Su richiesta della pm Roberta Licci al fine di accertare le singole responsabilità, alla luce delle dichiarazioni dei tre indagati auto accusatorie ed etero accusatorie, si potrà dare luogo ad un’interrogatorio incrociato, in merito alla richiesta si attende la decisione del gip.
A seguito dei diversi interrogatori tenutisi tra ottobre 2018 e marzo 2019, la magistratura di Lecce ha iscritto nel registro degli indagati altre quattro persone: il magistrato Luigi Scimè (v. ns art. “Giustizia svenduta: indagato anche il magistrato Scimè – Parla un testimone “soldi anche a Scimè “ – Riflessi su Corato” dell’8 marzo), l’avvocato Giacomo Ragno, Savino Zagaria cognato di Savasta (v. ns art.”Toghe sporche” – Emergono nuovi particolari…” del 4 febbraio) socio in una palestra di Corato della compagna di uno degli indagati la cui posizione potrebbe ulteriormente aggravarsi e Martino Marancia, i capi di imputazione a loro carico riguardano presunti reati che vanno dalla corruzione, concussione, falso, calunnia, millantato credito ed estorsione.
Inizialmente nel registro degli indagati erano presenti altre otto persone la loro posizione è stata stralciata e nei loro confronti si procederà separatamente a quanto scrive la procura.
Le accuse a carico di Luigi Scimè – Ai tempi il magistrato presso il tribunale di Trani avrebbe intascato dall’imprenditore coratino Flavio D’Introno una somma pari a 75mila euro suddivisa in tre diverse tranche in cambio di favorire alcuni suoi procedimenti penali istruiti dalla procura di Trani tra il 2012 e il 2016.
Il primo episodio vede il D’Introno versare i presunti 30mila euro, in quell’occasione il magistrato Scimè preparò una requisitoria con Savasta per un processo a carico di D’Introno, che formulò secondo l’accusa su esplicita richiesta di Nardi << richiesta parzialmente di assoluzione e di condanna per alcuni reati i quali magistrati ipotizzavano di poter giungere ad una quasi certa prescrizione>>.
Gli altri presunti 15mila euro invece furono versati per chiedere in cambio il rinvio a giudizio per calunnia nei confronti di due accusatori dell’imprenditore Flavio D’Introno.
L’ultima presunta tangente di 30mila euro servì ad una questione legata alla richiesta di archiviazione per due procedimenti relativi all’incendio di due ville intestate alla moglie del D’Introno e al danneggiamento di una delle due ville per favorire lo stesso, il quale aveva tutto l’interesse ad una rapida liquidazione dell’indennizzo da parte della compagnia assicurativa.
L’impressione è che questa ordinanza serva forse a cristallizzare solo una parte delle indagini e che quindi nuovi sviluppi potrebbero condurre ad eventuali altri indagati.