TARANTO – E’ sempre Trani, ed il sospetto che quel Palazzo di Giustizia fosse diventato, per molti anni, una sorta di verminaio, ad alimentare la cronaca. Oggi la notizia è l’arresto dell’ex-procuratore capo della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo, intanto diventato procuratore della Repubblica di Taranto.
Il magistrato è agli arresti domiciliari su ordine della procura di Potenza, frutto di una inchiesta nata sempre a Trani e provocata da un fascicolo aperto quando Capristo si era già trasferito a Taranto.
All’origine dell’ inchiesta c’è il tentativo di Capristo, a qualche anno dal suo passaggio a Taranto, di indurre il pm di Trani, Silvia Curione, a perseguire ingiustamente una persona per usura facendole temere ritorsioni sul marito, il pm Lanfranco Marazia, suo sostituto alla Procura di Taranto. Curione denunciò: “Capristo mi chiamava ‘bambina mia”.
Insieme a Capristo agli arresti domiciliari ci sono l’ispettore Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto, e gli imprenditori pugliesi Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo.
Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero compiuto “atti idonei in modo non equivoco” a indurre la Curione a perseguire penalmente una persona che gli imprenditori, considerati i mandanti, avevano denunciato per usura, con l’obiettivo recondito di puntare poi ad ottenere i benefici di legge per le vittime di usura. Il Pm però si oppose e ha denunciato i fatti che hanno provocato l’indagine che ha poi escluso l’esistenza dei presupposti di fatto, e di diritto, per la denuncia dei tre Mancazzo. Per Capristo e Scivittaro, inoltre, vi sarebbero “gravi indizi di truffa ai danni dello Stato e falso” con l’ispettore che risultava presente in ufficio e percepiva gli straordinari, ma in realtà stava a casa e svolgeva “incombenze” per conto del procuratore. Questo è un particolare curioso che ricollega il caso Capristo al caso Savasta.
Anche nella inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex Pm della procura di Trani vi è un ispettore di Polizia che aveva compiti non del tutto chiari ed è tuttora in carcere a Matera, insieme a Nardi, l’altro magistrato tranese coinvolto nell’inchiesta originata dalla denuncia dell’imprenditore coratino, Flavio D’Introno, e a processo da mesi a Lecce (la prossima udienza è prevista per il 25 maggio).
Per Capristo – indagato 1 anno fa per abuso d’ufficio per altra inchiesta sul presunto falso complotto Eni , vicenda complessa per la quale un ex pm di Siracusa ha patteggiato 5 anni di reclusione – erano nell’aria da tempo voci sul suo coinvolgimento “pesante” in alcuni episodi, tutti da chiarire, nella gestione della procura di Trani che ha guidato per lungo tempo e questi arresti gettano un’ombra lunghissima su tutto quello che è avvenuto in quegli anni, visto il coinvolgimento dei magistrati un tempo attivi in quel Palazzo di Giustizia: Savasta, Scimè, Nardi.
Ora Capristo e dunque la procura di Trani -viene spontaneo chiedersi – cosa è stata per anni e anni? Come è stata gestita? Chi aveva il dovere di vigilare, a cominciare da ispezioni ministeriali e dintorni, dov’era? Che sviluppi potrà determinare il caso Mancazzo-Capristo sul processo in corso a Lecce sul Sistema Trani? C’è culpa in vigilando per i vertici degli uffici giudiziari che dovevano vigilare e non l’hanno fatto sulla procura tranese? Il Ministero di Grazie Giustizia che fa? E’ urgente rispondere a questi interrogativi per salvare la credibilità di una procura che è ovviamente composta, per tutto il resto, da magistrati seri e competenti, come dimostra la reazione del Pm Curione che non ha subito le pressioni.
Serve chiarezza tanto più che stamane sono state eseguite perquisizioni anche a carico di altre persone e di un altro magistrato.
Insomma una sorta di verminaio che, con tutti i distinguo del caso, getta una luce nerissima sulla magistratura, sulla sua capacità di fare ordine al suo interno e che conferma, in proporzione, la vecchia e mai cambiata opinione degli italiani che, dopo i politici, mettono in seconda fila per percezione di corruzione, proprio i magistrati. Vecchi problemi, vecchi abissi etici confermati dall’indice di Percezione della Corruzione 2019 che vede l’Italia salita al 51° posto nel mondo.