Nel 2016 esce un libro dal titolo “Frammenti di storie semplici” il cui autore è Roberto Oliveri del Castillo che, in passato, ricopriva il ruolo di gip presso il tribunale di Trani. Seppur ricorrendo a nomi di fantasia, Castillo racconta in modo dettagliato le malefatte di alcuni giudici operanti verosimilmente in un piccolo tribunale di provincia che, toga in dosso, si accordavano per mettere sotto inchiesta, se non per arrestarli, imprenditori, politici, (addirittura un vescovo), per poi estorcere denaro al fine di insabbiare i processi. Il consiglio superiore della magistratura entrando in possesso di una copia di quel libro decide visto il clamore che ha suscitato di aprire un fascicolo per valutare l’opportunità di trasferire d’ufficio due sostituti procuratori anziani, Antonio Savasta e Luigi Scimè, per “incompatibilità ambientale”.
L’iniziativa del consiglio superiore della magistratura, nasce al termine di una prima istruttoria che in quei mesi vede gli uffici giudiziari del tribunale di Trani al centro di una rete fitta e incrociata di veleni a tutti i livelli.
Il fascicolo che contiene altre decine di esposti viene affidato al procuratore generale di Bari Anna Maria Tosto che, a tal riguardo, afferma: “un intreccio di rapporti tra magistrati, avvocati e imprenditori, un’indicazione costante che in quel tribunale ci sarebbe una sorta di rete di conoscenze che indirizzi le indagini, a volte accelerandole a volte rallentandole, per utilizzare, come ragione di pressione indiretta per conseguire alcuni vantaggi”.
In procura già da qualche anno erano giunte varie denunce ed esposti anche se in alcuni casi non riconducibili a soggetti identificabili; nelle denunce dichiara sempre la dott.ssa tosto: “si evidenzia una rete di conoscenze tra i sostituti procuratori che da anni operavano negli uffici giudiziari del tribunale di Trani, avvocati, appartenenti alle forze dell’ordine, amministratori locali e imprenditori”.
Appare chiaro che tale “rete” avrebbe influenzato le varie indagini nel senso che, in alcuni casi, in presenza di conoscenti o persone “amiche” le inchieste non venivano portate avanti o attivate e per questo archiviate; in altri casi, al contrario, le indagini venivano portate avanti e successivamente diventavano strumento di pressione per ottenere vantaggi, soprattutto economici, per sé o per altri “sodali” e pregiudizio per altri.
A margine di questa vicenda visto che, alcuni coratini sono stati indagati, soprattutto aziende che sono definitivamente scomparse “mettendo sul lastrico intere famiglie” e che alcuni addirittura sono passati da accusatori ad accusati, chiedo a loro: “Avete mai creduto nella giustizia”? Ma è anche giusto dire che conosco magistrati, agenti delle forze dell’ordine, avvocati e imprenditori che ogni giorno lavorano duro in alcuni casi anche a rischio della propria vita e che nulla hanno a che fare con questo sudiciume.
È facile dire: non credo nella giustizia o, la giustizia non esiste! Ancora più facile lo è quando si è stati vittime di abusi giudiziari, diventando protagonisti di storie surreali montate da un magistrato che, basandosi su 15 gg di intercettazione frammentata, e due telefonate, crede di aver capito tutto della tua vita, crede di poterti giudicare senza alcun dubbio, distruggendo te e la tua famiglia, azzerando senza pietà la dignità che con tanta fatica, avevi conquistato. Allora passi mesi e anni nella speranza che Dio faccia la vera giustizia, ma sei consapevole che Dio è troppo impegnato per ricordarsi di te. Fino a che, “alla scordata”, hai una sorpresa e tutto ciò che tu avevi sperato, si avvera. Dio esiste e, prima o poi, ti rende la vera GIUSTIZIA