A cura di “Blue Sky”
Fuori una pioggia londinese che batte sull’asfalto, sulle cose e che ti impone di pensare di rannicchiarti e scavare alla ricerca di una riconciliazione. Di fronte a me due anime giovani che hanno in comune la voglia di dare forma ai propri sogni e che, come si fa con i veri doni, ti regalano una parte del loro cuore e della loro creazione: il giovane cantautore , nome d’arte di Luigi Gabriele, e la sua amica giornalista e collaboratrice che lo ha aiutato in questo suo ultimo lavoro.
Lui ha scritto una canzone, il suo terzo brano, e con la dolcezza e la profondità del suo sguardo, me ne parla portandomi a mano a mano sulle sue lunghezze d’onda. Lei, lo sguardo vivace, le parole veloci di chi vuole raccontare una bella avventura. Chiacchieriamo un po’ prima che mi facciano ascoltare il brano e guardare il video, prima che mi regalino l’emozione di guardare in anteprima una creazione nuova e bella che racchiude in sé un mistero: quello splendido prisma colorato che è la mente. Mi faccio raccontare da Gäbe il titolo del brano e di ciò che lo ha spinto a scrivere queste parole, di ciò che gli serviva dire o cercare di svelare.
Sin dal suo primo brano, “Nessuno mi sente” e successivamente “Attese”, ha sempre cercato di comunicare la sua esigenza di farsi comprendere, di aprirsi al mondo esterno per trovare una connessione adatta al suo spirito.
Quest’ultimo brano ha come titolo “Open day”, un invito a se stesso e agli altri ad entrare in un luogo nuovo, la propria testa, come in un museo, alla scoperta di pensieri, emozioni e sensazioni nuove. Musica soft, ondulante, dolce come anche il suo sorriso che si schiude, lasciando sempre spazio all’incertezza e alla riservatezza. Le parole scandite, quasi martellate dolcemente, per ripetere l’invito all’open day, ad avere la voglia di esplorare la propria testa, ad aprire i cassetti contenenti varie prospettive e occasioni solo per vedere ciò che resta. E ciò che resta è forse solo la dicotomia del proprio io sottolineato dall’alternanza del bianco e del nero del pavimento che spicca nel video, come a ricordare il bianco il nero della regina di cuori di Alice; la dimensione onirica della propria testa è un po’ destabilizzante. È bello chiacchierare con lui che mi parla del cubo di Rubik e dell’importanza dei colori che indicano i vari set della propria mente. Lui parla, io ascolto, guardo il video e mi emoziono perché davvero quei colori evocano gli spazi ben precisi delle emozioni e dei pensieri e dei sogni.
Bella la scelta del top colorato, del trucco asimmetrico e delle varie stanzette. La liquidità dell’immagine della musica accompagna in un viaggio che a tratti sembra un’allucinazione in cui si vuole tentare di mettere ordine quella confusione di base, proprio come quando ci si sforza di completare le facce del cubo di Rubik. Diversi set e diversi outfit volti ad esprimere diversi pensieri e acrobazie mentali. Il vestito verde aperto sul petto è un colore allegro; sullo sfondo il pavimento bianco e nero rappresenta forse la speranza che si infrange sull’indecisione e sull’imbarazzo. Il rosso: le emozioni forti nel bene nel male sullo sfondo argento di indifferenza, le relazioni fredde e le sensazioni ghiaccianti. Il blu, voglia di infinito e abbaglio dei propri sogni e desideri.
Le sue parole belle, discrete e dolcissime volte ad esprimere il difficile conflitto tra l’esplorare la propria testa e il “non facile abituarsi alla questione chiamata vita”. Scarabocchi al posto del cervello, il cuore “una scatola con su scritto fragile”, su tutto la voglia di farsi comprendere dagli altri: lascia aperta la tua porta a chi ci entra e fatti un giro altrove.
“Farei un open day nella mia testa per vedere ciò che resta”: forse ciò che resta è solo la voglia di esplorare, invitare se stesso e gli altri a scoprire, mettere ordine o semplicemente godere di ciò che è nuovo e incontaminato. Dunque, l’introspezione al centro di tutto è evocata, inoltre, dal dato di fatto di aver girato questo video in casa, in un’atmosfera intima e piccola: organizzare tutto in spazi minuti, proprio come i meandri della propria testa con la prospettiva che poi si allarga fino ad arrivare al cuore. Mi colpisce molto la voglia di mettersi in gioco, di sperimentare sia a livello tecnico – creando tutto da soli – sia con il titolo e con le parole: cercare dentro di sé le motivazioni, le emozioni, per aprirsi al mondo e farsi comprendere con la consapevolezza che non è facile, ma che è bello pensare di donare i piccoli o grandi pezzi di noi al mondo al di fuori di noi. Che si riesca o no non ha importanza: ciò che conta è cercarsi per non perdersi, ma per donarsi al mondo lasciando tracce di umanità.
OPEN DAY
Dal 18 maggio su tutte le piattaforme digitali
🎧Presalva ⬇️
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