Home Cultura Dalle feste di San Cataldo all’esilio politico: la memoria dei coratini emigrati

Dalle feste di San Cataldo all’esilio politico: la memoria dei coratini emigrati

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Di Giovanni Capurso, Vincenzo Catalano

Con l’avvicinarsi delle festività patronali coratine in onore di San Cataldo riaffiora il ricordo del fenomeno migratorio che, nei decenni passati, segna profondamente la comunità.
In questi giorni, infatti, molti figli e nipoti di emigrati coratini tornano con le loro famiglie alla riscoperta dei luoghi d’origine dei propri avi.

In questo solco si inserisce lo studio condotto presso l’Archivio di Stato di Bari (fondo dello Schedario Politico Provinciale, 1892-1945) da Giovanni Capurso e Vincenzo Catalano. I due studiosi, negli ultimi anni, si dedicano alla lettura del fenomeno migratorio in una chiave soprattutto politica. La ricerca, avviata nel 2021, mette in luce come l’emigrazione coratina non sia soltanto il risultato di difficoltà economiche e sociali, ma anche una conseguenza diretta della repressione del dissenso politico durante la dittatura.

Lo Schedario Politico Provinciale conservato presso l’Archivio di Stato di Bari comprende 185 buste con 4.647 fascicoli personali di individui considerati sovversivi; di questi, 389 riguardano cittadini coratini, pari all’8,4% del totale. Si tratta di un dato significativo, sebbene non esaustivo, poiché non comprende quanti emigrano clandestinamente o sostengono la migrazione senza essere intercettati dalle autorità. Per questo motivo è difficile, se non impossibile, quantificare con precisione l’intera portata del fenomeno migratorio politico. Dei 389 coratini schedati, 269 risultano emigrati, mentre gli altri continuano a risiedere in città. Lo schedario, infatti, raccoglie informazioni su tutti gli «individui ritenuti politicamente pericolosi o comunque aventi atteggiamenti ed idee contrarie a quelle governative», siano essi emigrati o residenti. La distribuzione geografica degli emigrati coratini risulta la seguente: Stati Uniti d’America (14), America del Sud (6), Francia (178), Egitto (2), Etiopia (1), emigrazione interna sul territorio nazionale (68), residenti a Corato (115), casi indefiniti (5).

Come per l’intero fenomeno migratorio politico italiano tra le due guerre, il picco si registra dopo il 1926. È proprio da quell’anno che l’opposizione politica emerge con maggiore chiarezza nei registri e nei rapporti del regime, in seguito all’emanazione del Regio Decreto 6 novembre 1926, n. 1848, che coordina le norme in materia di pubblica sicurezza, sancendo un drastico irrigidimento repressivo. Il decreto annulla di fatto ogni forma di dissenso, rafforzando i poteri di controllo e repressione della polizia. Tale processo trova ulteriore sistemazione con il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1931. Non sorprende, dunque, che proprio nel decennio 1926-1936 vengano aperti 229 dei 389 fascicoli complessivi.

Questo articolo, in occasione delle festività patronali in onore di San Cataldo, rappresenta soltanto un’anticipazione di un più ampio progetto di ricerca che presto vede la luce in un volume a firma di Giovanni Capurso e Vincenzo Catalano. Il libro raccoglierà in modo organico i risultati dello studio condotto presso l’Archivio di Stato di Bari, offrendo una lettura approfondita del fenomeno migratorio coratino in chiave sociale e politica e restituendo alla comunità una pagina significativa, ma ancora poco conosciuta, della propria storia, anche attraverso un’ampia riscoperta di lettere e foto intercettate dalle autorità di regime.

Riportiamo a tal proposito gli stralci di due lettere che vibrano di un’umanità non troppo lontana dalla nostra.

Spillone Giuseppe

Nato a Corato il 4 febbraio 1900, ex Guardia Regia, espatriato in Francia, da 15 anni con la famiglia e residente ad Annemasse Rue Cursat (Alta Savoia). La lettera, intecettata dalla questura di Torino è inviata a Turturro Antonio, insegnante, con quale è in rapporti epistolari dal 1914.

Lettera diretta al Sig. Turture Antonio – insegnante – via Giappone – Corato (Bari) Italie – proveniente da Annemasse – in data 21 febbraio 1938 – spedita da Spillone Rue Ceurat Amenasse Francia.

Lettera: [dattiloscritta dalla Questura]

«Amenasse, 21 febbraio 1938

«Carissimo amico,

ricevetti giorni fa la tua, dove malgrado una buona salute, dovetti notare con dispiacere lo stato morale non propriamente brillante.

Fui sul punto di farti una sorpresa. Nel mese di settembre scorso, avevo tutto preparato per un viaggio in Italia, mia moglie mi fece parte del suo timore e, francamente, mi disse la sua ostilità a questo viaggio.

Come, pensi, non volli lasciarla in tormenti, così cambiai progetto.

Mi parve, dapprima, la sua paura non giustificata, ma, in seguito, dalle notizie ricevute, m’accorgo ch’ella non aveva completamente torto. Come vedi, per te, è impossibile muoverti, mentre per me è prudente.

Viltà?, forse. In tutti i casi, non l’anima di un eroe. Passare la frontiera in questi momenti mi pare molto imprudente.

Dei sintomi giustificano il nostro allarme. La preparazione morale intensiva alla guerra della campagna italiana ed anche nelle città; il riarmo dei paesi aristocratici, l’accumulamento delle forze alle frontiere francese tante altre questioni ci permettono di temere, per fra poco, d’un conflitto fra noi.

In Francia noi vogliamo la pace, assolutamente la pace, perciò sin ora abbiamo fatto molte concessioni ma il diritto dei popoli è al disopra dei concetti espansionisti ed imperialisti dei governi fascisti. Questi, incapaci di risolvere questioni economiche e politiche dell’interno volgono la loro attività verso le conquiste e sempre per le conquiste.

[…]»

Curatella Cataldo

Nato a Corato l’11 settembre 1903 è definito come sovversivo, emigra negli USA nel 1919 all’età di 16 anni per non fare più ritorno in Italia. Di origini contadine e manovale negli USA, risulta aver frequentato la scuola fino alla quarta elementare in Italia, non poco se si considera l’importante tasso di analfabetismo dell’epoca riferito alle zone rurali del Meridione. Interessante è notare, oltre al cambio di nome in James, la foga nelle lettere da lui scritte, come quella del 27 luglio 1937 inviata da New York City e rivolta alla suocera:

«Carissima suocera,

[…]. In quanto a santo Antonio, quello è di gesso o di legno cariato e quindi non vi può mai rispondere, sentirvi, vedere ecc. Se lui la “grazia” la voleva fare non mi faceva ammalare. E non mi venite a dire che è stato il Demonio che per prima cosa io non l’ho mai visto e sentito e non mai lui si è fatto da me vedere e perciò nemmeno a quello credo e per secondo che essendo i santi più sopra di lui – secondo come dicono i preti – non dovrebbero lasciare fare, al Demonio, che ammalasse le persone! Ecco come si vede che nulla è vero e che queste storielle le dicono i preti apposta per fare andare la gente a pregare nelle loro botteghe o chiese per il semplice scopo di far quattrini e di, essere lasciato proprietà quando muore qualche fesso ricco e che crede.

Le genti che sfruttano il prossimo se ne servono del nome di Dio per coprire i loro crimini, i loro misfatti. In nome di Dio si fanno le guerre e in nome di Dio i preti si baciano le ragazze e pizzoche. Durante la guerra mondiale i preti, vescovi e cardinali austriaci benedicevano e spingevano al macello tanti giovani, dall’altra parte dell’Italia, preti, vescovi e cardinali facevano la stessa cosa…eppure tanto l’uno che l’altro erano sotto la direzione del santo padre papa Achille Ratti, capo supremo degli ignoranti. La guerra la vogliono i ricchi per arricchirsi di più e poi fanno la propaganda ai poveri sotto la scusa della “patria”. Il papa che è ricco anche lui è d’accordo pure è così si fanno le guerre, si vincono i capitalisti italiani, sono loro che si fanno ancora più ricchi, si vincono gli austriaci sono quelli che si fanno più ricchi. Il papa, preti e via di seguito, poco se ne fottono che muoiono tanti giovani, a guerra finita i signori si riempiono le casseforti ed il povero non solo di aver perduto o storpiato il figlio o fratello; quanto deve pagare le spese di guerra […].

Il nostro popolo, cioè voi appunto, che ne avete fatto? La fame e le spese.

Ecco dunque che a tante religioni non ci credo, perché il prete cattolico, turco, luterano, ortodosso, anglicano, buddista, tutti si dicono che rappresentano Dio e poi si guerreggiano fra loro e Dio li lascia fare. I re, dicono di essere mandati da Dio, e se vi è un solo regno, una sola corona e tutti e due la vogliono, allora si fanno la guerra, Dio poi da sempre ragione a chi tiene più soldati e più armi migliori.

Ecco perché io non credo a nessun prete o santo o dio […], penso a non far male e anzi far bene quando posso, cerco unito ai miei compagni, di impedire ai padroni ladri di succhiare il sangue dei lavoratori, per ciò sono un socialista e nemico dei prepotenti e nemico di tutti i preti, governanti e sfruttatori. […]».