita, chi sono i proprietari delle case che necessitano un restauro e finanziare una parte di tale restauro per restituire alla cittadinanza un centro storico come luogo di storia e aggregazione. Il recupero del nostro centro storico di Corato forse è uno degli ultimi mancante all’appello nel territorio barese.

Secondo lei, che profilo deve avere un Assessore alla Cultura?

Deve essere un assessorato molto vivace: deve portare benessere culturale alla città. Deve avere rapporti con la realtà e fare rete con altre associazioni e fondazioni sia del territorio che nazionali e internazionali. Deve essere una figura che operi nel settore culturale, senza nulla togliere a chi non lo è, con una mente aperta e creativa e con la capacità di contornarsi di consulenti e di interagire con gli altri assessorati, ferma nel prendere decisioni e brava nel gestire gli eventi. Deve avere una cultura sempre in espansione.

Un ‘artista che sa essere impresario di sé stesso, può fare molto per la collettività.

 

 

 

 

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