Corrado De Benedittis non nasce ieri ma è attivamente presente nella vita sociale della nostra comunità da molti anni e questo gli fa onore. In tutto questo tempo il Nostro ha però fatto trasparire chiaramente il suo punto di vista in merito a più tematiche connesse alla vita politica, economica ed amministrativa della nostra Città: le sue parole – anche se dette anni addietro – acquistano ora un’altra luce ed un altro spessore dopo ormai diciotto mesi di amministrazione, chiarendosi esse stesse e rendendo limpido un pensiero che, forse, è stato accuratamente velato e smorzato in campagna elettorale.
Faccio riferimento in particolare ad una trasmissione televisiva messa in onda da un’emittente locale – parliamo dell’anno del Signore 2014 – in cui Corrado così si espresse a proposito del Centrodestra: “Che poi questo Centrodestra che cultura esprime? Unicamente una cultura di impresa!”, laddove i gesti e la postura furono molto più eloquenti delle parole per significare quale considerazione egli avesse dell’impresa e della cultura d’impresa. Ci fu chi a casa e in studio sobbalzò sulla sedia.
Per alcuni infatti la cultura di impresa è la sintesi di tanti saperi e tante discipline differenti: psicologia, diritto, economia, tecnologia, scienze dell’organizzazione… si fondono in un unicum che rappresenta, in modo più o meno consapevole, il bagaglio culturale dell’imprenditore e le modalità attraverso cui si estrinseca il suo agire. E’ cosa nota infatti – qualsiasi intestatario di partita Iva può testimoniare – come l’abilità tecnica nel fare uno specifico oggetto o nel rendere un servizio non sia sufficiente per decretare il successo di un’impresa se questa non è sostenuta da altre qualità umane, morali e immateriali che concorrono a definire le caratteristiche del singolo o del gruppo. L’impresa insomma è essa stessa conoscenza, se intesa come crocevia di più saperi che preesistono e danno il contesto della produzione, e l’impresa genera conoscenza, anzi potremmo dire che l’attività economica è il motore del know how che le discipline poi formalizzano. L’impresa può addirittura, in taluni casi, attingere al livello della produzione artistica.
Certo in questo che è quadro ideale ci sono poi le possibili aberrazioni e queste si verificano soprattutto quando l’attività economica viene piegata al profitto immediato anche attraverso la violazione delle regole o la diminuzione delle tutele per chi è coinvolto nel processo produttivo.
L’impresa, potremmo aggiungere, se è conoscenza non esaurisce però la conoscenza: ci sono tante questioni e tanti saperi che sono fuori dalla cultura d’impresa e che riguardano, per esempio, l’uomo e le sue domande esistenziali, l’amore, la felicità… Insomma, se la cultura di impresa è già molto di certo non possiamo dire che sia tutto.
Corrado De Benedittis, nello svalutare la cultura di impresa, ha esplicitato in diciotto mesi di amministrazione di quale tipo di cultura egli si senta portatore? Direi proprio di sì.
Corrado De Benedittis è docente nella scuola pubblica e svolge quindi una professione fondamentale e di primaria importanza. Non sarò certo io a gettare ombra su chi riveste un ruolo così benemerito, mi limito però ad osservare che, come per l’impresa e la sua cultura ci possono essere delle aberrazioni, così può accadere in riferimento a tutte le attività umane e anche all’insegnamento. In altri termini, se l’imprenditore traligna dal suo ruolo sociale se pensa solo al profitto, così anche il docente può essere portato dalla professione che svolge a non considerare alcuni aspetti ovvero a trasferire in altri contesti il suo vissuto senza rendersi conto delle diversità di fondo.
Il docente infatti può – dicendo “può” intendo dire che non tutti sono certo così – essere refrattario ad ogni forma di valutazione del suo operato, ritenendosi intangibile, può essere poco abituato al confronto tra pari, svolgendo solitamente il suo lavoro con persone a cui egli deve insegnare, può essere indotto a credere che le circostanze della vita reale, quando assolve ad esempio anche al compito di Sindaco, si presentino ordinate e con una logica interna come in un libro di testo: “Quattro parole e metto a posto tutto”. Soprattutto, e questo penso sia il problema più grave, può guardare al suo sapere in forma separata dall’agire concreto ovvero può non essere riuscito ad elaborare una prassi basata sulla sua conoscenza, ripetendo – quando è in situazione – gli schemi di comportamento che hanno attuato coloro che egli stesso biasima. Come dire, la trasparenza e la partecipazione sono belle e fondamentali e non smetterò mai di esaltarle, però – quando arrivo alle strette – agisco peggio dell’idraulico che ho biasimato: quattro colpi di martello e sistemo tutto e – se qualcuno parla – è un detrattore in malafede.
Svuotata dalla sua essenza materica e fattuale la cultura – come ho ripetuto più volte – diventa un repertorio per le citazioni da usare alla bisogna o, al massimo, un ornamento per fare bella figura in programmi televisivi sul tipo de “Il pranzo è servito”.
Il nostro Sindaco è vittima di queste “deformazioni professionali” cui vanno soggetti alcuni docenti? Lascio ai miei pochi lettori ogni valutazione in merito.
Da ultimo, e mi rivolgo al nostro Sindaco, vedendo quel che sta accadendo nelle imprese partecipate dal Comune – l’ASIPU srl e la SIxT spa – non crede ella che proprio di cultura di impresa ci sia bisogno nell’amministrare in genere e nell’amministrare un Comune come Corato in particolare? Lascio questo quesito alla sua valutazione, sperando che non sia troppo tardi per porre rimedio.