“La libertà e la determinazione della donna fa paura”
In questa conversazione ci siamo confrontate sulla figura della donna a Corato, soffermandoci su sfide, vecchie e nuove consapevolezze, ma anche criticità.
Angela Adduci è una preside coratina che ama i colori. Ci racconta come nei suoi due Istituti d’Istruzione Superiore, il Liceo Classico e delle Scienze Umane “Alfredo Oriani” e l’Istituto Professionale “Luciano Tandoi”, ha proposto ai suoi alunni di dipingere le aule dove ogni giorno studiano e si confrontano. “Si devono sentire a casa” ribadisce.
Secondo lei, c’è stata una evoluzione della figura della donna a Corato?
Io ritengo che in qualche modo l’evoluzione ci sia stata. Se noi ci guardiamo attorno, ci sono delle realtà dove spiccano figure preponderanti femminili. A Corato abbiamo una realtà imprenditoriale come la Granoro con un amministratore delegato donna. Se andiamo nella scuola, la maggior parte dei dirigenti scolastici è donna anche se a Corato le donne sono a capo solo di due istituti superiori. Questo si spiega con un passato processo di differenziazione: i dirigenti uomini prevalevano negli istituti superiori mentre nelle scuole elementari e medie vi erano dirigenti donne. E questo non va bene. Nell’albo storico dei presidi dell’Oriani per esempio emerge come io sia stata la prima donna a ricoprire questo ruolo.
C’era una idea di fondo che se una donna fosse andata a dirigere una scuola, un vicepreside uomo le sarebbe stato affiancato. Come se la donna avesse un qualcosa in meno. Quando sono diventata preside per la mia prima volta, io mi sono sentita dire da una donna collaboratrice: “Eh ma questa preside non ha “le physique du rôle”. Infatti, insediatami, nei primi giorni cercavano sempre un preside uomo e si stupivano nel trovare me. Ci sono delle sacche appartenenti allo stesso mondo femminile ancora poco educate all’importanza delle esperienze che la donna sin da giovane deve cercare di vivere ed è inammissibile che noi dobbiamo faticare più degli uomini per dimostrare che valiamo anche noi.
E quello che fa ancora più male è la mancanza in politica di una figura di riferimento donna. Questa è una carenza grave.
E come se la spiega questa carenza?
Forse non si capisce il concetto di politica. Per me la politica nasce dalla radice della parola stessa, polis = città, quindi tu operi per la città e personalmente operando per la città faccio politica, perché ho un attaccamento verso la mia città e il mio territorio. E questa partecipazione alla vita cittadina si fa in tanti modi, nella scuola ad esempio attraverso le assemblee d’istituto dove trasmetti ai ragazzi la consapevolezza di essere cittadini e di avere una voce. Perché però le donne non sono attive nel ruolo amministrativo della città coratina? Un motivo è perché si ha scarsa considerazione della figura della donna in politica, si pensa che le donne non siano capaci di governare. Ma la realtà è che la libertà e la determinazione della donna fanno paura.
Ma pensa che siano anche le donne a non credere in un ruolo in politica?
Non lo penso. Io nutro ancora molto speranza, anzi. Durante la mia giovinezza, ho creduto molto nel movimento di emancipazione femminile. Questo è dovuto anche ad un forte esempio nella mia famiglia: negli anni ’20, mia nonna rinunciò ad una eredità per mettere su il suo proprio negozio. Ho sempre ritenuto importante avere un contesto di emulazione positivo in famiglia: era normale per me che le donne lavorassero e si realizzassero. Io poi mi sono trovata nel periodo più acuto delle lotte femministe. Però ora credo ci sia stata una degenerazione della figura femminile.
Come mai?
Credo che i prodromi reali della dignità della figura femminile siano stati traditi dalle generazioni che sono venute dopo, perché io vedo una sorta di acquisizione dei costumi maschili, non un rafforzamento della dignità femminile. Quando noi abbiamo lottato per avere dei diritti dopo, inoltre, non c’è stata un’attenzione particolare da parte delle istituzioni a ciò che noi abbiamo richiesto attraverso le nostre manifestazioni e il nostro voto. Ad esempio, i consultori. Quando io avevo 20 anni erano molto attivi e anche nelle scuole si faceva educazione alla salute, poi si è perso. Le istituzioni hanno smesso di investire su istituti che potevano essere funzionali alla salute e alla evoluzione della donna.
Quando lei afferma “vedo una sorta di acquisizione dei costumi maschili, non un rafforzamento della dignità femminile” crede che manchi una identità femminile?
Credo che si sia entrati in un meccanismo di forte competizione con i maschi, per cui io acquisisco questo atteggiamento maschile, ma non sto rafforzando il mio ruolo femminile. Penso che ci sia bisogno di un lavoro sincronizzato tra famiglia e scuola per fare acquisire alle giovani donne una consapevolezza e rafforzamento di se stesse. Io ho sempre spinto le mie ragazze allo studio, alla capacità di discernere e alla autonomia economica. È importante crearsi una autonomia mentale e reale: da un lato si deve studiare e rendersi conto di avere libertà di scelta, ma per avere tale libertà bisogna avere anche gli strumenti per affermarsi come donna e non come “moglie/ fidanzata di”. Quanta gente, soprattutto nell’alta borghesia, non lascia il compagno per paura di perdere una sorta di agiatezza economica acquisita attraverso un matrimonio, una relazione? Dico sempre alle mie studentesse che serve dignità. Dignità di essere donna. Da noi la donna ha un ruolo primario nella famiglia, classico esempio di matriarcato forte, ma all’esterno questo ruolo forte, tale forza viene coperta, assistendo quindi a una sorta di dissociazione del ruolo femminile tra pubblico e privato. Nella realtà coratina si è abituati a lasciare che la parte pubblica sia gestita dagli uomini e forse noi donne, prese dal realizzare noi stesse combattendo di più per raggiungere i nostri obiettivi in famiglia e sul lavoro, troviamo più difficoltà nell’affermarci nel pubblico. Ma la troviamo soprattutto per il nostro essere chiare e leali, due qualità spesso osteggiate da chi non vuole sovvertire la realtà. Scambiano spesso la nostra determinazione per aggressività soltanto perché noi dobbiamo continuare ancora, ad oggi, dimostrare quanto valiamo.
Su cosa si dovrebbe lavorare?
Sulla testa soprattutto e poi sull’apparenza, su come ci poniamo in pubblico. Non è l’andare al bar o fumare per strada che fa di una donna una persona affermata nel privato quanto nel pubblico se poi si è in preda ancora ad alcuni preconcetti. Per esempio, lotto molto quando è tempo di gite scolastiche, succede ancora, anche se in minor parte, che le ragazze vengano da me dicendo che in gita non possono venire perché i loro fidanzati non vogliono; bisogna far comprendere che certi comportamenti non sono tollerabili e la scuola su questo ha il dovere di lavorarci. Ritornando alla vita politica, quello che ho notato è che manca da parte della realtà politica coratina una intelligenza nell’ascoltare. Ti usano come figura femminile oppure ti ignorano. Tutte le nostre lotte sono state sminuite, manca quell’attivismo civico che coinvolga tutti.
Noi donne dobbiamo essere educate maggiormente alla cittadinanza attiva, alla conoscenza dei nostri diritti e di cosa significa emanciparsi in maniera concreta e non superficiale, mettendoci in prima fila, esponendoci.