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    Pozzo artesiano in contrada Scannagatta, l’opera incompiuta. Spreco di denaro pubblico e amministrazioni assenti

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    Un’incresiosa vicenda che si trascina da anni quella della realizzazione del pozzo artesiano in contrada Scannagatta-Lago Martino, per cui le amministrazioni avvicendatesi nel corso del tempo, nonostante le molteplici sollecitazioni delle parti coinvolte, pur manifestando interesse e molteplici rassicurazioni, di fatto poi nulla hanno fatto e pare che nulla si continui a fare tanto che l’opera è ancora lì, incompiuta.

    Si tratta del pozzo artesiano trivellato anni or sono dal Consorzio di Bonifica nella
    predetta contrada, e per la cui realizzazione si effettuarono opere faraoniche di canalizzazione interrata e invasi utili per bonificare e rendere irrigue alcune delle aree agricole ricadenti tra la via Appia-Traiana (S.P. 30) e la strada Esterna
    Boccotero.

    Era il lontano 1992, infatti, quando diversi agricoltori della zona furono raggiunti da un esproprio per pubblica utilità per lasciare spazio appunto alla realizzazione di una grande opera che indubbiamente avrebbe migliorato la redditività, e le condizioni per la coltivazione delle colture della zona prettamente a vocazione olivicola.

    Ma a quasi trent’anni da quella data, quella che doveva essere un’opera di bonifica è diventata un luogo in totale stato di abbandono e incuria in preda al saccheggio d’individui che, addirittura, hanno portato via alcune strutture in metallo, il tutto in barba a 6 miliardi di vecchie lire che pare sia stato il costo dell’intera opera.

    E per gli espropriati, oltre al danno la beffa. Da quanto si apprende, sembrerebbe che nessuno di loro abbia mai ricevuto alcun indennizzo per l’esproprio, ma non solo, alcuni proprietari, oltre a non aver percepito alcun indennizzo, qualche anno fa si sono visti recapitare le lettere dall’Agenzia delle Entrate che imponeva loro ad accatastare i fabbricati realizzati dal Consorzio di Bonifica sulle loro proprietà, accatastamento poi effettuato a proprie spese per evitare sanzioni.
    Ovviamente la beffa sta anche nel fatto che le opere sono state realizzate solo in parte e che a tutt’oggi, nonostante le segnalazioni e l’interesse di alcuni politici locali, nulla è stato fatto.

    Uno sprazzo di luce si ebbe nel 2015, la vicenda infatti pareva stesse volgendo al meglio quando il Consorzio Terre D’Apulia, con una delibera commissariale, dava incarico alla Sime di Monopoli di procedere nell’effettuare le prove di portata così come richiesto dal Mipaf al fine di verificare la disponibilità della risorsa sotterranea prima di procedere all’appalto degli interventi.

    Bene. I risultati di quelle prove all’epoca furono più che soddisfacenti, ma non si comprende come mai non ci sia stato più seguito.

    Che possa trattarsi di uno dei tanti sprechi di denaro pubblico, stando all’attuale situazione, ne avrebbe già tutti i connotati, ma gli agricoltori interessati non vogliono smettere di sperare anche se il rammarico è tanto specialmente in un’annata agraria siccitosa come quella appena trascorsa, dove se detta opera fosse stata ultimata, avrebbe risolto numerosi problemi perché, per citarne uno, il rischio di veder perduto il loro prodotto è alto con grandi ripercussioni sul proprio reddito.

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