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Corato Calcio, un “miracolo” invidiato in Puglia, ma figlio di una “Città” senza spirito di appartenenza

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C’era una volta la squadra di calcio a Corato, che era simbolo della città.

Nella stragrande maggioranza delle città, lo è ancora, con orgoglio e senso di appartenenza. Ed in tante altre, cittadini ed aziende, fanno a gara, in modo naturale e spontaneo, per essere presenti e contribuire con il loro apporto, al percorso di crescita delle società sportive, portando alla ribalta piccoli centri che identificano la squadra con la peculiarità del luogo.
Nel calcio sport nazionale, Sassuolo/Mapei è il caso emblematico, Empoli è l’intelligenza strategica, scendendo in C con Caldiero Terme (6000 anime) e altre piccole, Barletta e Andria, che simboleggiano la passione di massa, Gravina e Altamura le grandi cordate di più forze imprenditoriali, la variegata partecipazione della città a Nardò (28.000 abitanti in A di basket e in D di calcio), a Fasano con 700 tifosi sostenitori; in Eccellenza con Bisceglie che ha 5 squadre e tanti piccoli paesini a glorificarsi, (Ugento, Racale, Spinazzola), Molfetta dai 1000 volti sportivi.

Da 3 anni il Corato calcio (squadra e società), comportandosi da frazione di 5000 anime e non da potenza imprenditoriale, è invidiata in tutta la Puglia, per i risultati raggiunti con poche risorse, sostenibilità e parsimonia, progettualità sociale, sogno per i ragazzi, che ovunque farebbe meritar loro una statua in una piazza centrale.
Promessa mantenuta di squadra giovane, simpatica e frizzante.
Gloria e riconoscimenti in tutta Puglia, tranne che a Corato stesso.
Se non l’unico, è uno dei pochi paesi in cui non c’è una identificazione nella squadra di calcio, ma forse in niente.
Manca quello che è normale nelle altre città: senso di appartenenza, orgoglio, sistema, oserei dire “priscio” di aiutare proporzionalmente alle proprie forze un qualsiasi progetto, oltre il ritorno economico.

Invece spesso sembra che lo sport più praticato sia il “lancio della critica tra poveri”, dell’uno contro l’altro, ancor meglio sui social, da parte di chi non sa neanche l’indirizzo di stadio o palazzetto, della difesa dell’orticello, speculando sul biglietto, non comprendendo che trattasi di un contributo.

L’osservazione di tutti fuori paese è: ma come fate in una città così imprenditoriale come la vostra, ad arrancare sempre?
Si, perché per loro è più che normale che le aziende, piccole e grandi, contribuiscano alle squadre simbolo della città (non necessariamente calcio), tranne che per Corato.

Ecco alcuni dati:
Le prime 10 aziende coratine, sono al 1° posto per fatturato, seguite da Trani, per 2,5 volte le 10 di Bari, con 29 che superano i 10k di euro, circa 200 oltre il milione.
Sostenere le proprie squadre, dovrebbe essere un atto d’amore, specie per chi è in difficoltà, un contributo, tra l’altro detraibile, oserei dire uno sfizio, non un costo, come succede ovunque.

A Corato, città altamente laboriosa, ma senza “priscio” invece, nascondendosi dietro la mancanza di strutture (che sono l’aggravante) l’idea è:
“cosa si guadagna”?
Peggio ancora, come risposto da alcuni grandi:
“se il contributo lo diamo a voi che facciamo con gli altri”?
Non si può sentire!
Cambierà qualcosa con il nuovo stadio? Mah!
E se non piacesse il calcio, voi li vedete da qualche altra parte in loco, ad aiutare la propria città che tanto ha dato loro nel dare il “La” alle loro attività?
Non mi sembra proprio.
E come già detto, saranno cosi destinati ad essere ricordati solo per coloro che avranno portato tutti i loro dollari ai 7 vignali.
Ed allora per la città più imprenditoriale di Puglia, scegliete voi la parola più giusta:
Stupore? Incredulità?
O forse semplicemente, vergogna?

Un D.S. appassionato, Nico Como

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